Le Associazioni della Community aderenti a ICAR 2020, Arcigay Asa, Lila, Mario Mieli, Nadir, NPS, Plus, Anlaids desiderano richiamare l’attenzione sulla situazione che attualmente stanno vivendo le persone con Hiv a seguito della pandemia da SARS-Cov2 che ha acutizzato tutta una serie di problemi già esistenti.
Va detto che questa pandemia sta colpendo molte categorie di malati cronici e portatori di patologie (oncologiche, epatiche, TB ecc) che, come nel nostro caso, hanno visto sospesi servizi e accessi alle cure talvolta essenziali; Essendo tuttavia questo un ambito dedicato all’HIV vogliamo condividere con tutt* voi le nostre preoccupazioni e richieste.
Il futuro del contenimento dell’HIV, in tutte le sue declinazioni, dalla prevenzione alla cura, alla qualità dell’assistenza territoriale vede oggi tramontare i suoi obiettivi, questo a causa della mancata di applicazione del PNAIDS, il Piano Nazionale Aids del 2017 e del suo mancato finanziamento. Questo ha lasciato in sospeso anche la questione dell’assistenza e del follow up domiciliare per le persone in HIV con poca autosufficienza (invecchiamento e comorbidità) e a maggior rischio di essere bersaglio di altre patologie.
La pandemia da COVID-19 ha inoltre evidenziato come occorrano sforzi ulteriori per evitare che le persone trattate per l’HIV siano esposte al SARS cov2 o ad altri virus nosocomiali. Occorre la creazione di percorsi d’accesso ai centri clinici sicuri e separati. Altrettanto va garantito alle persone che si recano presso i servizi che offrono il test e presso altri servizi di prevenzione, come la PrEP.
Troppi concetti e strategie che erano in sviluppo da anni sono stati tralasciati, malgrado la volontà degli stakeholders;citiamo, in particolare, TASP, PrEP e U equals U ai quali tutti abbiamo dedicato decisivi sforzi e risorse per portare il nostro paese a livello di altri paesi europei. La diffusione di questi messaggi sta, purtroppo, fallendo nonostante le società scientifiche abbiano dimostrato grandi capacità di visione e di adeguamento alle esigenze dei singoli e della comunità.
Lo stigma verso l’HIV e l’emarginazione delle PLHIV e in particolare delle persone più vulnerabili, a causa dell’età o della situazione psicologica e sociale, hanno bloccato quel processo verso il miglioramento della qualità della vita basato sull’evidenza e sulla scienza. Sono sotto gli occhi di tutti gli episodi d’intolleranza, omo e transfobia ormai riportati dalla stampa quasi quotidianamente
La pandemia da Sars-Cov2 ha naturalmente acuito tutte le criticità già esistenti. Il 4 maggio scorso come Associazioni del CTS abbiamo scritto una lettera al Ministro Speranza lanciando l’allarme sul rischio che la chiusura totale o parziale dei servizi di prevenzione, diagnosi e cura potesse incidere significativamente sulla crescita delle infezioni da Hiv e anche sul mantenimento in cura delle PLWHIV.
Raccomondazioni in tal senso, sono giunte più volte dalle principali agenzie di salute globali, come OMS, UNAIDS, nonché dal Parlamento Europeo e dalla Commissione Europea che già prevedono che le perdite di follow up, di linkage e continuum of care, di testing e prevenzione arrecheranno danni, forse irreversibili, alle persone con HIV generando problemi sociali ed economici. Le stesse agenzie segnalano un passo indietro rispetto al target 90-90-90 e paventano il forte rischio di un fallimento degli obiettivi ONU SDG del 2030.
Iniziamo a essere stanchi di sentirci dire che va tutto bene, che tutto sta riprendendo normalmente quando sappiamo che non è così, purtroppo in moltissimi centri i problemi c’erano già ben prima del coronavirus e la pandemia non ha fatto altro che peggiorare la situazione.
Sentiamo parlare dell’adozione di strumenti quali la telemedicina, che potrebbero essere indubbiamente validi nel ridurre l’accesso agli ospedali, soprattutto in questo periodo di emergenza COVID; Tuttavia, sarà necessario stabilire delle linee guida insieme alle associazioni di pazienti, per evitare che nella pratica questi nuovi strumenti si rivelino un modo per semplificare in negativo la relazione medico-paziente e allentare il monitoraggio di tutte le situazioni critiche come comorbidità, invecchiamento, popolazioni più fragili.
Assistiamo all’abnegazione di molti medici che pagano con la propria salute le incapacità delle istituzioni. Questa situazione non può e non deve continuare; occorre un’immediata ripresa delle condizioni minime per lo standard of care delle persone portatrici di patologia.Noi, che siamo qui a rappresentare le istanze delle persone con HIV non possiamo non richiamare tutti al dovere di pensare ed applicare proposte concrete per la ripresa dell’assistenza e della prevenzione.
Abbiamo chiesto già dallo scorso giugno sia al Ministero sia a SIMIT, la Società Scientifica di riferimento, di collaborare alla stesura di nuovi programmi per la ripresa dei migliori standard di cura e assistenza, che oggi ci sono negati, anche per introdurre criteri innovativi necessari alla sostenibilità del sistema.
Lettera morta si sono rivelate, fino ad ora, le dichiarazioni d’impegno del Ministro Speranza per un adeguamento della legge 135 del 90. Unica iniziativa giunta sui tavoli istituzionali è stata una proposta di riforma depositata in Parlamento, per noi assolutamente irricevibile.
Per noi Associazioni, è urgente definire insieme a SIMIT il road plan che deve portarci a definire linee guida basate su concetti universali di prevenzione, terapia personalizzata, assistenza, non piegate alle esigenze di risparmio o alle esigue disponibilità economiche delle amministrazioni regionali o dei singoli centri ospedalieri.
Ragioniamo insieme sul futuro della lotta all’Aids nel nostro paese. Alle associazioni devono essere riconosciute ruoli e risorse adeguate in quanto rappresentanti delle istanze delle PLWHIV, laboratori di strategie scientifiche e sociali e fornitori di servizi di alta qualità. Siamo una risorsa fondamentale del sistema socio-sanitario, finora utilizzata gratuitamente.