Si svolge a Milano l’undicesimo congresso nazionale di ICAR, Italian Conference on AIDS and Antiviral Research, il principale appuntamento scientifico italiano sull’HIV e su altre patologie virali. Ieri, presso l’Università degli Studi di Milano, la sessione inaugurale: “Parleremo di prevenzione, di PrEP, di U=U, di medicina personalizzata, dello stato della ricerca sull’eradicazione dell’HIV, di integrazione delle competenze” ha detto la Professoressa Antonella Castagna, della Presidenza di ICAR.
Consistenti sono anche quest’anno i “numeri” del simposio: 1305 i partecipanti, di cui 155 appartenenti alle community, 48 le sessioni scientifiche, 168 i poster in mostra per illustrare l’esito di ricerche e interventi, 450 gli/le studenti coinvolti nel concorso “RaccontART”.
L’evento intessa ormai da diversi anni i ragazzi e le ragazze delle scuole superiori rendendoli protagonisti dell’informazione verso i loro coetanei attraverso l’uso di diverse forme di espressione artistica. La partecipazione è stata in costante aumento passando dalla produzione di trentatré elaborati nel 2015 ai centocinquanta di quest’anno. Tra gli eventi speciali di ICAR anche il servizio di test rapidi per HIV e HCV allestito presso gli spazi dell’Università: centosettanta i test eseguiti nella sola prima giornata, lo scorso primo giugno. Si prosegue durante i giorni del convegno fino al 7 giugno.
Dell’importanza di aver scelto un’importante Università quale sede del convegno ha parlato il Rettore dell’Ateneo milanese, il professor Elio Franzini: “Dopo il primo drammatico decennio dell’HIV nel nostro paese, ora i giovani rischiano di sottovalutare l’infezione –ha detto- per questo è importante che questo contegno si svolga qui e che si facciano i test”.
Focus sui giovani anche nell’intervento del professor Massimo Galli, Presidente SIMIT, la Società Italiana Malattie Infettive che promuove ICAR. “I ragazzi si attendono di essere informati sull’HIV dalla scuola –ha spiegato- molto meno dalla famiglia, dai propri amici o da internet. L’HIV non è un problema risolto che si possa derubricare o lasciare indietro –ha proseguito- la mancanza di informazione oltre ad alimentare l’infezione alimenta anche lo stigma verso chi ne è colpito”.
Tra gli interventi introduttivi anche quello di Sara Valmaggi, area solidarietà e cultura della Salute del Comune di Milano che ha ricordato come il capoluogo lombardo sia la prima città italiana ad aver aderito alla rete delle città “Fast-Track” delle Nazioni Unite, quelle cioè che si impegnano ad attivare tutti gli interventi necessari a debellare l’AIDS entro il 2030. Tra le iniziative la Valmaggi ha ricordato l’attivazione di un nuovo sportello per i counselling e i test rapidi sostenuto da tutte le associazioni milanesi.
Da registrare come una novità anche l’intervento della Chiesa Italiana con il saluto rivolto al Congresso dall’Arcivescovo di Milano, Monsignor Mario Delpini. “La Chiesa vuole un’alleanza con tutte le forze che sono impegnate nella lotta all’HIV, società civile, comunità scientifica, istituzioni – i cristiani sono contrari ad ogni stigma che bolli le persone riducendole ad una categoria. L’idea di un Dio che punisca le persone con malattie o flagelli è estranea al cattolicesimo” ha detto Delpino in un rovesciamento di fronte totale con l’indirizzo delle alte gerarchie ecclesiastiche italiane a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 secondo le quali l’AIDS era il flagello voluto da Dio per punire comportamenti immorali e l’omosessualità. Un segnale importante e non casuale, dunque, quello lanciato da Monsignor Delpino che ha insistito anche sulla necessità di prevenzione basata su percorsi educativi e non solo sulla mera informazione.
Una sessione della prima giornata è stata dedicata alla figura del professor Andrea De Luca, scomparso prematuramente lo scorso febbraio, ricordo che si è unito a quello della scomparsa del professor Ferdinando Aiuti e del professor Mauro Moroni, curato dal collega Adriano Lazzarin.
E’ stato infine un rappresentante delle community, Filippo von Schloesser, presidente di Nadir, a mettere il dito nella piaga sulle sfide finora disattese e che impegnano il quarto decennio dell’HIV in Italia: le infezioni non calano, l’avvio della sperimentazione della PreP è in ritardo di oltre un anno, il miglioramento della qualità e delle aspettative di vita per le persone con HIV non cresce più dal 2016 mentre stenta a farsi strada il principio U=U, ossia l’evidenza scientifica che ha dimostrato come le persone con HIV non siano infettive.