“End inequalities. End Aids - porre fine alle disuguaglianze, sconfiggere l’AIDS”: questo il titolo della nuova Strategia Globale AIDS 2021-2026, lanciata lo scorso marzo da UNAIDS, risultato di un anno e mezzo di lavoro e dell’apporto di 10mila stakeholders da 160 paesi: rappresentanti governativi, società civile, community, esperti e funzionari di UNAIDS.
Il documento che disegna le strategie per la risposta all’HIV/AIDS del decennio appena iniziato, forte di una esperienza ormai consolidata, afferma con chiarezza come per sconfiggere l’AIDS occorra combattere disuguaglianze, discriminazioni, stigma, puntare sulla dignità delle persone e metterle al centro di ogni strategia sanitaria, rispettarne i diritti umani, agire sulla base delle evidenze scientifiche, dare la priorità a chi ancora non ha accesso ai servizi e ai trattamenti salvavita disponibili, ormai da oltre vent’anni, nei paesi a welfare avanzato. Solo così –ribadisce UNAIDS- sarà possibile debellare l’AIDS entro il 2030, come stabilito dagli Obiettivi ONU per uno Sviluppo Sostenibile (SDGs) e far sì che cessi di essere una minaccia per la salute pubblica mondiale. IL documento “End inequalities. End AIDS” si basa su tre priorità strategiche tra loro strettamente collegate:
- massimizzare l'accesso equo e paritario a servizi per l'HIV efficienti e incentrati sulle persone
- abbattere le barriere legali e sociali per raggiungere i migliori risultati
- fornire risposte e risorse efficaci contro l’HIV integrandole nei sistemi sanitari, di protezione sociale, nei contesti umanitari.
La strategia pone un’attenzione senza precedenti alle popolazioni chiave e più vulnerabili al rischio HIV invitando gli Stati membri a utilizzare pienamente tutti gli strumenti di prevenzione, in particolare per le ragazze adolescenti e le giovani donne dell'Africa subsahariana, i lavoratori del sesso, le persone che utilizzano droghe iniettabili gli uomini gay e MSM (uomini che fanno sesso con altri uomini), le persone transgender e le persone detenute.
Il piano strategico sarà anche la base di un prossimo, cruciale, appuntamento internazionale: il Meeting ad Alto Livello delle Nazioni Unite sull’HIV/ AIDS che si terrà a New York dall’8 al 10 giugno 2021 (High Level Meeting – HLM ). Il meeting esaminerà i progressi compiuti dall’ultima assemblea ad alto livello sull’AIDS del 2016 ma anche i fattori che hanno impedito agli obiettivi allora indicati di realizzarsi pienamente.
L’Assemblea Generale terminerà con una nuova dichiarazione politica volta a guidare nel prossimo decennio la risposta all’HIV AIDS. Il meeting ONU di giugno si propone, in sostanza, di: “Essere il trampolino di lancio di azioni volte a ridurre le disuguaglianze e sradicare i fattori sociali che alimentano l'epidemia di HIV”. L'incontro ad alto livello arriva in un momento storico per la risposta all'HIV/AIDS, a quarant’anni dall'emergere dei primi casi di HIV e a venticinque anni dalla creazione di UNAIDS. Il programma ONU incoraggia per questo “il più alto livello possibile di partecipazione governativa al meeting e il coinvolgimento di tutte le parti interessate, attraverso tutti i canali”.
Il Piano strategico UNAIDS sarà anche tra le basi della relazione con cui il Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres aprirà l’assemblea di giugno mentre la nuova Dichiarazione politica che chiuderà il Summit diventerà il documento guida globale centrale per la risposta all'HIV. Lo stesso Guterres ha, intanto, sintetizzato le priorità del prossimo decennio in dieci raccomandazioni che raccolgono i punti salienti della strategia ONU/UNAIDS.
Scrive UNAIDS: “La partecipazione delle comunità e delle organizzazioni delle persone che vivono con l'HIV, delle popolazioni chiave e di altre popolazioni prioritarie sarà fondamentale per il successo dell'HLM”. Per questo lo scorso 23 aprile si è tenuta un’assemblea virtuale interattiva con tutti gli stakeholder, preparatoria dell’High Level Meeting di giugno, seguita poi da altri incontri. Tra i partecipanti c'erano persone che vivono con l’HIV o esposte al rischio di HIV, rappresentanti degli Stati membri, parlamentari e rappresentanti dei governi locali, organizzazioni della società civile, fondazioni filantropiche, università, associazioni mediche, settore privato e comunità più ampie. L'obiettivo della riunione era sostenere gli Stati membri nei preparativi per la riunione ad alto livello attraverso un dialogo interattivo con le comunità, la società civile e altre parti interessate. La società civile che ha preso parte alle fasi preparatorie dell'HLM ha prodotto a tale scopo una dichiarazione in cui si rivendicano ruolo e necessità delle community, adeguati riconoscimenti e risorse, azioni politiche guidate dal pieno rispetto e soddisfacimento dei diritti umani.
Non mancano tuttavia critiche alle Nazione Unite e a UNAIDS, in particolare da parte di Prevention Access Campaign per la mancata centralità rivolta al principio U=U, Undetectable= Untrasmittable e per il mancato coinvolgimento delle realtà che ne hanno sostenuto la valenza scientifica e sociale. Di qui la richiesta di integrare pienamente questa strategia tra quelle ritenute centrali per la risposta al virus.
La strategia 2021-2026, sintesi
Il documento UNAIDS parte dalla considerazione che i progressi compiuti per centrare l’obiettivo della sconfitta dell’AIDS nel 2030, adottati nella dichiarazione politica del 2016, non siano stati globalmente sufficienti a raggiungere i target previsti: “Lo stigma e la discriminazione, la violenza di genere, l'emarginazione e la criminalizzazione di intere comunità e la mancanza di accesso alla salute, all'istruzione e ad altri servizi essenziali continuano ad alimentare l'epidemia” sostiene il documento, che prosegue: “Le donne e le ragazze nell'Africa sub sahariana e le popolazioni chiave (uomini gay e altri uomini che hanno rapporti sessuali con uomini, lavoratori del sesso, persone transgender, persone che si iniettano droghe, persone in prigione, i loro e le loro partner) continuano, globalmente, a essere colpite in modo sproporzionato dall'HIV”. I dati del resto sono impietosi: nell’Africa Subshariana ogni settimana sono circa 4500 le ragazze tra i quindici e i ventiquattro anni che contraggono l'HIV, con probabilità doppie di contrarre il virus rispetto ai loro coetanei maschi. Per quanto riguarda, invece, le popolazioni chiave, si stima che il 60% di tutte le nuove infezioni annue, avvenga in persone riferibili a questi gruppi di popolazione socialmente più vulnerabili.
I risultati fin qui raggiunti sono stati troppo disomogenei. Nel 2019 poco più di quaranta paesi avevano raggiunto, o erano prossimi a farlo, i target necessari a centrare l’obiettivo finale. Il nuovo documento strategico punta a colmare questo gap perché la sconfitta dell’AIDS nel 2030 è davvero possibile se si mettono al centro le persone e le comunità. Tra i macro obiettivi del piano ci sono:
- portare il numero di nuove infezioni dal milione e 700mila registrato nel 2019 a 370mila nel 2025
- portare i decessi collegati all’ AIDS dai 690mila del 2019 a 250mila nel 2025.
Il Tema COVID non può, ovviamente non riflettersi sui temi del nuovo documento strategico e del meeting di giugno: “L'incontro ad alto livello si svolgerà in un momento critico per i sistemi sanitari pubblici di tutto il mondo –si afferma nel piano strategico— il COVID-19 ha reso evidenti debolezze a tutti livelli: globale, regionale, nazionale. La conoscenza, l'esperienza e le infrastrutture costruite in oltre quaranta anni di risposta all'AIDS sono state cruciali nel guidare una risposta al COVID basata sui diritti umani e centrata sulle persone. Tuttavia, i progressi ottenuti nella risposta all'HIV sono ora minacciati dall’impatto della nuova pandemia. L'incontro ONU di alto livello crea un'opportunità per garantire che il mondo rafforzi la resilienza della risposta all'HIV, si impegni a velocizzare il recupero post-COVID-19 e applichi le lezioni apprese dall’impatto delle epidemie di HIV e COVID-19 per creare società più resilienti e sistemi sanitari pronti ad affrontare le future sfide sanitarie”
Punti del piano e target
In sintesi, tali obiettivi attengono a tre sfere strettamente collegate:
- Implementare servizi complessivi e integrati per l'HIV incentrati sulle persone Ie orientati ai loro specifici contesti promuovendone una fruizione equa e paritaria
- fornire risposte e risorse efficaci contro l’HIV integrandole nei sistemi sanitari, di protezione sociale e nei contesti umanitari.
- Rimuovere tutti gli ostacoli di ordine sociale e legale che possano sfavorire i servizi per l’HIV e un ricorso ai servizi stessi.
Alla prima e alla seconda sfera attengono i seguenti obiettivi da raggiungere entro il 2025:
- Far sì che almeno il 90% delle persone con HIV o esposte al rischio di HIV sia preso in carico da un polo di servizi integrati e incentrati sulla persona.
- Rendere consapevoli del proprio stato sierologico il 95% delle persone con HIV e assicurare al 95% di chi si scopre positivo al virus un pieno accesso ai trattamenti. Far sì che il 95% di chi è in trattamento raggiunga la soppressione virologica e dunque una condizione di non-infettività.
- Il target “95-95-95” deve essere perseguito per tutte le fasce demografiche più esposte (giovani) e per tutti i gruppi di popolazione più vulnerabili: detenuti/e, sex workers, rifugiati e migranti, persone che usano droghe
- Garantire al 95% delle donne un pieno accesso ai servizi per la salute riproduttiva e sessuale.
- Garantire che il 95% delle donne con HIV in gravidanza e in allattamento abbia una carica virale soppressa.
- Garantire che il 95% dei bambini esposti all’HIV abbia ricevuto un test.
- Garantire che almeno il 75% dei bambini con HIV raggiunga la soppressione della carica virale entro il 2025.
- Garantire una copertura del 95% della prevenzione combinata (condom, PrEP, riduzione del danno, U=U).
- Garantire che il 95% delle persone con HIV possa ricevere trattamenti preventivi della Tubercolosi e servizi integrati per TB ed epatite C.
- Garantire che il 95% delle persone con HIV o esposte al rischio HIV siano meglio protette dalle emergenze sanitarie, compreso il COVID-19.
Alla terza sfera attengono i seguenti obiettivi da perseguire entro il 2025:
- Portare sotto il 10%, la percentuale di paesi che adottano leggi e politiche punitive nei confronti delle persone con HIV o esposte all’HIV.
- Ridurre sotto il 10%, la percentuale di persone che subiscono discriminazioni e stigma.
- Portare sotto la soglia del 10% la percentuale di casi di violenza di genere o di disuguaglianza in base al genere.
Al centro di questa strategia complessa devono esserci le persone con HIV, le popolazioni più vulnerabili e le loro community.
Il piano fissa perciò anche degli obiettivi e impegni di alto livello per il 2025 che riguardano la natura sociale degli interventi e così rappresentanti:
- Il 30% dei servizi di testing e di trattamento deve essere fornito da organizzazioni guidate dalle community.
- L’80% dei servizi e dei programmi di prevenzione dell’HIV per le popolazioni chiave e per le donne devono essere forniti da community guidate da persone delle stesse Key Population o dalle organizzazioni guidate dalle stesse donne.
- Il 60% dei programmi deve sostenere il raggiungimento di fattori di promozione sociale cui devono collaborare le organizzazioni guidate dalla comunità.
Le risorse finanziarie: falliti gli obiettivi 2020 è cruciale aumentarle.
Nella dichiarazione politica del 2016 che si prefiggeva la sconfitta dell’AIDS, gli Stati Membri si impegnarono a raggiungere entro il 2020 la soglia dei ventisei miliardi di dollari di stanziamenti annui per la risposta all’HIV/AIDS ma queste risorse sono rimaste sempre sotto gli obiettivi globali. Il picco massimo di finanziamenti si è registrato nel 2017 quando, comunque, non andarono oltre i 21,8 miliardi $ di fondi mobilitati. Dal 2018 l’andamento è stato in ulteriore discesa arrivando nel 2019 a soli 19,8 miliardi di dollari disponibili: il 76% di quanto previsto dagli obiettivi 2020. Tale cronico disinvestimento ha causato, purtroppo, milioni di nuove infezioni e decessi altrimenti evitabili. Per rimettersi in corsa verso gli obiettivi del millennio servirà ora raggiungere i ventinove miliardi di dollari annui entro il 2025. Avverte peraltro UNAIDS che: “Se il fabbisogno di risorse indicato dalla strategia, non viene allocato in modo completo ed efficiente, i costi a lungo termine per porre fine all'AIDS continueranno ad aumentare”. I costi stimati comprendono quelli per il trattamento completo dell'HIV, per la prevenzione, per farmaci e dispositivi sanitari (diagnostica, antiretrovirali, preservativi ecc.), per i servizi e il personale sanitario.
Ovviamente ci sono molte differenze tra i vari paesi e le diverse aree del mondo ma, generalmente, le risorse sono ovunque inferiori a quanto a necessario. L'Africa orientale e meridionale ha il maggior fabbisogno di risorse pro capite, vista la sua elevata prevalenza di HIV, e rappresenta il 28% del fabbisogno totale di risorse stimato entro il 2025. Elevato anche il fabbisogno dell'Asia e della regione del Pacifico (32% del fabbisogno globale). Pur presentando una minore prevalenza di HIV, queste regioni sono molto più popolose e devono far fronte a costi unitari più elevati come, ad esempio, quelli per gli antiretrovirali. Analoghe considerazioni valgono per l’America Latina (14% del fabbisogno) mentre nella Regione Europea dell’OMS il fabbisogno è dell’11% delle risorse globali. La riduzione del prezzo dei farmaci, soprattutto dei trattamenti ART antiretrovirali, potrebbe rendere molto più facile raggiungere gli obiettivi del piano. Sfruttando al meglio la flessibilità concessa dagli accordi TRIPs sulla proprietà dei brevetti e con una maggiore efficienza nella contrattazione di appalti, UNAIDS prevede che il numero delle persone con HIV in trattamento potrebbe aumentare del 35% entro il 2025. Di contro, l’aumento della spesa sarebbe solo del 17%.
Oltre ai servizi sanitari è inoltre necessario, secondo UNAIDS, incrementare la protezione sociale delle persone con HIV o che sono esposte all’HIV, un problema, in verità molto più ampio se si pensa che, attualmente, solo il l 29% della popolazione mondiale ha accesso a forme di copertura sociale e che ne sono privi i due terzi dei bambini di tutto il mondo. In particolare le popolazioni chiave vengono riconosciute beneficiarie di qualche forma di protezione sociale solo in ventisei paesi. Le donne e le ragazze continuano inoltre a sostenere gran parte del lavoro di assistenza non retribuito, relativo all'HIV.
In sintesi i macro-obiettivi indicati da UNAIDS in tema di risorse economiche sono i seguenti:
- Aumentare gli investimenti globali per l’HIV fino a 29 miliardi di dollari all’anno entro il 2025
- Almeno il 45% delle persone con HIV, o a rischio di HIV e AIDS deve avere accesso a una o più prestazioni di protezione sociale.
In un comune, recente, editoriale, Winnie Byanyima, Direttrice esecutiva di UNAIDS e Tomas Tobé presidente della commissione per lo sviluppo del Parlamento europeo scrivono: “Dobbiamo utilizzare questo momento per intensificare la solidarietà globale, compresi investimenti duraturi nello sviluppo, per costruire società più resilienti che rafforzino la sicurezza di tutti (… ). Porre fine all'epidemia di AIDS entro il 2030 rimane alla portata del mondo, ma ciò non sarà possibile senza creare società più forti costruite sui principi dell'uguaglianza di genere, della giustizia sociale e del riconoscimento dei diritti umani universali, compresa la salute ei diritti sessuali e riproduttivi. In caso contrario, si metterà a rischio la vita di milioni di persone pregiudicando la realizzazione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, inclusa la fine dell'AIDS come minaccia per la salute pubblica”.