Lo scorso 7 aprile si sono celebrate la Giornata Mondiale della Salute e quella Europea contro la commercializzazione della Salute, eventi che in Italia coincidono con un forte allarme per lo stato di grave criticità in cui versa il Servizio Sanitario Nazionale, in tutte le sue articolazioni.
Il sottofinanziamento della spesa sanitaria, la mancata programmazione rispetto alle esigenze della popolazione, la scarsità e la svalorizzazione del personale medico e infermieristico, l’appalto di cruciali servizi alla sanità privata da parte delle regioni sono alcune delle piaghe che stanno soffocando quello che era uno dei servizi sanitari più efficienti, inclusivi e apprezzati al mondo. A rilanciare il dibattito è stato, nei giorni scorsi, l’appello firmato da quattordici grandi personalità della scienza e della ricerca in difesa del Servizio Sanitario Pubblico, in cui si richiede un finanziamento straordinario per salvarne le prerogative. Tra i firmatari il premio Nobel Giorgio Parisi, e luminari come Ottavio Davini, Enrico Alleva, Luca De Fiore, Paola Di Giulio, Nerina Dirindin, Silvio Garattini, Franco Locatelli, Francesco Longo, Lucio Luzzatto, Alberto Mantovani, Carlo Patrono, Francesco Perrone, Paolo Vineis.
Inevitabile, primo, interlocutore è il Governo, accusato da società civile e opposizioni e anche dalle regioni di aver tagliato la spesa sanitaria per i prossimi tre anni, portandola, in rapporto al PIL (Prodotto Interno Lordo, ossia l'indice della ricchezza del paese) sotto i livelli di quindici anni fa: al 6,4% contro il 7,1% del 2008 e al picco del 2020 (dovuto in parte al COVID) quando raggiunse il 7,4% sul PIL. La spesa diminuisce però non solo in rapporto al PIL ma anche in termini assoluti: 136 sono i miliardi stanziati per la sanità nel 2024 mentre nel 2008 furono 147. L’Italia, con questi numeri, si colloca sotto la media europea, pari al 7,1%, e perfino al di sotto di quella degli Stati Uniti, dove, pur non essendoci un welfare degno di questo nome, la spesa sanitaria pubblica è al 7,6%. A partire dal prossimo anno il rapporto è destinato a scendere ulteriormente senza interventi adeguati.
L’appello degli scienziati richiede per questo un piano straordinario di finanziamenti che porti la spesa sanitaria almeno all’8% del PIL, in linea con i paesi più evoluti come Francia e Germania e una migliore valorizzazione, programmazione e organizzazione delle risorse finanziarie, professionali e medico-scientifiche.
“Dal 1978, data della sua fondazione, al 2019, il SSN in Italia ha contribuito a produrre il più marcato incremento dell’aspettativa di vita, da 73,8 a 83,6 anni, tra i Paesi ad alto reddito –si legge nell’incipit del documento- ma oggi i dati dimostrano che il sistema è in crisi: arretramento di alcuni indicatori di salute, difficoltà crescente di accesso ai percorsi di diagnosi e cura, aumento delle diseguaglianze regionali e sociali (…) Questo accade perché i costi dell’evoluzione tecnologica, i radicali mutamenti epidemiologici e demografici e le difficoltà della finanza pubblica, hanno reso fortemente sottofinanziato il SSN, al quale nel 2025 sarà destinato il 6,2% del Pil (meno di vent’anni fa)”.
I firmatari, dunque, avvertono: “Progredire su questa china, oltre a essere contrario al dettato costituzionale (Art. 32), potrebbe portarci verso il modello USA, che è chiaramente il più oneroso (spesa media più che tripla rispetto all’Italia) e meno efficace (aspettativa di vita inferiore di sei anni). Noi crediamo che i cittadini non vogliano scegliere questo scenario”.
Di qui la richiesta di “un piano straordinario di finanziamento del SSN e di specifiche risorse devono essere destinate a rimuovere gli squilibri territoriali, come previsto dall’articolo 119 della Costituzione”.
Vengono quindi individuate una serie di emergenze e criticità, tra queste quella relativa alle obsolete e inadeguate strutture sanitarie: “Parte delle nuove risorse dovrebbero essere impiegate per intervenire in profondità sull’edilizia sanitaria -indicano gli scienziati- in un Paese dove due ospedali su tre hanno più di 50 anni, e uno su tre è stato costruito prima del 1940, quando la medicina era letteralmente un’altra cosa. La grande maggioranza degli ospedali risulta gravemente obsoleta, sia sotto il profilo della sicurezza (sismica, antincendio) sia per le esigenze cliniche e organizzative della medicina moderna”.
Altra drammatica emergenza è rappresentata dalle pessime condizioni di lavoro del personale e dalla scarsità delle figure professionali sanitarie; la conseguenza è che alcune aree d’intervento rischiano il collasso, a partire dai pronto soccorso e dalla medicina d'urgenza. Impossibile, in questa quadro, ogni ipotesi di rafforzamento della continuità assistenziale: “Da decenni si parla di continuità assistenziale (ospedale-territorio-domicilio e viceversa) ma i progressi in questa direzione sono stati limitati. Oggi il problema non è più procrastinabile. Tra 25 anni quasi due italiani su cinque avranno più di 65 anni, molti dei quali affetti da almeno una patologia cronica”.
Inaffidabili sono inoltre, secondo i promotori, gli stessi dati su cui basare analisi, modelli e programmazione, complice la frammentazione del sistema sanitario tra ventuno regioni o province autonome con procedure, sistemi informatici e livelli di efficienza tra loro completamente difformi: “Un grande sforzo deve essere fatto –si afferma- per raccogliere dati attendibili, elaborarli e analizzarli, per avere una fotografia dell’esistente più prossima alla realtà, che possa permettere interventi correttivi e di programmazione puntuali ed efficaci”.
Tra le drammatiche conseguenze di questo stato di cose c’è la generalizzata difficoltà nell’accesso alle cure: “Le liste d’attesa producono effetti gravi sulla salute dei cittadini, traducendosi spesso nella rinuncia alle cure; un over 65 su quattro rinuncia nel corso dell’anno ad almeno una prestazione sanitaria ; il fenomeno – e questo è uno degli aspetti più preoccupanti – è ancora più marcato tra i soggetti economicamente fragili”.
Altra faccia della medaglia è costituita dalla inadeguata spesa per la prevenzione: “la spesa per la prevenzione in Italia è da sempre al di sotto di quanto programmato (5% della spesa pubblica (…) Ma ancora più evidente è il divario riguardante la prevenzione primaria (…). La salute si tutela in tutte le politiche, da quelle industriali a quelle agricole, da quelle urbane a quelle relative alla mobilità”.
Le ultime riflessioni degli scienziati segnalano, infine, l’importanza di un’informazione qualificata che accresca la consapevolezza e la partecipazione dei cittadini rispetto al tema salute per scongiurare l’insorgere di atteggiamenti fideistici o negazionisti nei confronti della scienza.
“Tra qualche anno –conclude il documento- celebreremo il 50° compleanno del nostro SSN: mantenerlo efficiente e in buona salute è un dovere morale verso le prossime generazioni, per non disperdere un patrimonio unico che abbiamo avuto la fortuna di ereditare”.
Il weekend della Giornata mondiale per la salute è stato accompagnato da manifestazione in tutta Italia e anche a Bruxelles per il diritto alla salute. "La salute è un bene pubblico, la salute non è in vendita" lo slogan della giornata di mobilitazione promossa da decine di associazioni e sindacati. La principale si è tenuta sabato sei aprile a Milano, organizzata dal “Comitato La Lombardia SiCura”, cui aderiscono Medicina Democratica, Osservatorio Salute, Arci Lombardia, CGIL, SPI e FP Lombardia e ACLI Lombardia. Il comitato è promotore di un referendum regionale volto a restituire preminenza al servizio sanitario pubblico su quello privato, grazie all’abrogazione di alcuni articoli della legge regionale sulla sanità. Sostengono l’iniziativa anche LILA Nazionale e le sedi LILA di Milano e Como. In attesa che si decida sullo svolgimento del referendum, dallo scorso primo marzo è stata avviata una petizione con richieste che vanno nella stessa direzione; tra queste: l’istituzione di un centro unico di prenotazione per l’abbattimento delle liste d’attesa, lo stop all’utilizzo dei medici a gettone (non dipendenti), la stabilizzazione e l'assunzione del personale sanitario, la riduzione della esternalizzazione dei servizi il potenziamento dei servizi per gli anziani, il potenziamento di tutta la medicina territoriale per la prevenzione e la cura.
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Foto di Hush Naidoo Jade Photography su Unsplash