Lo scorso agosto 2022 si è conclusa la campagna di raccolta firme europea “Right to cure- No Profit on Pandemic- Diritto alla cura – Nessun profitto sulla pandemia” a favore di una moratoria globale di tre anni sui diritti di brevetto farmaceutici, relativi a farmaci e vaccini anti-COVID.
Una sospensione dei diritti di brevetto, fino al termine della pandemia, avrebbe consentito ai paesi più poveri la produzione di farmaci e vaccini anti-COVID generici a costi molto più bassi di quelli praticati dalle multinazionali del farmaco e secondo le quantità necessarie alle esigenze delle proprie popolazioni. Promossa da India e Sudafrica e sostenuta da quasi tutti i paesi del mondo, la proposta è stata ripetutamente respinta in sede di WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) per l’opposizione di Gran Bretagna e alcuni paesi Ue, tra cui l’Italia, che hanno preferito continuare a difendere gli interessi delle multinazionali del farmaco.
La vasta rete di associazioni, sindacati, forze politiche, organizzazioni religiose, che, in tutta Europa si è mobilitata a favore della moratoria, aveva scelto, per questo, di far ricorso all’ICE, Iniziativa dei Cittadini e delle Cittadine europee, uno strumento istituzionale che, tramite la raccolta di almeno un milione di firme in tutti i paesi dell’Unione, avrebbe potuto imporre alla Commissione Europea di deliberare azioni favorevoli alla moratoria. Purtroppo, questo grande strumento di partecipazione democratica non ha raggiunto i target previsti ma ha comunque dato forza e visibilità a questa battaglia di civiltà e di rispetto dei diritti umani.
In Italia la mobilitazione è stata particolarmente intensa grazie all’appoggio di una rete vastissima di realtà, cui aderiva anche la LILA: “Da soli, abbiamo raccolto quasi un quarto di tutte le firme raccolte complessivamente nell’Unione, superando di molto il target previsto per l’Italia” spiega Vittorio Agnoletto, portavoce della campagna Europa “Right to cure”. Oltre alla raccolta delle firme, la rete italiana è riuscita a organizzare iniziative ed eventi a riunire sensibilità e competenze diverse: “Nonostante il sistematico silenzio dei media main stream e di un mondo politico troppo vicino agli interessi delle multinazionali del farmaco –dice ancora Agnoletto- siamo riusciti ad avere al nostro fianco tante personalità del mondo scientifico, della cultura e dello spettacolo. Questo –prosegue- ha fatto sì che il tema dell’accesso universale alle cure uscisse dalla cerchia degli addetti ai lavori e tornasse al centro del dibattito pubblico”.
La forza della rete europea che ha condotto la campagna, con l’adesione di centinaia di realtà e migliaia di personalità, ha prodotto i suoi risultati anche a Bruxelles. Il Parlamento Europeo ha, infatti, finanziato uno studio per valutare la possibilità di realizzare un’azienda pubblica europea del farmaco a dimensione continentale: “Secondo i primi esiti -ci anticipa Vittorio Agnoletto- per realizzare tale progetto sarebbe sufficiente investire le stesse risorse economiche che vengo destinate ogni anno all’Agenzia Spaziale Europea. L’obiettivo –prosegue- è sottrarre a Big Pharma il monopolio della nostra salute. Era una delle nostre proposte ed è la nuova sfida che abbiamo di fronte”.
La battaglia per la moratoria ha avuto un peso non indifferente durante la campagna per le ultime presidenziali USA, tanto che, una volta eletto, il Presidente Biden ha rovesciato la posizione del paese, schierando gli USA a favore della sospensione dei diritti di brevetto. Il leader della sinistra dei democratici USA, l’81enne Bernie Sanders, il cui elettorato è stato determinante per la vittoria di Biden è oggi Presidente della commissione Sanità e Lavoro del Senato americano e si sta battendo per contrastare gli stratosferici interessi delle case farmaceutiche, ottenuti spesso, a danno dei cittadini. In particolare Sanders sta mettendo sotto inchiesta l’aumento indiscriminato del costo farmaci salva vita come l’insulina. Sotto la minaccia di un’azione giudiziaria, Sanders, ha inoltre ottenuto che l’amministratore delegato di Moderna, Stephane Bancel -patrimonio personale da cinque miliardi di dollari- testimoni davanti al Senato sul perché abbia quadruplicato i prezzi del vaccino anti-COVID, nonostante ricerca e sviluppo siano stati abbondantemente finanziati dallo Stato federale e pagati con soldi dei contribuenti USA.