Al via il meeting ONU ad alto livello sull’HIV/AIDS per il prossimo decennio. L'Italia aggiorni il quadro normativo. Nessuna nuova legge senza la società civile.

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2021 HighLevelMeeting brochure enLa pandemia da COVID-19 ha evidenziato e reso esplosive le debolezze del nostro sistema socio-sanitario dal punto di vista della continuità delle cure, della loro qualità, della prevenzione , dell’accesso alle prestazioni. Le opportunità di rilancio del nostro welfare, offerte dai piani europei post -COVID aprono la possibilità di compiere un salto di qualità nel campo del diritto alla salute, che non può non coinvolgere la società civile e le community di cittadini e cittadine attive da anni in questo campo, a partire da un aggiornamento delle norme e dei piani sanitari.   

La risposta all’HIV/AIDS, già progressivamente indebolita nel corso degli anni, soprattutto per quanto riguarda la prevenzione, ha risentito in modo particolare dei contraccolpi della pandemia: allentamento della continuità di cura e del rapporto medico-paziente, difficoltà di accesso e contatto con i centri di cura, soprattutto per quanto riguarda le comorbidità, tracollo del ricorso al test diagnostico per l’HIV. Gli effetti di questa bufera, che purtroppo non tarderanno a mostrarsi, rischiano di rallentare il cammino verso il raggiungimento dei target ONU sottoscritti anche dal nostro paese: debellare l’AIDS entro il 2030, come previsto dagli Obiettivi per uno Sviluppo Sostenibile (SDGs).

UNAIDS e il meeting internazionale ONU ad alto livello sull’HIV/AIDS (HIGH Level Meeting – HLM) che si terrà dall’8 all’11 giugno 2021 chiedono ai paesi membri di approntare tutti gli strumenti necessari a rimettersi sulla strada giusta prescrivendo impegni dettagliati su strategie, risorse finanziarie e coinvolgimento della società civile. La LILA si associa ad ONU e UNAIDS nel chiedere che questo appuntamento e l’agenda che ne è il risultato, siano seguiti con il massimo impegno e ai massimi livelli dai governi, compreso quello italiano.

Il Summit ONU giunge in piena consonanza con le istanze espresse ormai da tempo dalla società civile italiana impegnata nella risposta all’HIV/AIDS: aggiornare le norme e i piani che regolano la risposta all’HIV nel nostro paese, alla luce delle evidenze scientifiche maturate, delle nuove esigenze di salute e di cura, in un’ottica di rispetto dei diritti umani, di contrasto allo stigma,  di coinvolgimento delle associazioni e delle community e di massima attenzione alle Key population, ossia i gruppi di popolazione socialmente più vulnerabili al virus come detenuti/e, sex workers, persone transgender, consumatori di droghe iniettabili, uomini che fanno sesso con altri uomini, persone migranti. 

Aggiornare la legge 135/90

La legge 135 del 1990 è stata, e resta, una buona legge che può essere però migliorata e adeguata alle sfide del prossimo decennio, tenendo conto degli obiettivi prescritti dalla nuova strategia globale UNAIDS 2021-2026. Le principali linee di indirizzo invocate dalla società civile per innovare la legislazione in materia di HIV/AIDS sono le seguenti:

Aggiornare le strategie e interventi:

La legge 135, il Piano Sanitario Nazionale ed il Piano Nazionale Aids devono concorre ad un aggiornamento delle strategie, degli interventi e dei servizi di prevenzione, testing e cura. Ricordiamo, a tale scopo, che l’ultimo piano nazionale AIDS, risale al 2017. Si tratta di un piano innovativo ed efficace, realizzato con il coinvolgimento di tutte le parti interessate ma, finora, largamente inapplicato.

 

 

Alla luce di quanto esposto, è fondamentale chiarire che nessun percorso di revisione  o di superamento della legge 135/90, può prescindere da un coinvolgimento vero e trasparente della società civile e delle associazioni dei pazienti.

Esprimiamo, pertanto, preoccupazione per la Proposta di Legge, 1972 in discussione in Commissione Affari Sociali della Camera, primo firmatario l’Onorevole Mauro D’Attis (FI) che riflette, nei contenuti, la mancanza di un percorso condiviso con le realtà sociali. La Pdl D’Attis non prevede nessun percorso innovativo riguardo alla prevenzione, ai percorsi di cura e alle nuove esigenze sociali in materia di HIV/AIDS. A preoccupare è, inoltre, anche la previsione di un passaggio di competenze dal Ministero della Sanità alla Presidenza del Consiglio, esperienza rivelatasi fallimentare con il coordinamento delle politiche sulle droghe. Tale passaggio svincolerebbe la gestione della materia da qualsiasi possibilità di controllo da parte delle commissioni socio-sanitarie del Ministero e pregiudicherebbe la stabilità e l’organicità di fondi e interventi. Incomprensibile è, inoltre, il fatto che la proposta raccolga in un unico contenitore legislativo il tema generico delle pandemie, senza tenere conto delle specificità di ciascuna. L’HIV è, ad esempio, un’infezione cronica, trattabile ma non curabile, con specifici risvolti di natura sociale, non assimilabili ad altre condizioni. La lotta allo stigma, il ruolo cruciale della prevenzione, la necessità di interventi e strutture che sostengano le persone con HIV per tutta la vita sono peculiarità non sovrapponibili ad altro tipo di patologie.

Alle forze parlamentari rivolgiamo, pertanto, un forte appello alla collaborazione per vincere una delle grandi sfide del prossimo decennio: porre fine all’Aids come minaccia per la salute pubblica.