Abbiamo seguito con apprensione e indignazione la vicenda dell’arresto a Mosca dell’amico Yuri Guaiana, attivista dell’associazione radicale “Certi Diritti”, da sempre impegnato nella battaglia contro l’omofobia e la transfobia e per i diritti delle persone Lgbt. Yuri, dopo l’intervento delle autorità italiane, è stato liberato ed ora ne salutiamo con calore il rientro in Italia. In libertà sono tornati anche altri quattro attivisti locali.
Grazie anche al coraggio di Yuri Guaiana, Alexandra Aleksieva,Marina Dedales, Nikita Safronov e Valentina Dekhtiarenko, si torna a parlare di quanto sta accadendo in Cecenia. I cinque attivisti sono stati, infatti, fermati mentre si stavano recando presso la Procura Generale di Mosca, per consegnare i due milioni di firme raccolte contro la piaga delle torture e degli abusi subiti nella repubblica caucasica da decine e decine di persone omosessuali. La vicenda è stata denunciata lo scorso aprile dal settimanale russo Novaya Gazeta, che in una serie di inchieste, ha rivelato l’esistenza, in Cecenia di veri e propri campi di prigionia in cui vengono segregati, e spesso torturati, decine di uomini e ragazzi: senza processo, senza diritti, senza alcuna assistenza legale. Ad operare i sequestri e le deportazioni –denuncia il settimanale- uomini dei corpi paramilitari, pienamente appoggiati dalle autorità statali. Alcune delle vittime sono riuscite a tornare in libertà solo dietro il pagamento di pesanti riscatti altri non ce l’hanno fatta: la Novaya Gazeta ha dato notizia di almeno tre morti negli ultimi mesi. Secondo l’Associazione “Certi diritti”le persone deportate sono state finora almeno 100. Alcuni di loro hanno raccontato le loro storie al settimanale “l’Espresso” che le ha pubblicate all’inizio di maggio. Sono storie di uomini adescati da “provokator” sui social media, nei locali, o presi di mira semplicemente perché non sposati o fidanzati con delle donne e quindi sequestrati, seviziati con scariche elettriche, picchiati con tubi di gomma. Poco prima del suo arresto Yuri Guaianaaveva spiegato così, l’obiettivo della raccolta di firme internazionale: “Vi sono omosessuali che, ancora adesso, mentre parliamo ,vengono arrestati, alcuni vengono torturati per trovarne altri e altri sono stati addirittura uccisi e rischiano di essere uccisi dai loro stessi familiari, per delitto d’onore. La Russia –ha proseguito- deve rispettare i trattati internazionali che ha sottoscritto. Nessuno deve sacrificare la propria libertà e la propria vita solo a causa di quello che si è e di chi si ama, né in Cecenia né da nessun’altra parte”. L’omofobia e la pratica del delitto d’onore nei confronti di familiari sospettati di essere gay, sono estremamente diffusi in Cecenia e nelle altre repubbliche caucasiche della federazione russa. Ma in tutto il paese le comunità Lgbt sono oggetto di pesanti intimidazioni, discriminazioni, violazioni di diritti sociali e politici. Russian Lgbt Network, l’unica rete di attivisti in tutta la Federazione Russa, opera quasi in uno stato di clandestinità. L’inchiesta della Gazeta è stata resa possibile anche dall’impegno di quest’ organizzazione. I radicali, attraverso il segretario Riccardo Magi e l’europarlamentare Daniele Viotti, copresidente dell’Intergruppo Lgbt, chiedono ora all’Unione Europea di non voltarsi dall’altra parte davanti alla politica liberticida di Mosca. Non possiamo che associarci chiedendo, al governo italiano e a tutta l’Unione Europea, di pretendere da Mosca il rispetto di tutti i diritti umani garantiti dai trattati internazionali e di farlo a gran voce, celebrando degnamente la prossima ricorrenza del 17 maggio, giornata contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia indette dalla stessa Ue.