TasP in Italia: virtuale o reale?

TasPLa TasP, Terapia come Prevenzione - Treatment as Prevention, è l'uso dei farmaci antiretrovirali come strumento per ridurre il rischio di trasmissione dell'Hiv. Le terapie riducono infatti la carica virale delle persone che le assumono, e bloccando la replicazione del virus possono impedire il contagio. La TasP è una delle novità scientifiche più significative degli ultimi anni, che ha modificato le procedure cliniche e la vita delle comunità e delle singole persone, sieropositive e non. In modo talvolta contraddittorio, la TasP è entrata anche nelle Linee Guida italiane.

 

La TasP(1) emerge nelle "Linee guida italiane sull'utilizzo dei farmaci antiretrovirali" nel capitolo dedicato alla PPE, la profilassi post esposizione, nel caso in cui la persona Hiv positiva fonte di possibile trasmissione dell'infezione stia assumendo una terapia efficace. Viene citata inoltre nella parte dedicata alla gravidanza, e infine tra i motivi per cui iniziare la terapia farmacologica. Ma emerge in maniera talvolta contraddittoria.

In generale l'approccio delle Linee guida Italiane alla TasP appare sbilanciato sul riconoscimento del ruolo della terapia nel contenimento epidemiologico dell'infezione in una logica "di comunità", a discapito delle ricadute che può avere sulla singola persona, o nella vita delle coppie sierodiscordanti (ovvero dove uno dei partner è Hiv positivo).

Nella parte che riguarda l'inizio della terapia da parte delle persone che vivono con l'Hiv si dice infatti: "Sulla base di dati provenienti da studi che evidenziano il ruolo della cART anche nella riduzione della trasmissibilità dell'infezione stessa e, quindi, nel contenimento dell'epidemia. In conseguenza, si riconosce che gli obiettivi della cART trascendono il solo controllo clinico e immuno-virologico dell'infezione nel singolo paziente in trattamento" (cART: terapia antiretrovirale di combinazione).

Ci si aspetterebbe a questo punto che, dato che è riconosciuto che la persona in terapia evita di trasmettere l'infezione, questa venisse quindi considerata non infettiva anche in altri ambiti oltre a quello clinico, e che questo concetto venisse comunque ripreso all'interno di altre sezioni delle Linee guida. Ma ciò non accade.

Per esempio nel capitolo dedicato alla profilassi post esposizione (PPE), dove nel caso di rottura del profilattico o di sesso non protetto in una coppia sierodiscordante, con la persona con Hiv in terapia e carica virale non rilevabile, la discrezionalità della prescrizione viene comunque lasciata al medico. Ciò determina che possa paradossalmente succedere che la persona sieronegativa di una coppia sierodiscordante eterosessuale stabile, con la persona con Hiv in terapia con carica virale non rilevabile, e che fa abitualmente sesso protetto, vada in ospedale per l'accidentale rottura del profilattico, e lì venga considerata dal medico a rischio, con prescrizione di profilassi, oppure che venga rassicurata sulla improbabilità di infezione e non riceva alcuna profilassi.

La comunità scientifica italiana non si è ancora espressa pubblicamente con una posizione sulla TasP, la terapia come prevenzione, e questo ha inciso nella compilazione nelle Linee guida. In Italia gli unici ad aver preso una posizione pubblica su questo tema rimangono le due associazioni Lila e Nadir, che nell'ormai lontano 2009 fecero una position paper intitolata proprio "Terapia e Trasmissione dell'Hiv: 2 temi collegati".

Seppur in assenza di una posizione pubblica, i principi dello "Swiss Statement" (Comunicazione della Sanità Svizzera sull'Aids del 2008, prima in Europa ad affrontare TasP ed epidemiologia) sono però informalmente seguiti anche in Italia. Anche qui, per esempio, sono infatti sempre di più le coppie sierodiscordanti che concepiscono per via naturale, rinunciando alla fecondazione assistita, consigliati e supportati dai centri clinici. Anche in questo caso non senza contraddizioni: sappiamo infatti che, quando è l'uomo ad essere sieropositivo, alla donna a volte viene prescritta la profilassi pre-esposizione (PrEP, Pre Exposure Prophyilaxis, assunzione di farmaci antiretrovirali in maniera preventiva rispetto a un possibile rischio futuro) nonostante non ci siano evidenze che dimostrino che l'aggiunta della PrEP diminuisca il rischio di trasmissione in casi come questo.

Nella coppia sierodiscordante il counseling sul ruolo della terapia come prevenzione resta sottovalutato fino a quando la coppia non decide di concepire. Il paradosso in questo caso è ancora più evidente se pensiamo che alla partner sieronegativa si consiglia, in caso di rottura del profilattico, di correre in ospedale per la possibile profilassi, ma nel momento nel quale la stessa coppia vuole avere figli si aprono nuove prospettive e il rischio di infezione si riduce drasticamente fino alla possibilità di concepirli senza alcuna profilassi.(2)

In molti paesi società scientifiche hanno preso posizioni pubbliche, aiutando le persone con Hiv e i loro partner a valutare se modificare o no l'uso del preservativo all'interno della coppia. In alcuni casi la presa d'atto della TasP ha fortemente influenzato Linee guida e Raccomandazioni della pratica clinica anche in altri ambiti, come nel caso delle Linee guida inglesi sulla profilassi post esposizione, che viene raccomandata, in caso di rischio corso per via sessuale, solo in seguito a rapporto anale ricettivo e non per altre modalità di esposizione sessuale, se la persona con Hiv fonte di possibile infezione sia in terapia con carica virale non rilevabile.

Anche qui va notato che la scelta di lasciare al solo rapporto anale ricettivo la raccomandazione alla prescrizione della PPE anche in caso di fonte con viremia non rilevabile è stata guidata esclusivamente dall'assenza di dati disponibili su coppie sierodiscordanti omosessuali e non, come si potrebbe pensare, alla modalità di maggior rischio di contagio che è sicuramente rappresentato dal rapporto anale ricettivo. E' noto infatti che lo Swiss Statement e altri lavori scientifici prendono in considerazione esclusivamente dati su coppie sierodiscordanti eterosessuali e presupponendo come principale attività sessuale il rapporto vaginale. Ma si suppone che anche nella modalità del rapporto anale ricettivo non protetto, a parità di condizioni (e cioè che la persona con Hiv sia in terapia con carica virale non rilevabile da almeno 6 mesi e non abbia altre infezioni sessualmente trasmissibili) il ruolo della terapia antiretrovirale mantenga eguale efficacia.

Per continuare a indagare la TasP sono attualmente in corso diverse sperimentazioni in diversi continenti, l'Italia è coinvolta in una sperimentazione clinica europea, lo studio Partner(3) al quale parteciperanno circa 1650 coppie (e nel quale sono ovviamente previsti e incentivati counseling e uso del condom). Aggiungerà nuove informazioni, in quanto l'analisi sarà fatta solo nei periodi durante i quali la coppia dichiara, attraverso un questionario e motivandone il perché, di non usare il condom. Altra novità è che finalmente avremo dati anche sulle coppie omosessuali.

I risultati dello studio Partner sono attesi per i primi mesi del 2017, speriamo di non dover aspettare tanto però per avere una presa di posizione pubblica della comunità scientifica italiana, su un tema che per le persone sieropositive è di vitale importanza.

(1) La TasP fa riferimento a quanto affermato nel 2008 dallo "Swiss Statement", successivamente confermato dallo studio HPTN 052 pubblicato nel 2011 sul New England Journal of Medicine, che ha dimostrato che la terapia antiretrovirale (ART) ha un efficacia anche come prevenzione del 96%.
Lo studio HPTN 052 è stato condotto (quasi esclusivamente) in coppie eterosessuali sierodiscondanti: i ricercatori hanno osservato la frequenza degli eventi di trasmissione dell'Hiv in coppie in cui la persona con Hiv veniva sottoposta a trattamento ART precocemente, confrontandola con altre coppie in cui invece la ART veniva posticipata. Dai risultati è emerso che le probabilità di trasmettere il virus diminuivano del 96% quando la persona con Hiv assumeva la ART.

(2) Per le mamme sieropositive in gravidanza con carica virale non rilevabile e con una buon situazione immunologica le Linee guida prevedono ora anche la possibilità del parto per via naturale. Una bella novità, oggi possibile anche in Italia grazie ad un protocollo della SIGO, Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia, che sulla base dei risultati pubblicati da studi condotti in Francia, Olanda e Spagna che hanno dimostrato come le donne con infezione da HIV in trattamento con terapia antiretrovirale, e che di conseguenza presentano bassa carica virale, possono optare in sicurezza per il parto vaginale in assenza di altri fattori di rischio ostetrico.

(3) www.partnerstudy.eu: studio condotto in coppie sierodiscordanti sia eterosessuali che omosessuali che presentino i seguenti criteri: un partner è sieropositivo/a e l'altro è sieronegativo/a per infezione da HIV; il partner sieropositivo/a sta assumendo farmaci contro l'HIV (terapia antiretrovirale) è ha la carica virale non rilevabile; la coppia ha già avuto rapporti sessuali non protetti (con penetrazione vaginale o anale senza preservativo) nell'ultimo mese.

 

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