Informare sull’HIV/AIDS – guida per il mondo del giornalismo e della comunicazione

guida giornalisti copertina“Informare sull’HIV/AIDS” è una guida destinata al mondo del giornalismo e della comunicazione prodotta da LILA. Questo strumento ha l’obiettivo di fornire ai destinatari, in modo sintetico ma esaustivo, tutte le informazioni di base necessarie a parlare di HIV con correttezza scientifica e deontologica, utilizzando un linguaggio non stigmatizzante e rispettoso della dignità delle persone. 

Allegato: Informare sull’HIV/AIDS – guida per il mondo del giornalismo e della comunicazione

 

 


 

Il caso di padre Melis: la giustizia deve fare il suo corso ma l’HIV non è un reato e le persone con HIV non sono socialmente pericolose. Basta stigma!

Le accuse mosse dalla procura di Genova al sacerdote Andrea Melis, per abusi e violenze sui minori, sono indiscutibilmente gravissime e meritano tutta l’attenzione che autorità giudiziarie e media gli stanno dedicando. Sulla vicenda specifica, dunque, non diremo altro se non augurarci che venga fatta piena luce sui fatti, sulle responsabilità e che sia resa giustizia alle vittime.

Per l’ennesima volta, tuttavia, la LILA è costretta a segnalare la scorrettezza del linguaggio e dei contenuti con cui viene trattato il tema HIV in relazione a fatti di cronaca. Di nuovo, si diffondono informazioni scientificamente sbagliate e fortemente stigmatizzanti nei confronti di tutte le persone con HIV, in un cortocircuito comunicativo tra autorità giudiziarie e diversi organi d’informazione, che rischia di incidere negativamente sul rispetto dei diritti umani e della salute pubblica.

Certamente, esporre consapevolmente altre persone al rischio di contrarre l’HIV può essere una condotta penalmente rilevante che la magistratura ha il dovere di approfondire; ma, di contro, nel 2024, chi fa informazione non può non sapere che le persone con HIV in terapia antiretrovirale, nella quasi totalità dei casi, non trasmettono il virus. Tale evidenza scientifica è conclamata da oltre un decennio ed è nota internazionalmente con la sigla U=U, Undetectable equals Untrasmittable, ossia se la carica virale di una persona con HIV non è rilevabile (grazie alle terapie) il virus non è trasmissibile. Una persona con HIV e carica virale soppressa, dunque, non espone nessuno al rischio d’infezione, anche in caso di rapporti sessuali non protetti. Lo stato di non infettività di una persona accusata di aver volutamente trasmesso l’HIV sarebbe, dunque, in casi come questo, la prima condizione da accertare.

Alla luce della verità scientifica e del rispetto dovuto a tutte le persone che vivono con l’HIV, appaiono scioccanti diverse frasi contenute nell’autorizzazione all’arresto formulata dall’ufficio del GIP, che, in particolare, sostiene: La pericolosità sociale del sacerdote è ancora maggiore se si pensa al fatto che è portatore di HIV e che ha intrattenuto rapporti sessuali non protetti con le vittime di abusi”. Tale affermazione, rivelatrice di una visione distorta dell’infezione, è stata sintetizzata dai media, quasi unanimemente e senza fornire un contesto informativo adeguato, con l’assioma: “Padre Melis ha l’HIV ed è dunque pericoloso”. Crediamo che non ci sia bisogno di spiegare ulteriormente come frasi e titoli simili colpiscano indistintamente la dignità di tutte le persone che convivono con il virus, spingendosi ben oltre il caso specifico di cui si sta parlando in questi giorni. Il messaggio finale che giunge al lettore è che chi ha l’HIV sia socialmente pericoloso. Ancora una volta, avere l’HIV viene considerato un reato aggiuntivo, un reato-spia, la conferma di condotte criminali o moralmente corrotte, tanto da divenire quasi predominante rispetto ai gravissimi reati originari contestati all’indagato. Ci chiediamo se tale scelta comunicativa sia frutto di scarsa conoscenza del tema HIV/AIDS o non risponda, piuttosto, all’esigenza di amplificare l’impatto mediatico di un caso giudiziario, con buona pace delle conseguenze sulla dignità delle persone e della salute pubblica.

La non infettività di chi assume terapie si può verificare molto facilmente e molto velocemente e, in attesa dei necessari riscontri, ci si attenderebbero profili di massima prudenza da tutti gli attori. Notiamo, invece, come sia stato ignorato o trattato come un elemento marginale, il chiarimento dei legali di Melis, secondo i quali il loro assistito è in terapia antiretrovirale almeno da dodici anni presso l’ospedale San Martino di Genova e non è, dunque, in grado di trasmettere l’HIV. A Bari, di recente un uomo è stato assolto dall’accusa di lesioni personali gravissime, proprio perché ne è stata riconosciuta la non infettività, sebbene ciò sia avvenuto dopo un calvario giudiziario durato ben sei anni. Omettere o ignorare la potenza di queste terapie non rende un buon servizio né alla giustizia né all’informazione e, anzi, ostacola la diffusione di messaggi scientificamente corretti, pregiudica la prevenzione e compromette i diritti delle persone.

Un’ultima osservazione riguarda la diffusione di notizie sensibili sullo stato di salute di una persona che, per quanto accusata di reati gravissimi, deve veder riconosciuto il proprio diritto ad un trattamento dignitoso. Per questo, la divulgazione di dati sensibili, come quelli sulla salute, è ammessa solo se si tratti di aspetti verificati e strettamente correlati ai fatti. Questo principio deontologico viene, però, puntualmente ignorato quando si tratta di HIV. Contenute nell’ordinanza d’arresto stilata dalla GIP, tali informazioni sono state riprese e rilanciate, in molti casi, senza alcuna cautela e senza essere accompagnate dal necessario approfondimento scientifico.

A causa di questa visione colpevolizzante dell’HIV, le persone che possono essersi esposte al rischio d’infezione (cioè, chiunque abbia rapporti sessuali non protetti) continueranno a evitare o a ritardare il test nel timore di ricevere un esito positivo, chi ha l’HIV continuerà a nascondere il proprio stato sierologico nel timore di subire discriminazioni e chi discrimina, si sentirà autorizzato a farlo. Sono decine, ancora, i casi di discriminazioni che ci vengono segnalati ogni anno sul lavoro, nella società, negli ambienti sanitari. ONU e UNAIDS da tempo ammoniscono sulla stretta correlazione tra stigma e aumento delle infezioni; chiunque abbia responsabilità pubbliche dovrebbe tenerlo sempre ben presente.

Il diritto di cronaca resta un caposaldo della nostra Costituzione e della nostra democrazia, tuttavia, questo non esime nessuno da un approfondimento rigoroso dei fatti, dall’utilizzo di un linguaggio appropriato e da una valutazione meditata sugli aspetti d'interesse generale dei fatti da riportare.

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