Da Bruxelles arrivano segnali allarmanti circa un disimpegno politico ed economico dell’Europa nel contrasto dell’HIV, della Tubercolosi e delle epatiti, infezioni che continuano a minare la salute di milioni di cittadini europei e a provocare molte vittime.
A denunciarlo è stato nei giorni scorsi l'HIV/AIDS, hepatitis and Tuberculosis Civil Society Forum (CSF)*, il forum europeo della società civile di cui fa parte anche la LILA, con il documento “Civil society reaction statement”, diffuso in occasione dello European Health Forum di Gastein, dedicato all’Agenda ONU 2030 per uno sviluppo sostenibile. Il CSF, da tempo, chiede alla Commissione Europea di assumere un ruolo guida nella risposta a queste patologie, nell’Unione e in tutti i paesi dell’area europea. Anche il Parlamento Europeo nel 2017 aveva chiesto all’esecutivo di Bruxelles di intensificare le azioni contro queste infezioni, sviluppando politiche globali e integrate tra le varie regioni, vista la dimensione “internazionale” delle epidemie.
La scorsa estate è stato così pubblicato un documento dei Servizi della Commissione Europea “per il contrasto all’HIV/AIDS, alla Tubercolosi e alle epatiti virali B e C nell’Unione Europea e nei paesi confinanti”, in cui si mostra quanto l’Unione Europea sia stata determinante nel definire le misure politiche e le buone pratiche degli interventi di prevenzione, si fa il punto sui contributi stanziati, si presentano gli strumenti sviluppati nell’ambito dei progetti finanziati dall’Ue e in cui si riconosce la necessità di sforzi aggiuntivi per raggiungere gli obiettivi ONU per uno sviluppo sostenibile. La scelta del tipo di documento, il livello più basso nella scala degli atti politici che la Commissione può adottare, costituisce, tuttavia, un chiaro segnale dell’intenzione di non assumere un impegno politico più forte nel contrasto a queste patologie: “Limitando la propria azione a questo tipo di documento, che non ha alcuna valenza politica e che costituisce solo una lista delle azioni intraprese, la Commissione Europea, di fatto, ha voluto ignorare la richiesta di una leadership politica più forte nella risposta alle epidemie – si afferma nel Civil Society Reaction Statment- Riteniamo che l’Unione Europea possa e debba fare molto di più”.
Forte delusione per la debolezza del documento prodotto dalla Commissione UE è stata espressa anche da Lella Cosmaro, rappresentante delle ONG italiane al CSF: “Dopo tanti anni di incontri e di azioni di advocacy, volti a ottenere il massimo dalle istituzioni europee in termini di impegno politico –ha detto- ci si auspicava la pubblicazione di una nuova "EU Communication" sul tema, documento di tutt'altra portata. Così purtroppo non è stato, e le prospettive future sono tutt'altro che rosee”.
Nel testo si ricordano anche le dimensioni delle epidemie: tra il 2010 e il 2016, nell’ampia Regione Europea dell'OMS (che comprende l'Est Europa e l'Asia Centrale), c’è stato un incremento del 60% nel numero di nuove diagnosi di HIV. Si tratta dell’unica regione del mondo in cui questa quota continua ad aumentare. La Tubercolosi continua invece a rappresentare un quarto di tutte le morti per resistenza antimicrobica ed entro il 2050, senza adeguati interventi, potrebbe provocare la morte di ulteriori due milioni e seicentomila persone. L’epatite C infine, secondo stime OMS, interessa circa quattordici milioni di persone in tutta l’area, e almeno sei nella sola Unione Europea.
Nonostante tutto ciò, i finanziamenti UE dedicati alle azioni per il contrasto delle tre patologie sono andati progressivamente diminuendo: mentre nel primo programma sanitario dell'UE (2000-2006) la quota destinata era di 19 milioni di euro, nel secondo (2007-2013) era già scesa a 15,6 milioni per finire agli 11,6 attuali (programma sanitario 2014-2020). Tutti gli studi sociali ed epidemiologici mostrano come tubercolosi, HIV ed epatiti virali siano particolarmente rischiose per alcune popolazioni vulnerabili (migranti, sex workers, detenuti, persone che fanno uso di droghe, MSM). Invece, denuncia il CSF: “In tutta Europa le popolazioni più vulnerabili sono lasciate indietro, stigmatizzate e discriminate, mentre le risorse disponibili sono del tutto insufficienti a soddisfare le loro esigenze di salute. Affrontare la dimensione sociale di queste patologie è determinante per produrre efficaci azioni di prevenzione e per eliminarle dall’Europa entro il 2030, così come previsto dagli obiettivi ONU per uno sviluppo sostenibile (SDGs) ”. Nel 2016 –ricordano ancora gli attivisti- l’Unione Europea si era impegnata a sostenere gli Stati Membri nell’attuazione di questi obiettivi, sia integrandone le azioni, sia attraverso iniziative legislative specifiche, ma finora è mancata l’assunzione di una vera leadership politica. Una visione di lungo termine nell’attuazione degli SDGs richiederebbe una “road map” in grado di indicare tappe e strumenti precisi per l’eliminazione di queste infezioni, interventi territoriali specifici, azioni sociali e sanitarie integrate ma, soprattutto, di orientare il proprio budget verso questi fondamentali obiettivi. Al contrario, la Commissione Europea propone nel prossimo bilancio pluriennale (2021-2027) un taglio del capitolo sanità dell’8% e una diminuzione delle risorse a disposizione del Fondo sociale europeo allargato mettendo a rischio gli impegni assunti in ambito ONU sul raggiungimento degli SDGs, che tra l’altro prevedono, lo ricordiamo ancora una volta, la sconfitta di AIDS, TBC ed epatiti virali entro il 2030.
*Il Forum della Società Civile dell'UE su HIV / AIDS, tubercolosi ed epatiti virali è un organo consultivo informale istituito dalla Direzione generale Sanità della Commissione Europea. L’obiettivo è facilitare la partecipazione delle ONG e delle reti europee impegnate nel contrasto a queste patologie, allo sviluppo delle politiche europee e all'attuazione dei programmi.