Sistemi di raccolta dati su HIV e AIDS che confliggono tra loro provocando una perdita del 10% delle nuove diagnosi secondo la stessa direttrice del centro operativo AIDS dell'Istituto Superiore di Sanità. Procedure diverse da regione a regione, spesso antiquate e che sottodimensionano il fenomeno. Mancanza di un punto di riferimento fondamentale, ovvero il numero dei test effettuati: E’ quanto emerge da “Come si conta la salute?” la nuova inchiesta di LILANews - pubblicata oggi in concomitanza con l’apertura di Icar 2016 - che ha messo sotto la lente d’ingrandimento il sistema italiano di sorveglianza delle nuove infezioni da HIV/AIDS, mostrando come le circa 4000 nuove diagnosi che dal 2009 ad oggi sono state comunicate in occasione del 1 dicembre sono un dato certamente inferiore alla realtà. E che dietro al generale disinteresse verso la tematica, si potrebbe nascondere una vera emergenza.
Dalle 13 l'inchiesta è online su LILAnews.
“Urge una nuova legge che unifichi il registro nazionale dell’AIDS istituito negli anni ’80 con la sorveglianza dell’HIV nata nel 2008, perché la coesistenza dei due sistemi porta a una perdita di dati stimabile fino al 10% delle nuove diagnosi”: E’ quanto afferma Barbara Suligoi, direttrice del Centro Operativo AIDS dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) intervistata nell’ambito dell’inchiesta “Come si conta la salute?” realizzata da LILANews, testata della Lega Italiana per la Lotta contro l’AIDS (LILA), e pubblicata in occasione dell’apertura oggi a Milano di Icar 2016, VIII conferenza italiana su AIDS e retrovirus. L’inchiesta ha analizzato il sistema che oggi conta i nuovi casi di HIV e AIDS in Italia intervistando gli operatori della catena che maneggia i dati sulle infezioni - i medici degli ambulatori, i dirigenti dei dipartimenti di infettivologia degli ospedali e i funzionari regionali – prima che questi giungano all’Iss e il 1° dicembre vengano comunicati al pubblico.
“Se il dato delle 4000 nuove infezioni ogni anno appare stabile e quindi tranquillizza i politici, questo numero potrebbe invece nascondere un allarme se negli stessi anni fosse calato il numero di persone che fa il test HIV”, evidenzia la statistica Carla Rossi. Ma questo dato manca e oggi “non si può costruire una politica sanitaria in maniera razionale”, afferma Rossi. Dall’inchiesta emerge che i sistemi di registrazione dei dati sulla sorveglianza sono diversi da regione a regione: in alcuni casi informatizzati, in altri basati sul passaggio manuale di carte. Nel Lazio c’è poi il sistema più antico e che certamente sottostima le nuove diagnosi: il centro regionale esclude le segnalazioni di persone dello stesso sesso, nate lo stesso anno e residenti nello stesso comune. Invece in Toscana accade che i numeri delle nuove diagnosi si ripetano due volte nel corso di due bienni.
"Da tempo sollecitiamo le istituzioni italiane ad una maggiore attenzione sui numeri che vengono dati quando si parla di HIv, perché grande ci sembra la confusione e scarse le attenzioni poste a questo tema", afferma il presidente della LILA Massimo Oldrini nell’editoriale dell’inchiesta in cui evidenzia come anche in ambito europeo viene rimproverata all'Italia una grave carenza in termini di dati sull'HIV. "Non ci interessa trovare le responsabilità o un capro espiatorio - conclude - ci interessa invece trovare maggiore attenzione da tutte quelle istituzioni italiane coinvolte nel controllo dell’infezione che oggi quasi si rimpallano responsabilità".