Il Ministero della Salute guidato da Roberto Speranza sembra aver incredibilmente dichiarato guerra alla cannabis light e terapeutica.
L’ultima decisione dal sapore oscurantista, risale ai giorni scorsi e riguarda l’inserimento nelle tabelle dei medicinali stupefacenti previste dalla legge 309/90, del CBD, la componente non psicotropa della cannabis, quella utilizzata a scopo terapeutico, rilassante, anti-infiammatorio. In sostanza, dal prossimo 30 ottobre l’olio di cannabidiolo, alla base di gran parte dei preparati light derivanti dalla cannabis, diventerà illegale.
Già lo scorso settembre una nota del Ministero sulla cannabis terapeutica aveva anticipato la decisione, creando sgomento e apprensione tra pazienti, medici, associazioni anti-proibizioniste e di tutela della salute. Nella comunicazione, infatti, si dichiaravano non legali le preparazioni di olio e capsule a base di cannabis terapeutica nonché la loro spedizione dalle farmacie direttamente ai pazienti, opzioni irrinunciabile per molte persone in cura con cannabis terapeutica, spesso per patologie severe, in periodo di COVID. Ne era seguita una lettera al Ministro, promossa da Associazione Luca Coscioni, Forum Droghe, Società della Ragione, CGIL, CNCA, LILA, Meglio Legale, Fuoriluogo, FattiSegreti, La Casa di Canapa, Radicali Italiani, BeLeaf Magazine, Dolce Vita Magazine in cui si chiedeva chiarezza sulle intenzioni a riguardo.
“Alla vigilia del voto sulla raccomandazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che chiede il riconoscimento formale, all’interno delle convenzioni internazionali, dell’uso terapeutico della cannabis riteniamo che l’Italia non possa fare passi indietro rispetto a quanto conquistato dal 2007” si scriveva nella missiva paventando "un grave attacco al pieno godimento del diritto alla salute nel nostro paese”.
Nessuna risposta era mai giunta finora dal Ministero fino alla direttiva dei giorni scorsi sul CDB, un atto che sembra davvero la spallata finale contro la cannabis light e terapeutica e che, tra l’altro, rischia di mettere in ginocchio un intero settore di mercato, quello della cannabis light, per un giro d’affari da 150 milioni di euro con 15mila addetti. La decisione sembra legata alla necessità di far spazio all'imminente immissione sul mercato di un farmaco a base di CBD, prodotto da una grande multinazionale farmaceutica, per il trattamento di pazienti con sindrome di Dravet e sindrome di Lennox-Gastaut.
Duro in proposito il comunicato dell’intergruppo parlamentare sulla cannabis legale, di cui fanno parte, tra gli altri, Mario Perantoni, Matteo Mantero, Riccardo Magi, Michele Sodano, Enza Bruno Bossio, Paola Deiana, Francesco Berti, Doriana Sarli, Silvia Benedetti. Per i circa settanta parlamentari aderenti si tratta di: "una scelta illogica che penalizza gravemente tutto il settore della coltivazione della canapa, lasciando così campo aperto ai soli colossi farmaceutici. Mentre nel resto del mondo si supera il proibizionismo –è l’accusa-in Italia si ha l’impressione di una tendenza alla criminalizzazione della natura, in contrasto con le politiche di lotta alle mafie, sviluppo sostenibile e potenziamento del settore agricolo in funzione della salvaguardia dell’ambiente e degli ecosistemi."
Per questo Fuoriluogo ha promosso, a partire dal 23 ottobre, un digiuno di massa a staffetta, in dialogo con le Istituzioni contro i passi indietro sulla cannabis. A tutti viene richiesto di partecipare a aderire: “un anno dopo che Walter De Benedetto ha portato il suo caso di malato davanti al Presidente della Camera, nulla è successo -si denuncia- Per questo abbiamo deciso di accompagnare la lotta di Walter e di troppi altri malati italiani che oggi sono ostaggio della burocrazia o delle leggi repressive del nostro paese”.