L’efficacia della PrEP, la Profilassi Pre-Esposizione con l’impiego di farmaci ART (Truvada, tenofovir/emtricitabina) è ormai ampiamente riconosciuta dalla comunità scientifica come un metodo sicuro ed efficace per la prevenzione primaria dell’HIV in persone sieronegative a elevato rischio d’infezione e tutte le agenzie internazionali ne raccomandano una rapida implementazione.
UNAIDS, nel suo piano strategico 2016-2021, indica la necessità di raggiungere con la PrEP almeno tre milioni di persone l’anno, in particolare quelle concentrate nelle fasce più vulnerabili e più esposte al rischio di infezione. L’OMS, dal canto suo, ha appena reso disponibile un’APP,“Oral PrEP Tool app” scaricabile sugli smartphone sia con sistema Ios che Android, volta a fornire strumenti rapidi per l’implementazione della PrEP. Disponibile in quattro lingue, inglese, spagnolo, portoghese e cinese, l’App è destinata a operatori dei servizi sanitari per l’HIV, operatori dei servizi di testing, farmacisti, counselors e ai fruitori della PrEP. Come accade ormai da tempo, l’OMS pone l’accento sull’importanza di diffondere la pratica del counselling concernente la PrEP, non solo nei servizi ma anche nei contesti extraospedalieri. In particolare si segnala come i counsellor “pari” o, comunque ,"non istituzionali", adeguatamente formati, siano fondamentali per raggiungere target che difficilmente si rivolgerebbero ai servizi tradizionali. La PrEP è raccomandata da agenzie ed esperti alle persone che sono esposte, in taluni periodi della propria vita, ad alto rischio di acquisire l’HIV: MSM (uomini che fanno sesso con altri uomini), Sex Workers, partner sieronegativi/e di persone con HIV che non abbiano raggiunto la soppressione virologica, donne in situazioni di vulnerabilità.
Un forte impulso all’espansione di questa strategia di prevenzione, in combinazione con le altre disponibili, è giunto da diversi studi presentati alla XXII Conferenza Internazionale sull’AIDS, svoltasi ad Amsterdam lo scorso luglio. Tra questi lo studio “Prevenire”, coordinato dal professore Jean Michel Molina, dell’Università Diderot di Parigi, uno dei maggiori esperti mondiale nel campo della PrEP. Si tratta di uno studio triennale, partito nel maggio 2017, che ha arruolato 1628 persone , la maggior parte delle quali, il 98,8%, sono uomini che fanno sesso con altri uomini (MSM). Hanno partecipato, inoltre, dodici uomini e donne eterosessuali e otto transgender. I partecipanti hanno avuto la possibilità di usufruire della PrEP secondo le due modalità attualmente in uso: assunzione giornaliera, legata ad un’esposizione al rischio quotidiana in un periodo prolungato e continuativo della propria vita, oppure “on demand”, a richiesta, cioè legata alla previsione di un determinato rapporto sessuale a rischio, o di più rapporti a rischio, concentrati in un periodo di tempo più delimitato. La scelta è stata circa del 50% per ciascuna opzione. Ebbene, in nessuno dei due gruppi si sono registrate nuove infezioni. La stima è che fino ad ora tra i 1628 partecipanti siano state evitate almeno ottantacinque nuove infezioni da HIV.
Dati confortanti anche da un altro studio presentato ad Amsterdam che associa il declino dei nuovi casi di HIV in alcuni Stati USA a un incremento dell’uso della PrEP, riconosciuta dalla Food and Drug Administration americana sin dal 2012. L’analisi dimostra come, proprio a partire dal 2012, il tasso della nuove diagnosi sia sceso dalle 15,7 per 100.000 persone al 14.5 per 100mila del 2016. Durante lo stesso periodo l’uso della PrEP è aumentato da sette per 1000 persone al sessantotto per 1000. Possibile attribuire questo calo alla PrEP? Sì, secondo i ricercatori, soprattutto se si guarda ai dati che arrivano dai diversi stati: le nuove diagnosi sono scese del 4.7% negli stati con il più alto impiego della PrEP, mentre sono aumentate in quelli in cui l’utilizzo della PrEP è più basso (+0.9%).
Un altro studio, condotto in Thailandia, presentato sempre ad Amsterdam può infine aiutare a superare le resistenze alla PrEP di una delle popolazioni identificate come più vulnerabili all’HIV: le donne transessuali. Questo studio, denominato iFACT, condotto su 20 donne transessuali sieronegative, ha infatti dimostrato come l’impiego di Truvada per la prevenzione non abbassi il livello di ormoni femminilizzanti, timore molto diffuso tra chi ne fa ricorso. Un altro piccolo studio collegato ha tuttavia rilevato che l’estradiolo può influenzare l’efficacia della PrEP. Il curatore dell’intervento, Mackenzie Cottrell, ha affermato che “sino a quando non avremo maggiori dati disponibili, è giusto condividere con le donne transessuali il fatto che ci siano ancora incertezze e la soluzione migliore potrebbe essere quella di assumere la PrEP giornaliera”.
Tra i motivi che, inibiscono, in molti paesi, l’implementazione della PrEP ci sono fattori culturali, sociali ma anche di costi. Tuttavia –come sostenuto dallo stesso professor Molina nel suo intervento a CROI 2018, un trattamento di prevenzione farmacologica è molto meno costoso di una cura che dura tutta la vita. Il PNAIDS, il piano Nazionale Aids, approvato lo scorso ottobre, prevede una rapida implementazione di questo strumento anche nel nostro paese dove la PrEP è consentita ma non erogata dal servizio pubblico o rimborsabile. Oltre al problema di doverne sopportare i costi, chi ne fa uso è costretto, spesso, ad operare in regime di fai-da-te, senza possibilità di effettuare analisi e monitoraggi adeguati, senza la possibilità di ricevere informazioni su come prevenire le altre IST, infezioni sessualmente trasmissibili. L’Applicazione di quanto previsto dal PNAIDS è invece più urgente che mai se l’Italia vuole essere al passo con le indicazioni ONU, necessarie a sconfiggere l’AIDS entro il 2030.