Unaids: giornata mondiale contro le discriminazioni

ZDDbanner MakeSomeNoise La non-discriminazione è un diritto umano. Stati ed individui hanno lo stesso obbligo legale di non stigmatizzare nessuno: in occasione del 1 marzo, giornata mondiale per la lotta ad ogni forma di discriminazione, Unaids chiede a tutte le persone, in tutti i paesi del mondo, di farsi sentire: "Make some noise" per uno mondo “#zerodiscrimination”.  Quest’anno attenzione puntata sull’organizzazione dei servizi sanitari. 

"La discriminazione resta un problema molto diffuso nei sistemi sanitari di tutto il mondo creando una forte barriera all’acceso ai servizi per il trattamento ed il contrasto dell’HIV”. E’ quanto sostiene Unaids che ha deciso di dedicare questo appuntamento del primo marzo, al rilancio dell’ “Agenda for zero discrimination in health care settings”, messa a punto lo scorso anno e considerata uno strumento fondamentale del programma per il raggiungimento degli obiettivi  ONU per uno sviluppo sostenibile (SDG) che puntano a sconfiggere l’Aids entro il 2030.  

Il diritto universale alla salute implica che a tutti e a tutte debba essere garantito un accesso tempestivo, economico e di qualità ai servizi per la salute, senza alcuna esclusione per motivi di sesso, orientamento sessuale, condizioni socio-economiche, lingua, appartenenza etnica, religiosa o per qualsiasi altra motivazione.  “E’ inaccettabile che al giorno d’oggi le le discriminazioni possano inibire l’accesso alle cure – sostiene il direttore di Unaids Mr Michel Sidibè-  eliminare ogni forma di esclusione nell’organizzazione dei servizi sanitari è fondamentale e noi dobbiamo pretendere che questo si traduca in realtà”.

Nel decennio passato sono stati fatti importanti progressi nella cura e nel contrasto all’HIV, eppure discriminazioni, esclusione, disuguaglianze, continuano a rendere le persone vulnerabili al virus, precludendo loro prevenzione, trattamenti, servizi di cura. I dati pervenuti ad Unaids dai 50 paesi che hanno aderito al sondaggio  sullo stigma nei confronti delle persone con HIV mostrano che, ad almeno una persona con HIV su otto sono state negate le cure sanitarie. In circa il 60% dei paesi europei, i pregiudizi e le discriminazioni tra i professionisti e le professioniste della sanità restano una barriera elevata per la fornitura di adeguati servizi di prevenzione agli uomini che fanno sesso con altri uomini (MSM) e alle persone che fanno uso di droghe per via iniettiva. Ancora: la richiesta di autorizzazioni da parte di terzi (famiglia, autorità giudiziaria ecc) costituisce un’elevata barriera per l’accesso di persone giovani o adolescenti al test dell’HIV in almeno 58 paesi. In ben 72 paesi tale ostacolo è esteso, più in generale, alla fruizione di tutti i servizi per la salute riproduttiva e sessuale.  In 6 paesi della regione Asia-Pacifico, infine, hanno riferito di essere state sottoposte a sterilizzazione forzata il 37% delle donne con HIV.

Le persone che vivono con l’HIV, le Key population ed altri gruppi vulnerabili, continuano dunque a dover fare i conti con la stigmatizzazione sociale,  le discriminazioni, la criminalizzazione,  i maltrattamenti  a causa del loro stato di salute,  delle condizioni socio-economiche, dell’età, del sesso e dell’orientamento sessuale o di genere.

Le discriminazioni e le violazioni di altri diritti umani nei servizi per la salute possono assumere molte forme:  gli stessi operatori e operatrici della salute –denuncia UNAIDS- possono subire discriminazioni da parte dei loro colleghi e colleghe, o lavorare in ambienti  in cui i loro diritti, ruoli e responsabilità non possano essere pienamente esercitati.   Le stesse istituzioni, segnala UNAIDS, possono essere portatrici di una cultura discriminatoria e contraria alle ragioni dei diritti umani:  la disinformazione,  la richiesta di autorizzazioni da parte di terzi per poter erogare dei servizi, la mancanza di privacy o la violazione della riservatezza sono tutti esempi di "discriminazione istituzionalizzata” .  Nel caso specifico dell’HIV sono da considerarsi pratiche discriminatorie:

  • L' esecuzione del test senza il consenso dell’interessato/a o senza un counselling appropriato 
  • la sterilizzazione forzata delle donne con HIV 
  • le limitazioni al minimo dei contatti con i pazienti  e le pazienti con HIV o della loro presa in carico
  • la negazione dei trattamenti o la loro tardiva erogazione
  • la richiesta di pagamenti addizionali per i controlli relativi all’infezione
  • l’isolamento dei pazienti e delle pazienti con HIV
  • La negazione dei servizi di cura e assistenza alla maternità o l’interruzione di gravidanza forzata
  • La violazione della privacy e della riservatezza, compresa la notifica dello status di un/una paziente ai membri della famiglia dell’interessato/a o al personale ospedaliero, senza autorizzazione.

Cosa possono fare dunque gli stati ed i governi?  Gli Stati  membri dell’Onu, hanno, secondo il diritto internazionale, l’obbligo di contrastare e rimuovere tutte le discriminazione in ambito sanitario e lavorativo: 

  • sono dunque tenuti a non censurare, nascondere, manipolare o travisare le informazioni relative alla salute: affermare, ad esempio,  che l’uso del preservativo non impedisce la diffusione dell’HIV o di altre infezioni sessualmente trasmissibili è un atteggiamento che non può essere permesso.
  • Devono evitare che terze parti interferiscano con l’applicazione dei diritti umani.  Questo include la persecuzione e la sanzione di pratiche discriminatorie e contrarie ai diritti umani da parte dei servizi sanitari.
  • Gli stessi Paesi sono tenuti a creare le condizioni necessarie ad un pieno godimento dei diritti da parte dei propri cittadini e citadine.  A tal fine è necessario rimuovere ogni sorta di leggi, direttive o pratiche che possano colpire le persone che vivono con l’HIV, le Key population e altri gruppi vulnerabili sia nei servizi di cura che nei posti di lavoro.
  • Dovrebbero assicurarsi che i fornitori di servizi  lo facciano in accordo con i diritti umani, secondo modalità non discriminatorie e rispettose della dignità e dell’autonomia di chi ne fruisce.
  • Dovrebbero assicurarsi che fruitori e fruitrici dei servizi della salute conoscano i loro diritti, incoraggiarne l'esercizio  e che siano in grado di rivendicarli anche perseguendo ricorsi o risarcimenti.
  • Allo stesso tempo è importante assicurarsi che le operatrici e gli operatori socio-sanitari godano dei loro diritti lavorativi liberi da stigmatizzazioni e discriminazioni.

L’ “Agenda for zero discrimination in health-care settings” , messa a punto da Unaids e Oms, in accordo con gli SDG (Sustainable Development Goals),  vuole portare tutti gli stakeholders ad unire gli sforzi verso un mondo in cui tutti e tutte, in ogni luogo, possano ricevere le cure di cui necessitano senza discriminazioni e in cui siano eliminati tutti  gli ostacoli che impediscono il raggiungimento di questo obiettivo.  Il piano d’azione che sostiene l’Agenda punta ad accrescere la responsabilità, l’impegno, la collaborazione tra i paesi, le Nazioni Unite,  la società civile, le associazioni professionali per la salute, la comunità accademica e gli altri  stakeholders e persegue sette cruciali priorità: 

  1. Rimuovere le barriere legali e politiche che favoriscono la discriminazione nei servizi per la salute
  2. Fissare gli standard per un’assistenza sanitaria libera da discriminazioni
  3. Creare e condividere  le informazioni di base e  le migliori pratiche per eliminare le discriminazioni nell’organizzazione dei servizi
  4. Incoraggiare pazienti e società civile a rivendicare un welfare senza discriminazioni
  5. Incrementare i finanziamenti  per la lotta alle discriminazioni nel personale sanitario
  6. Garantire la leadership delle  associazioni degli operatori e opreratrici , nelle azioni destinate a formare personale sanitario libero da discriminazioni. 
  7. Rafforzare i meccanismi e le strutture di monitoraggio, valutazione e rendicontazione per un’assistenza sanitaria esente da discriminazioni.

Un anno dopo la stesura dell’ “Agenda for zero discrimination in health-care settings”,  Unaids registra nel mondo diverse esperienze positive ma c’è la forte consapevolezza che molto resti ancora da fare. Per questo l’organismo Onu ha rafforzato l’Agenda indicando alcuni standard minimi da rispettare per poter garantire dei Servizi Sanitari liberi da pratiche discriminatorie. Questi i requisiti indicati:

  • I servizi di cura dovrebbero fornire cure qualitative e tempestive a tutte le persone che ne abbiano bisogno senza discriminazioni di genere, nazionalità, età, disabilità, origini etniche, orientamento sessuale, religione, lingua, status socio-economico,  status sierologico HIV o altro stato di salute.
  • Ai e alle pazienti deve essere richiesto un consenso informato prima di eseguire qualsiasi test o prima della prescrizione di qualsiasi trattamento. Inoltre nessuno può essere forzato ad accettare o a richiedere un qualsiasi servizio.
  • Il Servizio Sanitario deve rispettare la privacy dei e delle pazienti ed il riserbo professionale in ogni momento.
  • Il personale sanitario deve essere costantemente formato ed avere capacità e competenze sufficienti a fornire servizi  esenti da discriminazioni o stigmatizzazione.
  • I centri sanitari devono essere dotati di meccanismi interni  in grado di porre rimedio ad eventuali episodi di discriminazione e di violazione dei diritti dell'utenza assicurando la loro affidabilità.

 http://www.unaids.org/en/resources/campaigns/2017_zerodiscriminationday 

http://www.unaids.org/sites/default/files/media_asset/2017ZeroDiscriminationHealthCare.pdf

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