La Tubercolosi (TB) resta la malattia infettiva più mortale al mondo e, nonostante gli sforzi per contenerla, nel solo 2017 ha colpito circa dieci milioni di persone provocando un milione e 600mila decessi.La TB è anche la principale causa di morte tra le persone che vivono con l'HIV: 300mila nel 2017, circa un terzo di tutti i decessi correlati all’AIDS. La stima dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è che quasi un quarto della popolazione mondiale viva con un'infezione da tubercolosi latente.
Le persone con HIV e con TB latente hanno circa venti volte più probabilità di sviluppare la tubercolosi attiva. Molto preoccupante anche il tasso di mancate diagnosi. Sempre secondo l’OMS, circa il 36% dei dieci milioni di persone colpite lo scorso anno, non ha ricevuto una diagnosi o non è adeguatamente trattato. Tra le persone che vivono con l'HIV questa quota è ancora più alta: il 49%. Dati e stime sono contenute nel Global TB Report 2018,pubblicato dall’OMS lo scorso settembre, il documento che, annualmente, fornisce una valutazione completa e aggiornata dell'epidemia di tubercolosi e dei progressi nella prevenzione, diagnosi e trattamento della malattia a livello globale. Il rapporto è stato pubblicato in vista del primo summit ONU ad alto livello tra i leader mondiali, che si è svolto pochi giorni dopo, il 26 settembre, volto a gettare le basi per un più incisivo impegno politico ed economico contro la TB, perché –sostengono gli organismi ONU- non si sta facendo abbastanza. L’OMS, in particolare, ha accompagnato la pubblicazione del rapporto, con il richiamo a una mobilitazione nazionale e internazionale senza precedenti per sconfiggere questa malattia entro il 2030, secondo guanto prescritto dagli obiettivi ONU per uno sviluppo sostenibile. Al Summit ha partecipato per l’Italia il Segretario Generale del Ministero della Salute, Giuseppe Ruocco, che, nel suo intervento ha illustrato il Piano Nazionale “Stop TB Italia”.
Il summit si è concluso con l’approvazione di una Dichiarazione politica sulla tubercolosi che ribadisce e amplia gli impegni assunti già nel 2017 con la dichiarazione di Mosca. Tra gli obiettivi indicati: diagnosticare e trattare con successo quaranta milioni di persone entro la fine del 2022 e fornire trattamenti preventivi a trenta milioni di persone entro lo stesso anno. Nella dichiarazione si riafferma anche la volontà di centrare gli obiettivi dell’Agenda Onu 2030 che prevedono, per quell’anno, la sconfitta della malattia e si riconoscono le devastanti implicazioni sociali ed economiche della patologia: “La tubercolosi –si legge nella Dichiarazione- comprese le sue forme farmaco-resistenti, costituisce una sfida cruciale per l’umanità costituendo la malattia infettiva più mortale al mondo, quella che provoca il più alto caso di farmaco-resistenze e che costituisce la prima causa di morte per le persone che vivono con l’HIV. Povertà, disuguaglianza di genere, vulnerabilità, discriminazioni ed emarginazione aggravano i rischi di contrarre la Tb”.
Alta è stata, ovviamente l’attenzione alla coinfezione HIV/TB. La mattina prima dell'apertura del summit community, ministri della salute, medici, rappresentanti delle Nazioni Unite e del programma TB /HIV si sono riuniti in un convegno dal titolo: "Nessuno sia lasciato indietro. Potenziare le cure integrate centrate sulle persone con TB/HIV, verso una copertura sanitaria universale”. Al centro del confronto sfide, inefficienze e opportunità della risposta locale e globale a queste patologie. "Perché così tante persone che vivono con l'HIV muoiono di tubercolosi? Le persone più bisognose sono quelle che rimangono indietro –ha detto Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’organizzazione mondiale della Sanità- Abbiamo bisogno di farmaci e approcci diagnostici nuovi, di nuovi modelli di erogazione dei servizi basati su ciò di cui le persone e le comunità hanno bisogno e di servizi integrati per la TB / HIV e altri problemi di salute ". Tra i nodi individuati da community ed esperti ci sono la necessità di superare il modello “una persona-due ospedali”, a favore di servizi integrati in grado di fornire entrambe le cure, e quello di migliorare le opportunità di diagnosi. I programmi di contrasto alla TB hanno, infatti, generalmente un tasso di test HIV molto alto mentre, al contrario, i servizi per l’HIV non eseguono di routine anche i test per la tubercolosi. Altra priorità rilevante sollecitata dai relatori è stata quella di garantire adeguate risorse finanziarie per il contrasto alle due epidemie, una risposta saldamente ancorata al rispetto dei diritti umani e all’Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile.
In un altro evento collaterale al Summit quattordici agenzie delle Nazioni Unite si sono riunite per sottoscrivere un documento comune, la “United Nations common position on ending HIV, TB and viral hepatitis through intersectoral collaboration (2018)” per la sconfitta di HIV, TBC ed epatiti in Europa.
Non sono mancate tuttavia posizioni molto critiche da parte della società civile sull’esito del Summit mondiale. Una rete internazionale di attivisti e di associazioni, Health GAP, Global Coalition of TB Activists (GCTA), Comitato consultivo comunitario TB (TB CAB), International Treatment Preparedness Coalition (ITPC), Kenya Legal & Ethical Issues, rete sull'HIV e l'AIDS (KELIN), la SEZIONE27, la Campagna di Azione terapeutica (TAC) e il Gruppo di azione terapeutica (TAG), ha sottoscritto una dichiarazione comune in cui viene definito fallimentare l’impegno fin qui messo in campo dagli Stati Membri e giudicato insufficienti gli impegni per il futuro. Secondo le ONG ecco cosa avrebbero dovuto scrivere, nella loro dichiarazione, i leader mondiali: “La tubercolosi è un'emergenza globale che uccide oltre un milione e mezzo di persone ogni anno. È il principale killer di persone con HIV. Tuttavia, collettivamente non siamo riusciti a rispondere efficacemente alla tubercolosi, perché colpisce principalmente le persone povere, comprese le comunità criminalizzate ed emarginate, come le persone che usano droghe, i prigionieri e le loro comunità. Riconosciamo i nostri fallimenti collettivi e individuali. Ci impegniamo a mettere sul tavolo le risorse necessarie per la ricerca e per i programmi sulla tubercolosi e i necessari programmi”. Tra le richieste delle ONG anche l’attuazione di tutte le linee guida dell’OMS su diagnosi, trattamento cura e prevenzione, la definizione di obiettivi nazionali ambiziosi che permettano entro il 2025, una riduzione della mortalità del 75%, delle nuove infezioni del 50% e una diagnosi del 90% dei casi. Le ONG chiedono inoltre di interrompere l’utilizzo di farmaci inefficaci o dannosi e di ricorrere alle cure più innovative e sicure, di investire nella ricerca fino a due miliardi di dollari l’anno, di rimuovere le barriere all’accesso ai farmaci poste dai diritti di brevetto.
A protestare è anche Medici Senza Frontiere: “Gli ultimi dati sulla Tubercolosi offrono un quadro vergognoso sull’incapacità del mondo di affrontare una malattia curabile, che continua, però, a uccidere più di un milione e mezzo di persone ogni anno. I governi – ha detto Sharonann Lynch della campagna HIV/ TBC di MSF- stanno affrontando la malattia infettiva più mortale al mondo con pericolosa mediocrità. È il settimo anno consecutivo che -prosegue Lynch- circa il 40% dei casi di Tubercolosi non viene diagnosticato. Se non stiamo nemmeno diagnosticando i pazienti, come potranno essere curati?” MSF ha puntato l’indice anche contro la scarsa presenza di leader mondiali al summit: "i leader globali hanno mancato, ancora una volta, la possibilità di rendere le persone con TB una priorità -sotiene l'ONG- Dei 193 stati membri delle Nazioni Unite, meno di trenta leader hanno scelto di partecipare alla riunione. Vergogna per gli oltre 160 leader assenti, molti dei quali avevano promesso impegni concreti”.
La necessità di un impegno maggiore è del resto sottolineata dai dati sulle risorse economiche disponibili. Le agenzie ONU stimavano la necessità di almeno 10,4 miliardi di dollari nel solo 2018 per offrire una risposta efficace alla tubercolosi nei 118 paesi a basso e medio reddito, che rappresentano il 97% dei casi segnalati a livello globale. L'ammontare effettivo disponibile è stato invece nel corso dell’anno di soli 6,9 miliardi di dollari: un deficit da 3,5 miliardi. Per guanto riguarda l’HIV, invece, UNAIDS stima necessario giungere almeno a 26,2 miliardi di dollari nel 2020 ma fino al 2017 la disponibilità è stata solo di 21,3 miliardi: un deficit da colmare pari a circa 5 miliardi di dollari.