Si aprono prospettive importanti per la riduzione nel corpo umano di quel serbatoio latente di virus HIV, finora non raggiungibile e, quindi, non attaccabile dalle terapie Antiretrovirali, quella riserva di virus, cioè, che impedisce, ad oggi, la completa eradicazione dell’infezione.
La speranza arriva dallo studio italiano sul vaccino terapeutico Tat, messo a punto dall’equipe di ricerca guidata da Barbara Ensoli, Direttore del Centro Nazionale per la Ricerca sull’HIV/AIDS dell’Istituto Superiore di Sanità dal titolo: “Continued decay of HIV proviral DNA upon vaccination with HIV-1 Tat of subjects on long-term ART: an 8-year follow-up study”.
Secondo gli esiti di un follow-up durato 8 anni, la somministrazione di questo “vaccino terapeutico” a 92 pazienti volontari già in terapia ART (antiretrovirale), distribuiti in otto centri clinici italiani, si è mostrata in grado di ridurre drasticamente, fino al 90%, questa quota di virus latente. “Si tratta di risultati – afferma la dottoressa Barbara Ensoli - che aprono nuove prospettive per una cura funzionaledell’HIV con l’obiettivo di giungere all’eradicazione del virus”.
I trattamenti ART, bloccando la replicazione del virus, permettono oggi di raggiungere e mantenere aspettative di vita e di salute simili a quelle della popolazione generale. Se assunte correttamente, possono ridurre la carica virale a livelli talmente bassi da non essere più rilevabile, una condizione che rende le persone con HIV non più infettive. Tuttavia la cura va proseguita per tutta la vita. Il virus dell’HIV è in grado, infatti, di annidarsi in alcune cellule sotto forma di DNA virale rimanendo “silente”. Queste cellule, invisibili al sistema immunitario, non sono attaccabili dalle terapie ART che agiscono, appunto, solo sui meccanismi di replicazione e diffusione del virus nel sangue. Ma se la terapia viene interrotta il virus, rimasto nascosto in questi cosiddetti “santuari” ,si attiva e comincia a replicare nuovamente provocando la ripresa dell’infezione.
La grande novità della studio di Barbara Ensoli è che il vaccino Tat, un vaccino terapeutico e non preventivo, potrebbe essere invece in grado di controllare il virus anche dopo la sospensione dei farmaci antiretrovirali. “Si profilano –ha proseguito Ensoli- opportunità preziose per la gestione clinica a lungo termine delle persone con HIV, riducendo la tossicità associata ai farmaci, migliorando l'aderenza alla terapia e la qualità di vita, problemi di grande rilevanza soprattutto in bambini e adolescenti”.
Gli autori dello studio riportano che i volontari trattati con ART e vaccinati con la proteina Tat hanno mostrato un forte calo del DNA provirale nel sangue, con una velocità in media di 4-7 volte maggiore rispetto a quella osservata in pazienti trattati solo con ART. Nei volontari vaccinati, inoltre, la riduzione del serbatoio di virus latente si è associata ad un aumento delle cellule T CD4 e del rapporto delle cellule T CD4+/CD8+
Queste caratteristiche vengono riscontrate anche in rari pazienti, denominati post-treatment controllers, in grado di controllare spontaneamente la riattivazione della replicazione virale dopo aver sospeso la terapia. Tali pazienti mostrano, non a caso, un serbatoio di virus latente di dimensioni assai ridotte (bassi valori di DNA provirale) e mostrano un buon recupero del sistema immunitario, come indicato da un elevato rapporto dei linfociti T CD4+ /CD8+
“È concepibile, pertanto – conclude Ensoli - che la vaccinazione con Tat possa conferire ai pazienti la capacità di divenire post-treatment controllers, cioè di controllare il virus senza assunzione di farmaci per periodi di tempo la cui durata dovrà essere valutata con specifici studi clinici successivi”.
“I risultati dello studio –afferma una nota dell’Istituto Superiore d Sanità- aprono la strada, dunque, a studi di interruzione programmata e controllata della terapia nei volontari in trattamento ART vaccinati con Tat, attualmente in corso di pianificazione proprio allo scopo di verificare questa ipotesi”.
A oggi, ben 40 milioni di persone nel mondo convivono con l’infezione da HIV, la metà delle quali non riceve alcuna terapia e questo a causa dell'impossibilità per molti paesi di sostenerne il peso economico, con il risultato di aggaravare le condizioni di vita di milioni di comunità. La possibilità di mettere a punto terapie che consentano l’eradicazione del virus potrebbe avere un impatto enorme nella lotta alle povertà e alle disuguaglianze nel mondo ma la ricerca di una cura per HIV/AIDS richiede ancora molti sforzi, ingenti investimenti e strategie innovative.
I centri clinici italiani coinvolti nello studio sono i seguenti: Ospedale San Raffaele di Milano, Ospedale L. Sacco di Milano, Ospedale San Gerardo di Monza, Ospedale Universitario di Ferrara, Policlinico di Modena, Ospedale S.M. Annunziata di Firenze, Istituto San Gallicano- Istituti Fisioterapici Ospitalieri di Roma, Policlinico Universitario di Bari). Lo studio di follow up del Ministero della Sanità è stato pubblicato sulla rivista Frontiers in Immunology.