Luciano Nigro, presidente di Lila Catania, ha una lunga esperienza come infettivologo e docente di malattie infettive per l’Università del capoluogo siciliano. In pensione da maggio, continua a lavorare come responsabile di un progetto sanitario in Zimbabwe. Sulla modalità di concessione dei nuovi farmaci antivirali diretti contro l'Epatite C osserva: "Si registra un precedente pericoloso, per la prima volta non è il medico che decide di trattare secondo scienza coscienza, ma un desk di Aifa che non ha contatto diretto con i pazienti”. E sulla possibilità di curare con i farmaci generici indiani obietta: “In Africa li uso perché garantiti dal governo, ma in Italia nessuna istituzione assicura che siano di qualità”
Le nuove terapie vengono concesse oggi solo a malati più gravi, attraverso un algoritmo terapeutico. Come valuta questa “selezione dei pazienti”?
Oggi, solo i malati che rientrano nei criteri stabiliti da Aifa possono ottenere i farmaci rimborsati dal servizio sanitario nazionale: si tratta di persone in cirrosi o con un danno del fegato molto grave. Questo toglie al medico la capacità di capire, di intuire situazioni particolari e a rischio. Se oggi è possibile trattare le persone con stato avanzato di malattia è perché stiamo tentando di salvar loro la vita e se non mi viene concesso di trattare un paziente giovane e meno grave, è perché qualcuno ha deciso che potrò curarlo dopo. Questo ragionamento posso accettarlo se l'obiettivo è curare tutti nell'arco di tre-quattro anni. Ma non posso accettarlo se tutti dovranno aggravarsi per poter accedere alle cure. Non lo ritengo etico. Da un lato perché la persona dovrà continuare a essere controllata periodicamente, almeno ogni sei-quattro mesi e continuerà a percepirsi ammalata. Dall'altro perchè lo Stato continuerà a trattarlo, spendendo, nel lungo periodo, anche di più rispetto al costo delle terapie. Inoltre se questa persona si aggraverà gli avremo peggiorato la qualità della vita quando invece potevamo guarirlo. Infine avremo contribuito a peggiorare la sua capacità lavorativa, ulteriore costo per la società.
Ci sono persone che hanno deciso di curarsi con farmaci prodotti in India autonomamente i farmaci, come si fa in molti paesi africani. Che ne pensa?
In Italia, quando tratto con farmaci che importiamo dalla Svizzera, dal Vaticano, dall’estero, lo faccio perché il farmaco viene importato secondo regole dello stato, che garantiscono che il farmaco è stato realizzato secondo le regole internazionali. Ma se dovessi trattare un paziente con farmaci che ha comprato autonomamente in India o in Brasile, mi chiederei “di chi è la responsabilità se succede qualcosa, se il farmaco non dovesse funzionare, se dovesse accadere una grave reazione avversa”? L’Agenzia del Farmaco dovrebbe accertare i farmaci prima che vengano utilizzati. In Zimbabwe utilizzo i farmaci prodotti in India, ma il governo li ha preventivamente accertati.
Come funziona a livello di organizzazione sanitaria la distribuzione dei nuovi farmaci?
In Sicilia, con il Decreto Assessoriale n. 215 del 12/2/2015, è stata costituita la Rete Regionale per la gestione dell’epatite da virus C che comprende 41 Centri di Gastroenterologia, Epatologia, Malattie Infettive e Medicina Interna ai quali possono accedere i cittadini residenti nella Regione Sicilia che hanno un’infezione cronica da virus C. Di questi solamente 25 sono abilitati per la prescrizione ed erogazione dei farmaci antivirali, mentre gli altri 26 identificano i pazienti potenzialmente eleggibili alla terapia antivirale e li riferiscono ai Centri autorizzati alla prescrizione. All’interno di ogni centro individuato, uno o al massimo due medici sono indicati, con decreto regionale, come medici prescrittori. A questi medici sono state date le credenziali per accedere ai database. Quindi solo i medici prescrittori possono inserire i dati delle persone nei due database. A Catania vi sono cinque centri prescrittori; due dei centri si trovano all’interno dell’Azienda Ospedaliera “Policlinico-Vittorio Emanuele” (unità di malattie infettive e di medicina interna), due all’interno dell’Azienda Ospedaliera “Garibaldi” (unità di malattie infettive e di gastroenterologia) e una all’interno dell’Azienda Ospedaliera “Cannizzaro” (unità di malattie infettive).
In questo modo si cerca di limitare il numero di centri prescrittori
Ma se si limita la possibilità di prescrivere a pochi medici è ovvio che si tratteranno meno pazienti. Non è possibile pretendere che un medico serio abbia in trattamento più di 50 persone contemporaneamente, poiché si tratta di farmaci nuovi che possono avere effetti collaterali e - se non si vuole che la persona in trattamento abbandoni la terapia - bisogna seguirla con attenzione. Ma ancora più grave, secondo il mio punto di vista di professionista, è che le unità operative e i medici che non possono prescrivere i nuovi farmaci non hanno la possibilità di sperimentarli. Per la prima volta si è deciso per decreto quali unità operative e quali medici possono “crescere” professionalmente”. Chi non è stato scelto rischia di diventare un infettivologo o un gastroenterologo che non sa trattare con i nuovi farmaci.