Se l’HIV non è rilevabile, non è trasmissibile. Crescono le adesioni al principio U=U. La LILA: “Subito l’endorsement ufficiale dell’Italia”.

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Cosa significa U=U?

Le persone con HIV che seguono correttamente una terapia Antiretrovirale efficace possono raggiungere un livello di virus presente nel sangue (carica virale) talmente basso da rendere il virus stesso non trasmissibile per via sessuale ad altre persone. In sostanza, le persone con HIV che abbiano una carica virale stabilmente inferiore alle cinquanta copie/ml, opportunamente e costantemente monitorata, non trasmettono il virus nemmeno in caso di mancato uso del profilattico.

Per raggiungere e mantenere questo stato clinico è necessario seguire correttamente la terapia ART, non saltare i controlli, evitare e/o curare tempestivamente ogni altro tipo di malattia infettiva o comorbidità, accedere con regolarità alle analisi per la carica virale.

Nel campo dell’HIV si tratta di un’acquisizione scientifica rivoluzionaria, la cui importanza è pari all’avvento delle terapie Antiretrovirali del 1995/96. Una carica virale non rilevabile, infatti, non solo preserva al meglio la vita e la salute delle PLHIV ma rappresenta un fattore cruciale di prevenzione perché evita la trasmissione del virus per via sessuale a partner sieronegativi/e. Non a caso, questa strategia è stata da subito denominata “TasP”, sigla di “Treatment as Prevention”, ossia terapia come prevenzione. Oggi il principio è internazionalmente conosciuto come U=U, Undetectable= Untrasmittable, vale a dire: “Non rilevabile =Non trasmissibile”.

Le evidenze scientifiche a supporto

A supportare questa evidenza scientifica ci sono quasi vent’anni di studi e ricerche. Sin da subito studiosi, ricercatori, medici infettivologi avevano notato una correlazione tra l’uso delle terapie antiretrovirali e una minore trasmissibilità del virus. Lo ha ricordato in occasione dell’ultima conferenza mondiale sull’HIV/AIDS, svoltasi ad Amsterdam nel luglio 2018Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infectious Disease, lo studioso USA più esperto di HIV: “Fin dalla metà degli anni ’90 i dati dimostravano una relazione inversamente proporzionale tra il livello del virus nel sangue e il tasso di trasmissione dell’HIV –ha detto Fauci- L’introduzione della terapia di combinazione fu il momento definitivo per U=U, fatto di cui allora non ci rendemmo conto”.

La prima dichiarazione scientifica ufficiale arriva, finalmente, nel 2008. A formularla fu la Commissione Federale svizzera per le questioni inerenti l'AIDS (CFPA) tramite un documento intitolato: “Le persone affette da HIV che non presentano altre malattie sessualmente trasmissibili e seguono una terapia antiretrovirale efficace non trasmettono il virus tramite i rapporti sessuali”. Nel giugno del 2009 la LILA, insieme a NADIR Onlus, pubblicava la prima, prudenziale, position paper italiana sulla TasP. 

Da allora le evidenze sul Trattamento come Prevenzione sono andate via via consolidandosi, grazie a diversi studi che hanno arruolato migliaia di persone e monitorato decine di migliaia di rapporti sessuali tra persone siero discordanti, ossia tra persone HIV+ e persone HIV-.

Tra i più importanti citiamo i due studi PARTNERil secondo dei quali presentato nel luglio scorso, sempre ad Amsterdam. Si tratta di un trial imponente che, tra il 2010 e il 2018 ha coinvolto un totale di 972 coppie MSM e 516 coppie eterosessuali in ben quattordici paesi europei per un totale di 77mila rapporti sessuali non protetti, sia anali sia vaginali, tra persone siero discordanti. Esito: in otto anni, zero casi di trasmissione del virus da HIV.

In particolare, il secondo studio PARTNER ha fornito altre certezze per quanto riguarda la non trasmissibilità del virus HIV nei rapporti anali da parte di persone con viremia soppressa. Le coppie sierodiscordanti arruolate in questa seconda fase, ben 635, erano esclusivamente coppie MSM (maschi che fanno sesso con altri aschi), mentre nella precedente fase erano state arruolate 888 coppie sia etero che omosessuali. Ebbene, anche in questo caso, i dati finali hanno indicato, secondo le stesse parole dei ricercatori, “un tasso di trasmissione all’interno della coppia in esame pari a zero”.

UN altro importante studio è stato quello denominato HPTN 052 i cui risultati sono stati pubblicati in due fasi, nel 2011 e nel 2016.

1763 le coppie sierodiscordanti, sia etero sia omosessuali, arruolate in nove paesi, il 54% da paesi africani. Anche nel corso di questo corposo trial non si è verificato nessun caso di trasmissione di HIV all’interno di coppie in cui il partner HIV positivo avesse una carica virale non rilevabile prolungata.

La campagna Internazionale U=U e il sostegno delle istituzioni scientifiche e sanitarie

Supportata da queste solidissime evidenze scientifiche nel 2016, lanciata da Prevention Access Campaign, è partita la campagna internazionale U=U, sigla, come si diceva di Undetectable = Untrasmittable, Non rilevabile = Non Trasmissibile, che ha ricevuto, e continua a ricevere, l’adesione, in tutto il mondo, di centinaia di associazioni, community, istituzioni ed esperti impegnati nella lotta all’HIV. Tra queste anche la LILA che nell’ottobre 2016 ha lanciato “Noi Possiamo la prima campagna italiana di U=U, tutta dedicata al tema della "TasP" con la creazione, di un video in Italiano, inglese e spagnolo, poster, locandine e flyer informativi. “Il principio U=U è un concetto sconosciuto nel nostro paese e, talvolta, ignorato anche dalla comunità scientifica. –dice Massimo Oldrini, presidente Nazionale della LILA- Sarebbe proprio il momento di uno statement italiano ma nessuna istituzione del nostro paese ha finora pubblicato un documento su questo e molti clinici, al pari di quanto accade con la PrEP, evitano di parlarne con i pazienti per il timore delle altre IST”.  

L’idea guida della campagna U=U è far conoscere l’importanza di un accesso tempestivo ai trattamenti, sia per la salute delle persone che hanno contratto il virus, sia per gli effetti positivi che produce rispetto alla prevenzione generale. Altro obiettivo fondamentale della campagna è però anche quello di combattere lo stigma che ancora pesa sulle persone con HIV. Sapere che una persona con HIV e carica virale soppressa non possa trasmettere il virus, è cruciale per combattere i pregiudizi e per aiutare le persone che hanno corso dei rischi a eseguire il test e a iniziare prima possibile le terapie ART. La non trasmissibilità accertata del virus, in caso di soppressione virale, apre, inoltre alle persone con HIV nuovi scenari e progetti di vita: dalla possibilità di concepire figli sani in modo naturale alla liberazione psicologica di non sentirsi più un rischio per gli altri. “E’ proprio per questo che ci fa arrabbiare sentire medici che mettono in dubbio l’attendibilità di queste evidenze –dice ancora Massimo Oldrini-. La base su cui poggiano le evidenze degli studi PARTNER e degli altri trial, è la stessa che ha portato alla cancellazione del divieto di operare ai chirurghi con HIV in Inghilterra già nel 2014. Qui non si parla di sesso, ma del fatto che, né il sangue, né lo sperma o i liquidi vaginali di chi è in terapia e ha una carica virale negativa prolungata, sono in grado di trasmette l’HIV”.

Il successo della campagna U=U ha sollecitato, dunque, importanti statement da parte di istituzioni internazionali di grande rilievo. Tra questi la dichiarazione del CDC di Atlanta (Center for Disease Control and Prevention), il dipartimento Federale per il controllo delle malattie infettive USA, una delle istituzioni sanitarie più prestigiose al mondo, che, nel settembre del 2017, in un documento pubblico, ha dichiarato: “Le persone che assumono l'ART ogni giorno come prescritto, raggiungendo e mantenendo una carica virale non rilevabile non corrono alcun rischio di trasmettere sessualmente il virus a un partner HIV-negativo”. 

Lo scorso luglio è arrivato un altro importantissimo riconoscimento, quello di UNAIDS, il programma ONU per il contrasto all’HIV/AIDS che ha pubblicato un documento dal titolo “Undetectable=Untrasmittable, public Health and viral load suppression” i cui messaggi-chiave sono i seguenti:

  • UNAIDS approva il principio U=U. C’è un forte consenso scientifico sul fatto che le persone con HIV, che assumano una terapia antiretrovirale efficace e il cui livello di HIV risulti soppresso fino a livelli non rilevabili non trasmettano sessualmente il virus”.
  • E’ ormai noto e riconosciuto che il principio non rilevabile = non trasmissibile possa combattere lo stigma e incoraggiare ogni sforzo per il raggiungimento della soppressione virale e per proseguire le cure di follow-up.
  • Deve essere globalmente garantito un migliore accesso ai test per la carica virale, con costi sostenibili e sistemi di laboratorio efficaci, il tutto integrato con robusti sistemi sanitari. Occorre inoltre mettere in atto ogni sforzo per assicurare a tutte le persone cui viene diagnosticato l’HIV un immediato accesso al trattamento.
  • La dichiarazione Politica 2016 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite e l’approccio “Fast Track” di UNAIDS per la fine dell’AIDS entro il 2030 contengono tutte le raccomandazioni per indirizzare la prevenzione primaria e per raggiungere con trattamenti economicamente accessibili ogni persona con HIV.
  • I condom maschili e femminili e le altre strategie integrate di prevenzione (PreP, PeP, riduzione del danno, circoncisione volontaria maschile) restano fondamentali per il contrasto all’HIV. Rafforzare i programmi di promozione del condom è essenziale per assicurare, in generale, la salute riproduttiva e sessuale.

Tra le condizioni che ostacolano un’ampia diffusione e applicazione del principio U=U resta dunque, segnala UNAIDS, il forte divario economico esistente tra i vari paesi del globo e tra le risorse messe a disposizione da ciascun sistema sanitario pubblico. Nel mondo, fa notare UNAIDS, solo il 47% delle persone che vive con l’HIV ha raggiunto la soppressione virale, troppo poco per sfruttare al massimo gli effetti positivi della TasP.

“Nel 2017 –scrive ancora UNAIDS- circa 1 milione e 600mila adulti hanno contratto l’HIV. Molte di queste nuove infezioni sono state trasmesse da persone che non conoscevano il loro stato HIV positivo, oppure che non erano in trattamento o, ancora, da persone che erano in trattamento ma impossibilitate ad avere l’aderenza necessaria al raggiungimento della soppressione virale.
Inoltre, almeno un terzo delle persone con HIV inizia il trattamento solo quando l’infezione è molto avanzata o quando si è già in AIDS conclamata”.

Mai come ora è necessario, dunque, colmare il gap esistente tra paesi poveri e paesi ad alto e medio reddito, attraverso il rafforzamento dei programmi internazionali di sostegno alla salute e al rispetto dei diritti umani. Mai come ora è necessario compiere ogni sforzo per combattere, paure, stigma e pregiudizi che possono ritardare le diagnosi con gravi ripercussioni per la salute dei singoli e della collettività. Sforzi aggiuntivi sono necessari anche da parte dei paesi a welfare più avanzati come ha ricordato un ancor più recente rapporto UNAIDS.

Altre cose importanti da sapere su TasP e U=U

E’ bene sapere che le terapie ART non proteggono dalle altre Infezioni sessualmente Trasmissibili (IST). Se non si conoscono le condizioni del proprio partner o della propria partner, è bene considerare l’uso del condom, anche per evitare che eventuali altre IST (sifilide, clamidia gonorrea, papilloma virus, epatiti virali), oggi molto diffuse, possano compromettere lo stato di soppressione virologica relativo all’HIV. Alcune di queste infezioni possono essere evitate con vaccini preventivi.

Le terapie ART permettono dunque di contenere il virus a livelli non rilevabili ma, è bene ricordarlo, non eradicano l’HIV, ossia non “guariscono” in via definitiva dall’infezione. Per mantenere la non rilevabilità, come si diceva, è necessario assumere correttamente le terapie, non saltare i controlli, eseguire con regolarità i monitoraggi della carica virale, evitare altre infezioni, curare eventuali altre patologie, curare il proprio benessere psico-fisico.

Uno stato di soppressione virale così raggiunto e mantenuto, in base alle evidenze scientifiche sopra elencate, è in grado di evitare la trasmissione del virus per via sessuale ed è ragionevole pensare che il principio U=U possa valere, in qualche misura per tutte le modalità di trasmissione. Mancano tuttavia studi scientifici sufficienti ad escludere il rischio di trasmissione per via ematica, ad esempio nel caso di uso in comune di siringhe e altri materiali iniettivi (cucchiaini, fiale, filtri) che restano pertanto pratiche a rischio da evitare, e non solo per l’HIV

Stessa considerazione vale per la trasmissione verticale madre-figlio/a. Le evidenze scientifiche disponibili non bastano ancora ad escludere i rischi di trasmissione nel parto e nell’allattamento dunque, anche se la madre è in trattamento ed ha carica virale irrilevabile, gran parte delle linee guida continuano a consigliare il parto cesareo, l’allattamento artificiale e la profilassi postnatale per il neonato”. Questi protocolli hanno finora consentito, comunque, di ridurre la trasmissione materno - infantile a livelli prossimi allo zero.

Le donne attive nelle associazioni e nelle community chiedono, tuttavia, di fornire alle interessate tutte le informazioni necessarie a scelte autonome e consapevoli, soprattutto per guanto riguarda l’allattamento da parte di madri in soppressione virale.    

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