“La traversata nel Deserto” per le politiche sulle droghe in Italia è tutt’altro che finita e, anzi, alla luce delle annunciate intenzioni del governo Meloni, rischia di farsi ancora più dura. È quanto denunciano l’associazionismo e le comunità d’accoglienza che si riconoscono nella campagna internazionale “Educare non punire”, promotori dell’annuale “Libro bianco sulle droghe”, accurata analisi degli effetti sociali, sanitari, giudiziari della legge 309/90.
Si tratta di: Società della Ragione, Forum droghe, Antigone, CNCA, CGIL, Associazione Luca Coscioni, Arci, LILA e Legacoop Sociali con l’adesione di: A Buon Diritto, Comunità di San Benedetto al Porto, Funzione Pubblica CGIL, Gruppo Abele, ITARDD e ITANPUD.
Dallo scorso 26 giugno, Giornata Mondiale sulle droghe, la divaricazione è apparsa in tutta la sua gravità. Mentre alla Camera dei Deputati le associazioni e i parlamentari che le affiancano (tra questi Riccardo Magi, Antonella Soldo, Angelo Bonelli) presentavano il loro rapporto, intitolato appunto “La Traversata nel deserto”, il governo convocava un incontro “Contro la droga e contro la legalizzazione della Cannabis”. Evidente il contrasto con lo slogan scelto per quest’anno dalle Nazioni Unite: “Prima le persone. Fermare stigma e discriminazione, rafforzare la prevenzione” ma, anche, con gli stessi obiettivi della Giornata Internazionale che non è “contro le droghe”, come rilanciato anche da molti media ma: “Contro l’abuso e il traffico illecito delle droghe”. L’evento era, perlopiù, chiuso alla stampa e senza alcun invito ad associazioni e forze di opposizione ma con la presenza di esponenti dell’ultraconservatorismo USA, cuore propulsore, per oltre trent’anni, della “War on drug” e dove ora è in atto, invece, un profondo ripensamento sul proibizionismo. Molti sono, infatti, gli Stati americani che hanno già liberalizzato o che stanno per liberalizzare la cannabis, come già accaduto in diversi paesi tra cui Canada, Paraguay, Germania. Obiettivo dell’evento organizzato dal governo era, dunque, ribadire una linea di duro proibizionismo, incurante delle evidenze scientifiche e del diritto alla salute, sordo alle esperienze nazionali e internazionali di successo che rendono sempre più evidente il fallimento della “War on drug”. Lo scontro tra il capogruppo di +Europa, Riccardo Magi e la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ha reso evidenti tutte le criticità di un approccio al tema puramente ideologico e drammaticamente repressivo.
Lo scorso 6 luglio, 15 associazioni, in gran parte le stesse che promuovono e aderiscono al libro bianco, hanno deciso così di inviare un preoccupato e deciso appello ai/alle Parlamentari: “il 26 giugno, in occasione della giornata mondiale sulle droghe –vi si legge- la Presidente del Consiglio ha fatto alcune dichiarazioni che hanno destato particolare scalpore e sconcerto in quella parte, molto ampia, del mondo delle organizzazioni delle Comunità di Accoglienza e della società civile, che il Governo in carica non ritiene di individuare quale interlocutore per la valutazione delle politiche sulle droghe”.
Obiettivi della lettera aperta sono un chiarimento pubblico sul tema droghe e la riapertura del dibattito parlamentare sull’efficacia delle politiche fin qui adottate, alla luce di dati ed evidenze scientifiche che superino le posizioni ideologiche. Le associazioni ricordano inoltre come l’attuale legislazione italiana sia una delle più repressive d’Europa, voluta, peraltro, da governi di destra o centrodestra: “Ci è sembrato quantomeno paradossale, in particolare, che la Presidente del Consiglio abbia criticato come “lassiste” le politiche italiane sulle droghe sancite dal DPR n. 309/90 –prosegue il documento- essendo queste, centrate sul modello della guerra alla droga, la “war on drug” che è alla base dell’orientamento politico sul tema del Governo in carica”.
A riprova, l’appello riporta i numeri, incontrovertibili sui cui si basa il “Libro Bianco”, dati ufficiali che evidenziano come “le nostre carceri trabocchino di persone che usano droghe per effetto di questa legge proibizionista”. In particolare: al 31 dicembre 2022, sui 56.196 detenuti presenti in carcere ben 12.147 lo erano a causa del solo art. 73 della legge sulle droghe che riguarda la detenzione e il piccolo spaccio. Altri 6.126 erano detenuti/e per l’articolo 73 in associazione con l’art. 74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope), e solo 1.010 esclusivamente per l’art. 74, cioè i veri spacciatori. Si tratta del 34,3% del totale delle persone detenute, il doppio della media europea (18%) e molto di più di quella mondiale (22%). Ancora più preoccupante è il dato degli ingressi nelle carceri, durante il 2022, delle persone che usano droghe, qualificati come “tossicodipendenti”: il 40,7% cioè 16.845, il 30% del totale dei detenuti a fine 2022. Si tratta di un record rispetto a tutti gli anni precedenti.
Altrettanto catastrofici, sul piano dei diritti umani, sono i dati relativi all’art 75 della stessa legge per effetto del quale vi sono state oltre 30.000 segnalazioni l’anno solo nell’ultimo triennio, il 38% delle quali risolte con sanzioni amministrative, estremamente afflittive, anche senza aver messo in atto comportamenti pericolosi: ritiro della patente, del passaporto, del porto d’armi o del permesso di soggiorno turistico. I provvedimenti sanzionatori-repressivi riguardano prevalentemente la cannabis (75,4%), seguita dalla cocaina (18,1%) e dall’eroina (4,2%). Gli effetti sulla vita di persone che subiscono tali sanzioni sono drammatici perché ne ostacolano, per anni, la ricerca di lavoro, la mobilità, la possibilità di spostarsi o viaggiare. Il dato è tanto più allarmante se si considera che le persone minorenni segnalate per consumo di droghe sono aumentate del 33%, effetto di una maggiore repressione verso la popolazione giovanile. Quasi tutti i minorenni segnalati (il 97%), hanno ricevuto la segnalazione per consumo di cannabis.
Dal 1990 oltre un milione di persone sono state segnalate per possesso di derivati della cannabis e ne hanno subito, dunque le pesantissime conseguenze: “A quale di questi effetti –si chiedono i promotori dell’appello- si riferiva nelle sue dichiarazioni la Presidente del Consiglio? È lassismo essere sbattuti in carcere? È lassismo la deprivazione di alcune libertà per effetto delle sanzioni amministrative? Dopo oltre trent’anni di guerra alla droga, ma, di fatto, alle persone che la usano, l’offerta di droghe da parte dei mercati illegali è sensibilmente aumentata e i consumi di droghe si sono fortemente differenziati, amplificando i rischi e i danni. E non certo perché la nostra normativa è tollerante ma perché, al contrario, è centrata sul sistema penale e sul modello proibizionistico, che hanno clamorosamente fallito gli obiettivi che si erano proposti, creando, nello stesso tempo, danni alle persone che usano droghe, diffondendo pregiudizi e stigma, alimentando la conflittualità tra giovani e adulti. Altro che lassismo, siamo in pieno proibizionismo!”
L’impatto di una legge così punitiva è pesantissimo anche sul sistema giudiziario e sull’attività delle forze dell’ordine. I dati sui processi per droga (fermi al 2021 per l’assurdo rifiuto del Dipartimento politiche antidroga di fornire dati aggiornati) ci dicono che le persone coinvolte in un solo anno in procedimenti penali sono stati 186.517 per l’articolo 73 e 45mila per l’articolo 74. Sette procedimenti su dieci si sono conclusi con una condanna.
Il sovraffollamento delle nostre carceri è conseguenza diretta di questo sistema, tanto che anche il Comitato per i diritti economici e sociali dell’ONU “esprime preoccupazione per l’approccio punitivo al consumo di droghe e per l’insufficiente disponibilità di programmi di Riduzione del danno” nel nostro Paese.
Fermo il no delle associazioni e delle comunità d’accoglienza, inoltre, all’ipotesi avanzata dal Sottosegretario alla Giustizia Del Mastro di decongestionare le carceri “deportando” le persone detenute che usano droghe in Comunità chiuse, sul modello istituzione totale di S. Patrignano: “In primo luogo –si spiega- perché concepiamo le misure alternative come una reale alternativa al carcere e non una sostituzione e ampliamento del sistema detentivo, come accade già oggi. Nel Libro Bianco abbiamo indicato una linea e una logica possibile, in una prospettiva opposta di decarcerizzazione e progressiva depenalizzazione”. Da segnalare come, in occasione della presentazione del libro bianco, il CNCA, Coordinamento Nazionale Comunità d’Accoglienza, si sia dichiarato pronto alla disobbedienza civile.
L’appello segnala inoltre forte allarme anche per altre iniziative legislativa annunciate da governo e maggioranza: l’innalzamento delle pene per fatti di lieve entità e l’inasprimento delle sanzioni per chi risulta positivo a droghe e alcool in occasione di controlli stradali. Premesso che “i test individuati –segnala l’appello- non documentano l’assunzione nella giornata di sostanze psicoattive, non provano cioè lo stato di alterazione al momento della guida, si tratta di un’iniziativa evidentemente ideologica che mira a stigmatizzare le persone che usano droghe e i giovani”.
Le cause di gran lunga più elevate di incidenti stradali sono, difatti, guida distratta (principalmente per il cellulare), mancato rispetto della precedenza e velocità elevata: “Dunque perché -si domandano i promotori- non introdurre dispositivi di limitazione della velocità nelle auto? Oppure di spegnimento automatico dei telefonini? Come mai l’inasprimento delle sanzioni e di gran lunga più elevato e grave per alcol e droghe che hanno percentuali più basse? Su questa iniziativa, tesa solo alla criminalizzazione di giovani e persone che usano droghe, noi prenderemo tutte le iniziative necessarie a ostacolare questa operazione e chiediamo ai gruppi parlamentari di intervenire per bloccare l’iter legislativo”.
Le conclusioni dell’appello ai parlamentari ribadiscono ragioni e orientamenti maturati in decenni di interventi sul campo, di elaborazione di nuove pratiche, di evoluzione scientifica e di approccio radicalmente opposto a quello repressivo: educazione, supporto, consumo consapevole, informazione, riduzione dei rischi e dei danni: “Noi riteniamo –si afferma- in linea con le recenti affermazioni delle organizzazioni dell’ONU, che alle persone che usano droghe vadano garantiti diritto alla salute e diritti civili, come a tutti i cittadini e che, quando ne hanno bisogno, debbano essere curate e non incarcerate. È questo il senso della nostra prospettiva politica, governare e regolare il fenomeno sociale, reprimere efficacemente il mercato illegale e tutelare le persone: educare, non punire”.
Ai gruppi parlamentari la richiesta di agire in base a informazioni corrette, fondate sui dati degli effetti delle politiche sulle droghe in Italia al fine di fornire ai cittadini e ai media il quadro oggettivo della realtà, “Nello stesso tempo –è la conclusione- chiediamo ai Gruppi parlamentari di promuovere una discussione sugli effetti delle politiche sulle droghe da oltre trent’anni vigenti in Italia e di discutere sulle alternative anche sulla base dei dati della Relazione al Parlamento quando verrà pubblicata. Vi sono diverse proposte di legge, elaborate anche dalla nostra rete della società civile, dalla lieve entità fino alla depenalizzazione e decriminalizzazione di tutte le condotte legate all’uso di droghe e alla regolazione legale della cannabis. Come rete delle organizzazioni della società civile promuoveremo incontri con i parlamentari sensibili alle tematiche esposte e disponibili a intraprendere tutte le iniziative possibili volte a contrastare un ulteriore peggioramento del modello della guerra alla droga e a promuovere un cambio delle politiche sulle droghe”.
“Promuoviamo con convinzione l’appello ai Parlamentari e alle Parlamentari – dice la Presidente della LILA, Giusi Giupponi- Ben sappiamo come la prevenzione, la riduzione del danno e dei rischi, la consapevolezza delle persone siano l’unica strada per salvaguardare salute, diritti e sicurezza sociale. Ricordiamo –prosegue Giupponi- come anche UNAIDS indichi nello stigma e nella criminalizzazione di alcune popolazioni-chiave, e tra queste i consumatori di droghe, uno dei principali motivi della diffusione di molte infezioni dall’HIV, alle epatiti, ad altre Infezioni sessualmente trasmissibili. La repressione del consumo di droghe è, sotto ogni aspetto, nemica della salute pubblica e dei diritti umani”.
L’appello, firmato da Forum Droghe, Antigone, CNCA, A Buon Dirittto, LILA, ITARDD, Comunità di San Benedetto al Porto, Associazione Luca Coscioni, La Società della Ragione ITANPUD, Isola di Arran, CGIL, LegacoopSociali, ARCI, Meglio Legale è disponibile a questo link.