L’annuncio dell’amministrazione Usa guidata da Joe Biden, favorevole alla sospensione dei brevetti sui vaccini anti – COVID, ha aperto una breccia importantissima nel muro opposto finora dai paesi più ricchi del WTO.
La coraggiosa presa di posizione americana, giunta tramite Katherin Tai, la rappresentate statunitense presso il WTO, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, è stata annunciata in concomitanza con il Consiglio generale del WTO chiamato lo scorso 5 maggio a discutere, ancora una volta, della richiesta di moratoria avanzata da Sudafrica e India, paese sconvolto in queste settimane dall’emergenza COVID. A favore della richiesta, che comprende tutte le tecnologie sanitarie anti-COVID, sono schierati gran parte dei paesi del WTO, oltre cento, cui ora si aggiungerebbe un peso massimo come, appunto, gli Stati Uniti. Favorevoli alla moratoria sono anche importantissime agenzie internazionali come UNAIDS, UNITAID, la “Commissione Africana per i Diritti Umani” e, soprattutto, l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Proprio il Direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom, ha salutato con entusiasmo la svolta americana definendola “un evento monumentale nella lotta contro il Covid-19”. Sensibile alla necessità di soluzioni che amplino rapidamente l’accesso mondiale ai vaccini, è la stessa Direttrice Generale del WTO, Ngozi Okonjo-Iweala, che, in occasione dell’ultimo vertice, ha dichiarato: "Abbiamo bisogno di incrementare la capacità di produzione perché "l'80% per cento della produzione di vaccini è concentrata in dieci Paesi in Nord America, Asia meridionale ed Europa. Il recente pronunciamento degli Usa sulla questione dei brevetti darà una spinta al negoziato tra i membri del WTO". Strada spianata per la moratoria dunque? Non proprio, come ha spiegato il Comitato italiano "Per il diritto alla cura –nessun profitto sulla pandemia”. Il vertice WTO si è concluso senza un accordo ma con l’impegno ad avviare una trattativa sulla sospensione che si preannuncia lunga e difficile. Oltre che dai grandi produttori, le maggiori resistenze a una liberalizzazione delle licenze sui vaccini arrivano, soprattutto, da Svizzera e Unione Europea, i cui membri, reagiscono, peraltro, in ordine sparso evidenziando non poche divisioni. Capofila di chi si oppone alla moratoria è la Germania, paese cui fa capo la consorella di Pfizer, Biontech, nella produzione del Comirnaty “Il problema non è la liberalizzazione dei vaccini ma la capacità di produrli” ha detto la cancelliera Angela Merkel. Posizione analoga è stata espressa dal Presidente francese Macron. Più apertamente favorevoli sono Irlanda e Belgio. Cauta, ma possibilista, la posizione Italiana. Il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha reagito all’apertura americana affermando: “I vaccini sono un bene comune globale. È prioritario aumentare la loro produzione, garantendone la sicurezza, e abbattere gli ostacoli che limitano le campagne vaccinali". Proprio a Draghi si era rivolta nelle scorse settimane la società civile italiana. Le oltre cento organizzazioni aderenti alla campagna: “Diritto alla cura nessun profitto sulla Pandemia” ,avevano chiesto con un appello al Premier che l’Italia sostenesse la moratoria evitando di rendersi complice di una catastrofe umanitaria. Draghi si è però espresso solo ora, dopo l’annuncio americano. Aperture anche anche dai Ministri della Salute e degli Esteri Roberto Speranza e Luigi Di Maio. “La svolta di Biden sul libero accesso per tutti ai brevetti sui vaccini è un importante passo in avanti –ha detto Speranza- Anche l’Europa deve fare la sua parte. Questa pandemia ci ha insegnato che si vince solo insieme”. Secondo Di Maio: “Serve un libero accesso ai brevetti sui vaccini anti COVID. E’ una corsa contro il tempo e c’è bisogno della collaborazione di tutti per evitare di essere travolti dalle varianti del virus. Ogni Stato deve avere le stesse opportunità ed è fondamentale, davanti a questa emergenza, liberalizzare la produzione”.
In Parlamento oltre a Sinistra Italiana e Leu, anche il Movimento Cinquestelle è schierato nettamente a favore della moratoria. Lo scorso marzo una mozione dei pentastellati favorevoli a una sospensione temporanea dei brevetti è stata approvata dalla Camera mentre l’ex ministra della salute Giulia Grillo ha presentato una proposta di legge per disciplinare il tema delle licenze obbligatorie. In sede di Parlamento europeo, inoltre, i parlamentari del Pd hanno votato, in dissenso dal gruppo dei socialisti europei, a favore di emendamenti che sostenevano la moratoria.
A spingere per una svolta restano, però, soprattutto, la società civile di tutto il mondo, le organizzazioni sindacali, parte della comunità scientifica, molte realtà e personalità religiose, a partire da Papa Francesco. In Europa a sostenere la campagna “No profit on Pandemic” –un milione di firme per costringere l’a commissione a mettere mano a normative che limitino il diritto di brevetto-, sono oltre 400 organizzazioni. 170 ex capi di governo, intellettuali e premi Nobel, hanno esortato il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, a sostenere la moratoria e altrettanto hanno fatto 243 ONG di tutto il mondo in una lettera aperta alla Direttrice del WTO Ngozi Okonjo. Un appello a una decisiva inversione di rotta, affinché si faccia dei vaccini un bene comune globale, è stato lanciato ai grandi della terra anche da centocinquanta leader religiosi di tutto il mondo. Tra loro il cardinale Peter Turkson, prefetto del dicastero vaticano per lo Sviluppo Umano Integrale, Rowan Williams, già arcivescovo di Canterbury, Thabo Makgoba, arcivescovo anglicano di Città del Capo e i francescani di Assisi.
Forte anche il sostegno dell’opinione pubblica: secondo un sondaggio pubblicato dalla People’s Vaccine Alliance, alleanza internazionale di organizzazioni umanitarie di cui fanno parte Oxfam ed Emergency, la stragrande maggioranza dei cittadini/e nei paesi del G7, circa sette su dieci, chiede che i colossi farmaceutici rinuncino temporaneamente ai diritti di proprietà intellettuale sui vaccini anti - COVID, a fronte di adeguati compensi. In Italia la percentuale di chi è favorevole ad una moratoria è stata la più alta: ben l’82%.
“Del resto - ricordano Oxfam ed Emergency- la stima è che al livello globale la ricerca e lo sviluppo dei vaccini sia stata finanziata con circa ottantotto miliardi dal settore pubblico”. Lo sviluppo di nuove varianti, ricorda ancora l’alleanza, rischia di rendere inefficaci gli attuali vaccini entro il prossimo anno, se non si penserà seriamente all’immunizzazione nei paesi poveri. Allo stato attuale solo una persona su dieci potrà vaccinarsi entro il 2021 nei Paesi poveri, due terzi dell'umanità resteranno in balìa del virus e delle sue varianti, che potranno ripresentarsi anche in Europa.
E’ più importante che mai rafforzare gli sforzi per un cambio di rotta, a partire dal sostegno all’ICE che potete firmare qui: non uno semplice petizione ma uno strumento di democrazia partecipativa che potrebbe davvero produrre risultati concreti.