Ricomincia il dibattito sui preservativi a scuola. La notizia questa volta è che la Provincia di Milano ha votato una mozione che ha come obiettivo portare nelle scuole superiori milanesi i distributori di preservativi a basso prezzo. Intanto il Comune di Monza ha votato, per quel che gli compete, analogo documento. Ma i genitori cattolici dell'associazione Age non ci stanno. E accusano chi invece i distributori li vuole, arrivando a dire che la lotta contro l'Hiv è solo un pretesto per corrompere i ragazzini.
Che la Lila sia dalla parte dei distributori lo testimonia l'appoggio dato dal 2010 a un progetto specifico, che ha portato i distributori in due licei, a Milano e a Roma, e dato l'avvio alla discussione italiana. Il contributo della Lila al progetto è stato quello di sempre: appuntamenti di prevenzione e informazione con gli studenti e disponibilità continua con le sedi e i centralini, anche per informazioni sui test. Perché la prevenzione, con o senza distributori, è giusto farla, e infatti si fa, dentro e fuori dalle scuole.
Poi c'è chi vorrebbe invece che si facesse la prevenzione, ma senza dare infine i mezzi di prevenzione. Dicendo quindi ai ragazzi quali sono i rischi, ma senza dare poi alcuno strumento per evitarli. Ma un comportamento normale, piuttosto diffuso anche fra i ragazzi, come fare l'amore può diventare rischioso se il preservativo non c'è, per l'Hiv e altre malattie a trasmissione sessuale, alcune delle quali invalidanti.
Hanno sedici, diciassette, diciott'anni. E un preservativo costa in media, acquistato in farmacia o al tabaccaio, un euro. Nei distributori delle scuole francesi costa 20 centesimi. Alle associazioni come la Lila, che li distribuiscono gratuitamente, costano meno di dieci centesimi. Nelle università estere i distributori sono ovunque, come sanno bene tutti gli Erasmus, che non mancano di segnalare la cosa. In Italia l'Iva è al 21 per cento. Un euro a preservativo non è certo un incoraggiamento, il distributore sottocosto lo è.
Incentivare l'uso del preservativo fra gli adolescenti, per i suoi detrattori, sarebbe un incentivo per l'attività sessuale. Che una maggiore attività sessuale sia da collegare a una maggiore disponibilità di preservativi, è tutto da dimostrare. Che un frequente uso dei preservativi fra chi ha un'attività sessuale riduca le malattie sessualmente trasmissibili invece è un fatto. Ma i genitori cattolici milanesi non sono d'accordo. Hanno deciso che i ragazzini, tutti, se vogliono ì i preservativi se li devono andare a comprare in farmacia (o più probabilmente dal tabaccaio, un ambiente più amichevole per gli adolescenti), o comunque andare a chiederli a un adulto, e pagarli quello che costano.
I genitori cattolici a Milano sono arrivati ad accusare le associazioni che si occupano di prevenzione della trasmissione dell'Hiv di fare da sponda a corruttori di minorenni. In particolare l’associazione Age, come riferisce il Fatto Quotidiano, ha inviato all’assessore provinciale all’istruzione una nota durissima che denuncia “il pericolo che la lotta all’Aids sia in questo momento ridotta a espediente tecnico per evitare il peggio, inducendo nei ragazzi, nei docenti e nei genitori atteggiamenti deresponsabilizzati e ponendo i ragazzi in situazioni ambigue di imbarazzo e di disagio”. Ma anche se l'alternativa fosse davvero fra il rischio che i ragazzi comincino a fare sesso e il rischio che chi lo fa comunque si prenda l'Hiv, resta difficile comprendere come si possa con tanta sicurezza ritenere preferibile il primo.
La Lila dal 2012 è alla presidenza del Civil Forum su Hiv/Aids, organismo consultivo della Commissione Europea ed è membro di diversi network internazionali. Ai cui incontri al giorno d'oggi difficilmente si discute di preservativi ai ragazzi. Per l'agenda italiana è diverso: se ne discute continuamente. Non del preservativo come strumento di salute e prevenzione, da promuovere, ma in quanto termine da censurare. Alla Rai, nelle brochure informative del ministero della Salute, negli spot istituzionali. E, ovviamente, nelle scuole.