Le community legate alle persone con HIV sono state fortemente penalizzate dagli effetti della pandemia da Covid 19. Lo conferma il terzo monitoraggio rapido effettuato da EATG, European Aids Treatment Group, su HIV e CoVID.
I dati sono stati pubblicati lo scorso agosto, poco prima che l’ondata di infezioni tornasse a mettere sotto pressione l’Europa, un momento però già maturo per valutazioni più compiute su come il virus SARS COV2 abbia profondamente cambiato lo scenario delle cure, dell’assistenza e del contrasto all’HIV.
Tutti i dati raccolti confermano come il CoVID 19 non sia socialmente neutrale e che, anzi, abbia acuito le disuguaglianze già esistenti creando dei gravi vulnus nel rispetto dei diritti umani. La separazione e il distanziamento sociale hanno colpito duramente i gruppi di popolazione più emarginati sia pure con differenze tra i vari paesi europei: senzatetto, lavoratrici e lavoratori del sesso, persone LGBT, persone che fanno uso di droghe, minoranze etniche, popolazione detenuta. In questo clima rischiano di aumentare stigma e discriminazioni: i gruppi d più vulnerabili, non di rado, vengono, infatti, percepiti come veicoli di diffusione del Covid il che aumenta il livello di pressione su queste persone.
Tutt’altro che trascurabile, è stato, nello specifico, l’impatto della pandemia sulle persone con HIV e in particolare, sulle più vulnerabili. Il lockdown e il distanziamento sociale, i problemi di ordine economico, la diminuzione delle visite e del supporto in presenza, l’aumento delle violenze domestiche, hanno provocato non poche ricadute sulla salute mentale e il benessere generale delle PLWHIV creando un clima di paura e incertezza.
Le organizzazioni community based (OBC), in prima linea nella fornitura di servizi alle Key Population sono state costrette a chiudere e a trovare rapidamente modalità alternative per supportarle. La maggior parte delle organizzazioni si è attrezzata per fornire consulenze online dovendo far fronte, soprattutto, all’aumento della richiesta di supporto psicologico e di servizi in grado di evitare l’effetto catastrofico dell’interruzione delle terapie. Non appena è stato possibile, le CBO si sono organizzate, inoltre, per offrire servizi di testing sicuri. Su di loro, in sostanza, è gravato principalmente il compito di colmare il divario tra situazione pre e post-Covid. Inevitabilmente però, molti problemi restano di difficile soluzione, soprattutto per chi non può accedere al web.
Un impatto particolarmente forte il Covid 19 lo ha avuto sui servizi di screening e sui programmi di prevenzione, tanto da far temere un forte rallentamento della risposta complessiva all’HIV; l’erogazione della PrEP è stata interrotta in molti paesi, così come la fornitura di trattamenti sostitutivi alle persone che usano droghe, già rese più vulnerabili da stigma e criminalizzazione. I più penalizzati dal CoVID sono stati però soprattutto i servizi di test per HIV, epatiti, altre infezioni sessualmente trasmissibili e, addirittura, per la Tubercolosi. La chiusura temporanea delle CBO ha complicato il quadro. I primi dati suggeriscono che nei paesi in cui le misure di contenimento del Covid sono state più severe, si è verificato un maggior calo dei test, non compensato da un ricorso agli auto-test acquistabili in farmacia. Non ci sono ancora evidenze su quanto questo fenomeno abbia colpito il processo di “Linkage to care”, cioè della presa in carico delle persone risultate positive all’HIV affinché accedano ai trattamenti e si mantengano in cura “ma –scrive il rapporto- sarebbe sorprendente se non ci fossero ricadute negative”. La caduta della domanda di test sarà, inoltre, difficilmente recuperabile, con tutte le conseguenze che questo potrà avere nei prossimi mesi sul numero di nuove infezioni da HIV e nuove IST e sul fenomeno dei late presenter, persone cioè che arrivano alla diagnosi con grande ritardo e, quindi, con uno stato di salute già molto compromesso.
L’accesso a cliniche, ospedali e farmacie ha subito interruzioni un po’ ovunque: le visite in presenza sono state posticipate o annullate e la gran parte del supporto è ora fornita online. Un monitoraggio Eatg nei mesi di aprile, maggio e luglio 2020 ha evidenziato come il 48% degli intervistati si sia visto posticipare le visite di controllo. Altri dati confermano diffuse interruzioni nel monitoraggio della carica virale che è cruciale per l'identificazione dei problemi di non aderenza o fallimento del trattamento.
In alcuni casi le dosi di farmaci consegnate sono state aumentate così da poter durare più a lungo o sono state adottate modalità di consegna alternative dei trattamenti: spedizione a casa, consegna da parte di altre strutture sanitarie o da parte delle community organizzate. In molti altri paesi, invece, a rischio è stata proprio la fornitura dei farmaci per l’HIV. Segnalati ritardi nella chiusura dei contratti per l’acquisto in Russia mentre in Italia le Community hanno segnalato il dirottamento delle forniture di antiretrovirali verso i pazienti affetti da COVID. Sempre in Italia e anche nella Repubblica Ceca gli attivisti stanno chiedendo alle case farmaceutiche di assicurare adeguati livelli di fornitura mentre in Bulgaria, a evitare una generalizzata interruzione di trattamento sono stati gli ospedali che hanno trattato direttamente con i produttori. Un'area di preoccupazione particolare è rappresentata dalle persone con HIV che non hanno benefici dai farmaci e/o che non sono soppresse viralmente: la loro condizione presuppone, infatti, un controllo puntuale e continuo da parte del medico.
Particolarmente gravosi i problemi che si sono abbattuti sulle persone transessuali che, in gran parte, non hanno avuto accesso ai trattamenti ormonali e subito una grave compromissione della continuità di cura. Un rapporto di ILGA, the International Lesbian, Gay, Bisexual, trans and intesex association, segnala interruzioni all’assistenza correlata alla transizione, anche per i trattamenti già in corso, in almeno ventisei paesi.
Riflessi significativi si sono avuti anche sulle comorbidità, soprattutto laddove il trattamento e la cura di queste patologie sono in capo ai reparti e agli specialisti di malattie infettive, ora fagocitati dall’emergenza Covid. Riflessi pesanti soprattutto per i pazienti con Tubercolosi.
Donne e ragazze stanno sopportando un onere sproporzionato degli effetti del CoVID. Negli ambiti più fragili e già segnati da conflitti la violenza contro le donne può riacutizzarsi. I dati segnalano, infatti, un aumento delle segnalazioni di violenza contro le donne durante l'epidemia di COVID-19, fattore che può ostacolare il progresso verso l'uguaglianza di genere. A penalizzare le donne anche le forti limitazioni scattate per l'accesso ai servizi di salute sessuale e riproduttiva. Particolarmente colpiti i gruppi di donne che fanno uso di droghe.
In conclusione possiamo dire che l’impatto del CoVID- 19 sulle vite delle persone con HIV è stato molto significativo. La capacità di reazione delle community è riuscita a mitigarne gli effetti peggiori ma con la possibile nuova ondata in arrivo nei prossimi mesi è necessaria una pianificazione strategica e a lungo termine per ridurre al minimo i danni alla comunità e alla salute delle persone. Una sfida - chiave per i servizi delle community riguarda il loro finanziamento; donatori e decisori devono comprendere il ruolo chiave svolto dalle CBO adeguando di conseguenza le risorse a loro disposizione. Un principio generale da far valere è che tutte le risposte al CoVid-19 siano basate sul rispetto dei diritti umani.
Questa valutazione, condotta sei mesi dopo l'inizio della pandemia COVID-19, evidenzia una serie di aree in cui sono necessari ulteriori dati, in particolare sull'efficacia della comunità e dei servizi sanitari nell'affrontare le esigenze delle popolazioni con HIV al tempo del COVID-19. E’ importante anche capire quali interventi siano più efficaci per alleviare gli effetti negativi dell’isolamento sociale e ridurne al minimo l’impatto.