L’approccio proibizionista e securitario continua condizionare pesantemente le politiche sulle droghe. Lo si evince dai dati del nono libro bianco sulle droghe promosso da Società della Ragione insieme a Forum Droghe, Antigone, CGIL, CNCA, Associazione Luca Coscioni e con l’adesione di A Buon Diritto, Arci, Comunità di San Benedetto al Porto, Funzione Pubblica CGIL, Gruppo Abele, ITARDD, LegaCoopSociali, LILA. Il rapporto è stato presentato lo scorso 26 giugno, in occasione della Giornata internazionale contro l’abuso di droghe e il narcotraffico, nell’ambito della campagna internazionale “Support. Don’t punish”, volta a combattere la criminalizzazione delle persone che usano sostanze illegali. Il rapporto, da quasi un decennio, si caratterizza come l’analisi indipendente più completa e approfondita sugli effetti della legislazione italiana rispetto al sistema penale, ai servizi, all’intera società.
L’impianto repressivo del Testo Unico continua ad essere, dopo 28 anni, la principale causa di detenzione o, comunque, di persecuzione giudiziaria. Nel 2017 quasi il 30% degli ingressi in carcere, ben 14.139 su 48.144, si deve a violazioni dell’articolo 73 della legge, quello che riguarda i soli reati di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Si tratta di una percentuale in rialzo dopo il trend discendente che proseguiva dal 2012/13.
Più in particolare, un’analisi sui detenuti presenti in carcere al 31 dicembre 2017 mostra come 13.836 lo fossero solo in virtù dell’articolo 73, in aumento dell’8,5%; Ad altri 4.981 erano stati contestati sia l’articolo 73 che il più grave articolo 74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope) mentre 976 erano in carcere per il solo articolo 74, un numero stabile rispetto agli anni precedenti. Dunque la quota di persone detenute per i reati più lievi previsti dalla legge fa registrare un balzo in avanti arrivando a rappresentare, a fine 2017, il 34,4% del totale: “i pesci piccoli continuano ad aumentare –è il commento degli autori del rapporto- mentre i consorzi criminali restano fuori dai radar della repressione penale”. Si conferma inoltre il carattere “criminogeno” della 309/90: le simulazioni contenute nel libro bianco mostrano infatti come, in assenza, di detenuti per art. 73. o di quelli dichiarati tossicodipendenti, non vi sarebbe il problema del sovraffollamento carcerario.
Per quanto riguarda i detenuti tossicodipendenti al 31 dicembre 2017 erano ben 14.706 su un complesso di 57.608, il 25,53% del totale: più di uno su quattro, anche questa percentuale in aumento. Il dato degli ingressi in carcere di IDU risulta ancora più drammatico: il 34% circa delle persone entrate in carcere nel 2017 aveva problemi di dipendenza, un record assoluto.
Le misure alternative al carcere, valide per tutta la popolazione carceraria, continuano a far registrare una crescita lieve ma costante. Tuttavia le misure alternative specifiche per le persone con problemi di dipendenza restano marginali: i condannati ammessi all’affidamento in prova speciale per alcooldipendenti e tossicodipendenti sono stati solo 3.146 sul totale di 14.706 detenuti con problemi di dipendenze.
In netto aumento anche le segnalazioni per l’articolo 75, relativo al possesso per uso personale, soggetto a sanzioni amministrative. Nel 2017 le segnalazioni ai prefetti sono state 38.613: il 30% in più rispetto al 2015 ed il 18% in più rispetto al 2016; Addirittura quadruplicate rispetto al 2015, le segnalazioni riguardanti i minori. In aumento anche le sanzioni irrogate: più 18,4% rispetto al 2016 ma senza che a queste corrispondano indicazione terapeutiche: solo 86 quelle associate ad un programma socio-sanitario rispetto alle 3000 di dieci anni fa. Per l’80% la repressione colpisce i consumatori di cannabinoidi, seguono, a distanza, cocaina (14,4%) eroina (4,8%) e, con percentuali irrilevanti altre sostanze. Dal 1990 le persone segnalate per possesso di sostanze per uso personale sono state 1.214.180; di queste il 72,81% per derivati della cannabis.
Sul fronte dei servizi si segnala la staticità di un modello risalente agli anni ’90 basato sul sistema SerD-comunità” , non in grado di orientarsi ai nuovi complessi stili di consumo. Alla base c’è anche la marginalizzazione della ricerca psico-sociale rispetto ad un’impostazione più “farmacocentrica”. Negli anni –denuncia il libro bianco- i servizi si sono impoveriti facendo registrare gravi carenze di personale ed una decisa penalizzazione degli interventi psico-sociali. Grande assente continua ad essere, nei servizi pubblici e quindi nei dati disponibili, la Riduzione del Danno. Quello che si conosce è frutto quasi esclusivo del lavoro delle ONG mentre ormai in molti paesi Europei rappresenta un pilastro delle politiche pubbliche. La speranza è che l’inserimento della RdD nei Lea possa rappresentare una svolta.
Le politiche sulle droghe restano dunque tutte sbilanciate sulla repressione, la criminalizzazione, la punizione con qualche preoccupazione in più per il futuro. Mentre veniva presentato il libro bianco si diffondeva infatti anche la notizia di una possibile assegnazione al ministro della Famiglia Fontana delle deleghe sulle droghe, il ministro, per capirci, contrario alle unioni civili, anti-abortista e sostenitore rispetto alle droghe di una politica fortemente proibizionista. Le reazioni dell’associazionismo non si sono fatte attendere: “La presunta scelta governativa di assegnare la delega sulle droghe al Ministro Fontana è molto preoccupante –ha dichiarato Maria Stagnitta, presidente di Forum Droghe - con il nono libro bianco abbiamo denunciato il ritorno alle repressione sulle droghe, anche dei meri consumatori, soprattutto minori. Ora il Ministro parla addirittura di lavori forzati per le persone che usano sostanze –ha proseguito Stagnitta- E’ proprio la proibizione che di fatto rende oggi il mercato delle sostanze illecite il più libero di tutti. Chi vuole continuare con il proibizionismo vuole mantenere questo status quo.”
Anche per Marco Perduca, del’Associazione Luca Coscioni : “Si dovrebbe investire in conoscenza e riabilitazione invece di continuare ad imporre, anche sulle droghe, sofferenze, discriminazione e morti –ha detto- e regalare alla malavita un giro d’affari da 14 miliardi”.
La Rete Italiana per la Riduzione del Danno si rivolge direttamente al ministro Fontana: “Segua le indicazioni della Comunità Europea e dell’Osservatorio di Lisbona. L’approccio che Lei chiama Tolleranza Zero è stata messo in discussione ormai in tutte le sedi, ONU compreso, perché produce esclusione sociale e riempie le carceri di persone che usano droghe. Se ascoltasse gli operatori delle Unità di Strada, dei Drop In, delle equipe che lavorano nei contesti del divertimento o nei servizi per il trattamenti nella logica dell’autoregolazione, di cui la nostra rete è ricca, capirebbe che da anni intervengono sul campo con risultati evidenti”.