“Ti devo dire una cosa: sono sieropositiva…": chissà da quanto tempo Elena Di Cioccio avrebbe voluto dircela questa cosa o forse non così da tanto; però è bello che l’abbia fatto, perché l’umanità, l’intelligenza e il garbo con cui ha raccontato alle Iene il suo percorso di persona con HIV hanno un valore grande, per lei e per tutte le persone che, ancora adesso, devono sopportare solitudine, stigma e pregiudizi a causa della loro condizione sierologica.
Nell'intensa trasmissione dello scorso 28 marzo, condotta dall’amico e collega Riccardo Festinese, Elena Di Cioccio, quarantotto anni, ex Iena, conduttrice Tv, attrice, ha raccontato del lungo, difficile, doloroso percorso durato ventuno anni: dalla comunicazione della diagnosi alla libertà di oggi, persona non più infettiva. “Ho saputo di aver contratto l'HIV nel 2002 e sono andata in mille pezzi, è stato come se mi avessero comunicato di avere una data di scadenza- ha detto- venivamo dagli anni dell’alone viola, di immagini di scheletri sofferenti che morivano nei letti, l'AIDS era il male assoluto”. Poi sono arrivati i farmaci per il controllo dell’HIV; all’inizio tante pasticche al giorno, effetti collaterali pesantissimi: “ma si poteva avere una vita” racconta, fino al grande traguardo di questi anni, un traguardo che, per dirla con Elena, vuole dire salute, farmaci tollerabili e, soprattutto, una ritrovata libertà: “una sola pillola al giorno, carica virale azzerata e non trasmissibilità del virus”. È la rivoluzione di U=U, Undetectable equals Untrasmittable, dimostrata da studi scientifici inoppugnabili e definitivi: le persone con HIV che assumono regolarmente gli antiretrovirali, pur non guarendo dall’infezione, non trasmettono il virus nemmeno in caso di rapporti sessuali non protetti dal profilattico e questo grazie alla soppressione della propria carica virale.
Il racconto di Elena, al centro anche di “Cattivo sangue”, un suo libro, in uscita il 4 aprile con Vallardi, non riguarda però, solo il ritrovato stato di salute perché l’HIV non è stato mai stato considerato un’infezione o uno stato clinico al pari di altri: “Dire di avere l’HIV ha voluto dire, ed è ancora così, mettersi nella condizione di essere giudicati –racconta l’attrice- se hai l’HIV, per gli altri hai fatto qualcosa di male” E così questi ventuno anni per Elena sono stati, come per gran parte delle persone con HIV, anche anni di solitudine, dolore, di pregiudizi subiti, di stigma e senso di colpa, di paura di poter nuocere ad altri, fino a vivere una vita sdoppiata pur di non far trapelare nulla: “in frigorifero nascondevo le scatole dei farmaci dietro l’insalata, ero terrorizzata che qualcuno, aprendo il frigorifero, le vedesse“.
Del resto, ancora oggi, in Italia, rivelare il proprio stato di persona con HIV può comportare la perdita del lavoro della socialità, degli affetti. “Sono ancora troppe le persone che si rivolgono a noi per denunciare discriminazioni nel lavoro, a scuola, nei luoghi di svago e d’incontro, nello sport e, anche, nella sanità -dice Giusi Giupponi, Presidente nazionale LILA- per questo decisioni come quelle di Elena sono preziose e importanti”. Ricordando come la decisione di non rivelare il proprio stato sia pienamente legittima e tutelata dalla legge 135 del 1990, la storia di Elena e le informazioni diffuse durante l’intero servizio delle Iene, potranno aiutare molte altre persone a uscire dall’isolamento e dalla paura: "Aver fatto capire con umanità e chiarezza -dice ancora Giupponi- che oggi le persone con HIV che si curano non trasmettono il virus, è un potente messaggio contro lo stigma”. In questi anni Elena, sia pure senza rivelare pubblicamente il proprio stato, non ha voluto far mancare il proprio apporto alla battaglia per i diritti delle persone con HIV. Per tre anni, dal 2012 al 2014 è stata testimonial, gratuitamente, delle campagne di raccolta fondi della LILA. “Un gesto di partecipazione che non dimentichiamo e che ha svolto con tanta passione –ricorda Giusi Giupponi- scegliendo fin da allora di mettere la sua popolarità al servizio di chi ha meno possibilità di difendersi da stigma e ingiustizie. Grazie Elena, per allora e per oggi”.