Il dibattito e le ricerche scientifiche sull’eventuale somministrazione di una terza dose di vaccino sembrano puntare l’attenzione soprattutto sulle persone che presentano situazioni di immunocompromissione o che rispondono meno ai vaccini, in ragione del loro stato immunitario o di eventuali regimi di cura.
In tal senso va letta la decisione assunta lo scorso 12 agosto dalla Food and drug Administration (FDA), l’autorevole agenzia USA per il farmaco e la sicurezza alimentare, di autorizzare la terza dose vaccinale con i sieri prodotti da Pfizer e Moderna, solo per le persone con determinate condizioni immunitarie.
La modifica apportata al documento autorizzativo dei due vaccini cita, nello specifico, le persone che hanno ricevuto trapianti di organi solidi, e che, pertanto sono costrette ad assumere farmaci immunosoppressori per evitare il rigetto e, genericamente, tutte quelle cui sia diagnosticaticato un equivalente livello di compromissione del sistema immunitario. In tali condizioni si trovano anche le persone con patologie oncologiche sottoposte a regime chemioterapico o antineoplastico. Per ora non si parla in modo esplicito di persone con HIV ma è ragionevole pensare che alle PLWHIV (persone che vivono con l’HIV) possa essere raccomandata la terza dose di vaccino solo in presenza di più deboli condizioni immunitarie. Un’imminente riunione del CDC, il centro statunitense per il controllo delle malattie infettive, dovrà approfondire ulteriormente la situazione delle persone con immunocompromissione riguardo ai vaccini. Ciò che, al momento, è evidente è che le persone immunocompromesse possono avere una risposta più debole ai vaccini, che hanno maggiori probabilità di ammalarsi gravemente di COVID-19 e che possono subire infezioni prolungate da SARS-Cov2, il che aumenta anche il rischio di dare origini a varianti dello stesso virus. Proteggerle è dunque fondamentale per tutelare sia la salute dei singoli che la sanità pubblica e la terza dose vaccinale mostra di poter rispondere a questo obiettivo.
“Il paese è entrato nell'ennesima ondata della pandemia di COVID-19 e la FDA è consapevole del fatto che le persone immunocompromesse sono particolarmente a rischio di malattie gravi –ha spiegato la commissaria ad interim della FDA Janet Woodcock- dopo un'approfondita revisione dei dati disponibili, la FDA ha stabilito pertanto che questo piccolo gruppo vulnerabile possa beneficiare di una terza dose dei vaccini Pfizer-BioNTech o Moderna. Le altre persone completamente vaccinate sono adeguatamente protette e, in questo momento, non hanno bisogno di una dose aggiuntiva di vaccino COVID-19”.
Il documento della FDA ricorda come questo gruppo di popolazione debba mantenere tutte le precauzioni necessarie ad evitare il contagio da COVID 19, compresa la vaccinazione di tutti i loro contatti stretti. FDA raccomanda inoltre a questo gruppo vulnerabile di valutare con il proprio medico un trattamento con anticorpi monoclonali in caso di infezione da COVID o di esposizione al rischio di contagio. Tale trattamento non sostituisce il vaccino ma può potenziare la reazione immunitaria delle persone che non reagiscono in maniera ottimale alla vaccinazione dal punto di vista della copertura immunitaria. La decisione della FDA va incontro anche all’appello lanciato a inizio agosto ai paesi occidentali dall’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), affinché non s’inneschi la corsa ad una terza somministrazione di massa di vaccini per non compromettere la già scarsa disponibilità di dosi verso i paesi a basso e medio reddito. La stessa OMS ha, tuttavia, chiarito che le persone con problemi immunitari, costituiscono un’eccezione e vanno, pertanto, protette; nel caso, anche con una terza dose di siero, perchè. “Ci sono evidenze crescenti sul fatto che alcuni gruppi di popolazione non rispondono al vaccino secondo gli stessi standard della popolazione generale”, ha ricordato Katherine 0’Brian, direttrice del programma vaccini dell’OMS. Dalla Casa Bianca era arrivata, in prima battuta, una netta chiusura all’ipotesi di una moratoria di alcuni mesi sulla terza dose vaccinale ma ora, la decisione della Food and Drug Administration, sembra aver fatto ordine nella questione, sposando, in sostanza, una linea più in sintonia con quella dell’OMS.
La decisione della FDA sarà presto seguita da diversi paesi come Francia, Germania, Gran Bretagna; In Israele il terzo richiamo per gli over sessanta è già in atto. In Italia non è stata assunta alcuna decisione in tal senso, “anche se –ha spiegato il Direttore del Consiglio Superiore di Sanità, Franco Locatelli – è in atto una valutazione sulla possibilità di rafforzare con una terza dose le persone che presentano una compromissione della risposta immunitaria. Si tratta, ad esempio, di chi ha ricevuto trapianti di organi solidi o di chi assume farmaci anti neoplastici o chemioterapici. Al di fuori di questo gruppo di popolazione –ha concluso- è troppo presto per ipotizzare un ricorso più ampio alla terza dose vaccinale”. Il nostro paese potrebbe muoversi, dunque, sulla stessa linea della FDA. Indispensabile, per decidere sull’eventuale terza dose alle persone con HIV in situazioni di particolare fragilità immunitaria, sarà il coinvolgimento delle associazioni, dei centri di cura e degli specialisti che possono fornire un quadro completo della situazione immunitaria dei pazienti con HIV e delle priorità per prevenirne il contagio da COVID o il rischio di esiti gravi della malattia, compresa la disponibilità di trattamenti monoclonali.