Lunedì 30 maggio, presso la Camera Lavoro della Cgil di Cagliari, si è svolto un importante convegno e dibattito sulla campagna contro le discriminazioni dei lavoratori positivi all’Hiv lanciata in Sardegna lo scorso 1° maggio da Lila Cagliari e dalla Cgil sarda.
La campagna “Hiv e Lavoro”, ha visto il coinvolgimento di tutti i rappresentanti e delegati della CGIL nell’Isola ed ha permesso di raggiungere con una comunicazione diretta gli oltre 50mila lavoratori iscritti al sindacato per illustrare loro i propri diritti e la necessità di tutelarsi verso qualsiasi abuso o forma di discriminazione nei luoghi di lavoro possa riguardare l’eventuale condizione di positività all’hiv. Il varo di questa campagna informativa ha fatto seguito alle segnalazioni sempre più frequenti di richiesta indiscriminata del test hiv che giungono da diversi datori di lavoro.
La presentazione del Convegno è stata affidata a Sandro Gallittu, responsabile Nuovi Diritti CGIL Sarda, che ha sottolineato il fatto che iniziative come questa, di lotta per i nuovi diritti e contro tutte le discriminazioni, non possano non trovare terreno fertile presso il sindacato e nella cultura Cgil
Si è aperto quindi un interessante dibattito coordinato dalla Dr.ssa Elisabetta Perrier della Segreteria Camera del Lavoro di Cagliari che ha coinvolto i diversi partecipanti. Brunella Mocci presidente LILA Cagliari, la Dr.ssa Piera Loi, docente di Diritto del Lavoro dell’Università di Cagliari, la Dott.ssa Caterina Cocco della segreteria CGIL Sarda, il Prof. Francesco Ortu, immunologo del Policlinico universitario di Monserrato, e che ha visto la partecipazione di Stefano Cecconi responsabile Nazionale Cgil Sanità.
Chi vi scrive, anche in rappresentanza del Coordinamento Nazionale Lila ha posto l’accento sulla necessità di intervento e informazione sul tema, in quanto da diverso tempo, al centralino Lila di Cagliari come anche nel resto d’Italia, giungono allarmanti segnalazioni di imposizione da parte dei datori di lavoro del test Hiv ai propri dipendenti. Questi atti evidenziano una totale disinformazione sulla normativa vigente e contribuiscono purtroppo ad alimentare allarmismo e stigma. Infatti la maggior parte delle denunce riguarda mansioni lavorative che non potrebbero mai causare la trasmissione del virus all’utenza o ai colleghi di lavoro. Da queste denunce, che molto spesso non hanno seguito in quanto i lavoratori non hanno il coraggio di renderle pubbliche, è nata l’ idea di riprendere e ampliare in Sardegna la Campagna nazionale LILA su Hiv e Lavoro del 2014. Ha posto l’accento sulla debolezza normativa della legge 135/1990 e sulla confusione creata dalla controversa sentenza della corte costituzionale del 1994 che, in assenza di un impianto normativo specifico con regole tecniche di attuazione, ha lasciato purtroppo spazio a troppe interpretazioni e a cui diverse aziende italiane tentano spesso di far riferimento per imporre il test Hiv ai propri lavoratori.
L’intento è stato quello di coinvolgere un grosso organismo sindacale come la CGIL per poter raggiungere i lavoratori Sardi, nel modo più capillare, offrendo loro l’informazione e anche la possibilità di sottrarsi all’imposizione arbitraria del test. L’auspicio è che questa iniziativa di denuncia pubblica possa avere riflessi positivi anche a livello nazionale in quanto la LILA, chiede da tempo che venga modificato il DL 81/2008 riguardante il DVR (il Documento di valutazione del rischio aziendale) per renderlo visionabile ai lavoratori onde evitare abusi da parte delle aziende.
Gli altri ospiti hanno affrontato l’argomento e, sull’aspetto normativo in particolare, si è soffermata la Dr.ssa Piera Loi, docente di Diritto del Lavoro dell’Università di Cagliari.
Concorda sull’inefficacia della legge 135 e sulla sentenza della corte costituzionale e ritiene una strada possibile quella di invocare sentenze che vadano in senso diverso, in particolare quelle più recenti della CEDU, Corte europea diritti dell’uomo, che citano sia l’Art. 14 della Carta europea dei diritti dell’uomo che le indicazioni dell’ILO, in situazioni che riguardano casi di discriminazione anche più ampi o non specifici sull’Hiv+ seppur riferibili allo stato di salute dei lavoratori.
Allo scopo, prosegue la Dr.ssa Loi, cita una sentenza della Corte Europea emessa nel 2010 contro la Corte di Cassazione greca.
La vicenda risulta emblematica di una situazione normativa complessa e confusa che non è solo italiana. La vicenda greca citata riguarda un lavoratore che confidò il suo stato di Hiv+ ad alcuni colleghi i quali informarono il datore di lavoro e il resto dei colleghi che chiesero il suo licenziamento rifiutandosi in massa di lavorare ancora con lui. Il datore di lavoro pur non volendo licenziare il dipendente dovette compiere tale scelta per preservare l’ambiente. Il lavoratore si oppose e i primi due gradi di giudizio dichiararono illegittimo il licenziamento ma, la cassazione, lo ritenne invece legittimo in quanto ne sarebbe stata compromessa l’attività produttiva.
Il lavoratore chiese giustizia fino alla Corte Europea la quale affermò infine, con una importante sentenza che costituisce ormai un riferimento in casi analoghi, come il giudice greco avesse erroneamente applicato il “principio di bilanciamento”, comprimendo un diritto fondamentale della persona con un altro ugualmente tutelato dalla costituzione o da una carta dei diritti. Infatti il diritto del lavoratore hiv a non essere discriminato sulla base dello stato sierologico deve essere proporzionale a quello degli altri lavoratori che hanno diritto a lavorare in un clima che garantisca la salute.
Ma in questo caso specifico la motivazione della sentenza chiariva bene come la presenza del lavoratore hiv+ non rappresentasse nessun rischio reale, in quell’ambiente lavorativo e con quelle mansioni, per la salute degli altri lavoratori.
Caterina Cocco, della segreteria Cgil regionale, intervenuta successivamente ha confermato l’impegno di tutta l’organizzazione sindacale in Sardegna: “Siamo in una condizione in cui le norme non sono attuate e gli anni della crisi non ci stanno aiutando. Come sindacato vogliamo proseguire in questo impegno anche con i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, specie nelle piccole aziende dove le norme sono diverse. Stiamo cercando di ragionare con gli altri sindacati confederali per una maggiore capillarità sul territorio per costruire una migliore rappresentanza nei posti di lavoro. È necessario riprendere a parlare di questo tema nei luoghi di lavoro, accrescere consapevolezza di lavoratori, delegati e datori di lavoro”.
Ad avvalorare la necessità di maggior informazione pubblica sul tema, interviene il Prof. Francesco Ortu, immunologo e dirigente medico, che ribadisce come “ad oggi non esista alcun reale impatto epidemiologico dell’Hiv sull’ambiente di lavoro” in quanto non esistono casi certificati di contagio se si seguono le più elementari norme di igiene e profilassi.
Il Prof. Ortu procede illustrando una breve relazione sulla situazione delle persone con hiv oggi, evidenziando come, grazie alle moderne terapie antiretrovirali, esse possano tornare appieno in forze anche dopo una diagnosi tardiva di aids e patologie ad essa correlate.
“Assistiamo ad una rapida e totale ripresa fisica che favorisce, anche in casi che sembravano estremi, la piena ripresa della vita lavorativa e delle aspettative di vita”.
A questo proposito il Prof. Ortu illustra anche altre situazioni legate ad un pregiudizio culturale diffuso anche in ambienti sanitari che non è suffragato da nessuna statistica clinica ma purtroppo rappresenta un grosso limite del nostro sistema sanitario nazionale. Nel campo di interventi terapeutici legati all’Hiv/Aids cita infatti i molti casi in cui un paziente hiv+ che sia dimissionario da una struttura clinica pubblica e abbia bisogno di un percorso terapeutico esterno, raramente viene accolto dalle strutture di riabilitazione non ospedaliere. Molte di queste strutture, seppure convenzionate con il SSN, cercano con diversi sotterfugi di sottrarsi alle loro responsabilità ed evitare il ricovero dei pazienti con hiv.
L’ultimo intervento dell’interessante discussione, viene affidato al Dr. Stefano Cecconi, responsabile delle politiche salute della CGIL nazionale che giudica quest’iniziativa innovativa e importante senza nascondere la grande difficoltà in Italia ad affrontare il tema dal punto di vista delle leggi, e anche soprattutto, sotto l’aspetto culturale.
Il Dr. Cecconi ribadisce come la CGIL si trovi in prima linea ad affrontare, in questo periodo storico particolare, numerose e ripetute violazioni dello Statuto dei Lavoratori e come ritenga importantissima qualsiasi azione a tutela dei loro diritti fondamentali. Conclude plaudendo all’iniziativa, ringraziando per esser stato coinvolto e portato a conoscenza della stessa e garantendo che una sua evoluzione di ampio respiro sarà certamente a breve oggetto di discussione all’interno degli organismi di decisionali della CGIL Nazionale. Allo scopo richiama anche l’azione di raccolta firme che proprio il Sindacato sta attualmente portando avanti a livello nazionale per la stesura della nuova “Carta dei Diritti dei Lavoratori”. E ritiene che, un argomento come quello sollevato dalla nostra campagna in Sardegna, possa rappresentare un bell’esempio di “best practice” territoriale da estendere a livello nazionale.
Giudica inoltre che siano possibili innovative iniziative congiunte di questo tipo per arrivare a coinvolgere non soltanto la base dei lavoratori iscritti al Sindacato ma anche gli organismi di rappresentanza del mondo imprenditoriale. Confindustria e Confcommercio in particolar modo, visto che tali organismi stanno dimostrando un sempre maggior interesse a temi etici di questo tipo.
La strada per la piena tutela dei diritti delle persone con hiv è ancora lunga e difficile.
HIV e lavoro, una strada lunga e difficile
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