IAS 2013 - Secondo Bollettino - Martedì 2 luglio 2013

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LILA Onlus - Lega Italiana per la Lotta contro l'Aids, in collaborazione con NAM, è lieta di fornirti la copertura scientifica ufficiale on-line della 7° Conferenza su Patogenesi, Trattamento e Prevenzione dell'HIV - IAS 2013, in corso a Kuala Lumpur, Malesia, dal 30 giugno al 3 luglio 2013.


 


LE NOTIZIE DEL SECONDO BOLLETTINO - 2 Luglio 2013

l trattamento dell'HIV nei bambini
Dopo la presentazione delle nuove linee guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per il trattamento dell'HIV alla 7° Conferenza dell'International AIDS Society, gli esperti di pediatria hanno lanciato un appello a incrementare gli sforzi per estendere la diagnosi precoce nei bambini e mettere a punto farmaci più facili da assumere per loro.

Le nuove linee guida OMS raccomandano che tutti i bambini al di sotto dei cinque anni inizino immediatamente il trattamento. La stessa raccomandazione è rivolta anche ai bambini di età uguale o superiore ai cinque anni con una conta dei CD4 inferiore alle 500 cellule per mm3.
La difficoltà maggiore per il trattamento precoce dei bambini consiste nella mancata diagnosi dell'infezione nelle prime settimane dopo la nascita. Secondo gli esperti, un enorme passo avanti per aumentare le diagnosi sarebbe l'introduzione dei test diagnostici per l'HIV all'interno dei centri di vaccinazione, dove oltre l'80% delle madri in Africa sub-sahariana porta i figli. Positivo sarebbe anche un miglioramento dei sistemi informativi sanitari, dato che una mancata diagnosi di un bambino può essere dovuta al fatto che non ne è stata segnalata l'esposizione al virus.

Una maggiore integrazione tra servizi di cura per bambini e quelli per adulti, con più personale specializzato in cure pediatriche, potrebbe consentire di incrementare il numero di bambini che iniziano le terapie anti-HIV. Nei paesi a basso e medio reddito, ci sono due milioni di bambini già eleggibili per il trattamento che ancora non lo ricevono e, con le nuove linee guida, se ne aggiungeranno altri 750.000.
Per avvicinare sempre più persone al test e al trattamento, sono utili gli interventi di sensibilizzazione e informazione a livello locale sull'infezione, i sintomi e il trattamento. Molti genitori, infatti, non sanno che i loro figli possono aver contratto l'HIV anche se ancora non mostrano segni di malattia.

Gli esperti riuniti a un incontro satellite dedicato all'accesso al trattamento pediatrico dell'HIV hanno convenuto che, per stimolare l'entrata in terapia, sarà fondamentale sviluppare nuovi farmaci pensati per i bambini. Non tutti gli antiretrovirali, infatti, sono disponibili in formulazioni adatte; molti sono difficili da assumere; e inoltre non ci sono combinazioni a dosi fisse per il trattamento pediatrico. Sono già allo studio nuove formulazioni che si spera siano autorizzate entro il 2015.
"Per tradurre nella pratica le raccomandazioni [delle linee guida OMS] e ottenere risultati in termini di accesso al trattamento, sarà necessario tutto il sostegno possibile da parte delle associazioni benefiche, le agenzie di controllo nazionali e internazionali, i programmi HIV nazionali, la società civile e le persone sieropositive stesse", commenta il dott. Marc Lallemant, responsabile del programma pediatrico Drugs for Neglected Diseases Initiative.

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Entrare e rimanere nel percorso cura
Per il benessere della persona sieropositiva è importante che ci sia un costante contatto con i servizi per il trattamento e la cura dell'HIV, con un continuo monitoraggio e un intervento tempestivo sui problemi di salute. L'erogazione dei servizi HIV nel mondo varia sensibilmente da regione a regione, e spesso la loro efficacia è condizionata sia dalla mancata percezione dei benefici che dai limiti dei sistemi sanitari locali. Oggi ci sono nuovi modelli di cura, pensati soprattutto per i contesti poveri di risorse, volti a coinvolgere e mantenere in cura le persone sieropositive e quelle a rischio di contrarre l'infezione, senza gravare insostenibilmente sui servizi sanitari.

Gli autori di uno studio condotto nella provincia rurale di KwaZulu-Natal, Sudafrica, hanno analizzato le ragioni per cui si entra nel percorso di cura o, al contrario, lo si abbandona dopo una diagnosi di HIV. Tutti i partecipanti avevano ricevuto la diagnosi tramite un servizio che offriva test e counselling a domicilio.
Dallo studio è emerso che fattori come la giovane età, lo scetticismo sui risultati del test e l'idea che gli antiretrovirali facciano stare male erano associati a una minore probabilità che la persona acceda ai servizi HIV. Altri fattori erano l'appartenenza a una famiglia con più di due adulti, il poco tempo disponibile per le cure mediche e l'assunzione di alcol.
Le probabilità aumentavano invece nelle persone che contavano di ricevere i farmaci e gli altri articoli sanitari di cui avevano bisogno presso centri locali, e in quelle che sviluppavano più di tre sintomi di depressione dopo aver ricevuto la diagnosi.

Il progetto faceva parte di un programma nazionale per aumentare la consapevolezza dello stato sierologico nella popolazione, attuando interventi che favoriscono l'adesione al test a livello locale. Questo tipo di progetti hanno migliori possibilità di riuscita quando le persone con diagnosi positiva vengono prese in cura immediatamente dopo la diagnosi, potendo così iniziare tempestivamente il trattamento. E proprio questa potrebbe essere la maggiore difficoltà.
Secondo gli autori, in quest'ottica può essere utile mettere a disposizione servizi ben radicati nel territorio e centri sanitari con orari flessibili, ma anche informazioni sui nuovi farmaci antiretrovirali, meno impattanti di quelli attualmente più diffusi.
Un secondo studio, proveniente dall'Uganda, ha riscontrato che le persone divorziate, vedove o sposate restavano più in cura rispetto ai single. Altri fattori sociodemografici come il livello di istruzione, il sesso o l'età non sembravano invece incidere in maniera rilevante.

I nuovi modelli di cura non si limitano però ai contesti più poveri. Alla Conferenza si è parlato dell'esperienza di un centro comunitario di Barcellona dove è stato effettuato un terzo delle nuove diagnosi di HIV nei maschi gay della Catalogna (Spagna). Quasi tutti quelli con diagnosi positiva sono stati presi in carico dai servizi sanitari.
BCN Checkpoint, questo il nome del progetto, è stato uno dei primi centri in Europa per il test HIV rivolti a maschi gay. Il test è rapido, eseguito in loco da personale non sanitario e volontari che offrono anche counselling tra pari, con un atteggiamento molto positivo verso il sesso. In Spagna, il test HIV si effettua di norma nelle strutture ospedaliere generiche o presso il medico di base, e non sempre questi uomini trovano medici in grado di offrire loro il tipo di supporto di cui hanno bisogno.
Il BCN Checkpoint, invece, è specificamente rivolto ai maschi gay ad alto rischio di infezione da HIV, che, dopo il primo test, tendono a tornare al centro per tenersi sotto controllo. Si teme che chi riceve la diagnosi di sieropositività presso un servizio comunitario come questo successivamente possa non rivolgersi ai servizi HIV del sistema pubblico. Il BCN Checkpoint offre alle persone che ricevono una nuova diagnosi di HIV un servizio di consulenza tra pari con un membro del personale o un volontario a sua volta sieropositivo, e può prenotare la visita da un infettivologo e all'occorrenza aiutare con la modulistica necessaria per essere preso in carico dal servizio sanitario pubblico.

Oltre il 90% degli uomini diagnosticati sieropositivi ha avuto accesso alle cure grazie all'aiuto del centro, con una perdita al follow-up appena del 2,4%.

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Prevenzione: educazione e sostegno per i MSM in Africa
La ricerca su salute e comportamento dei maschi gay e altri uomini che fanno sesso con uomini (MSM) dovrebbe essere messa maggiormente a frutto, traducendo le conoscenze acquisite in programmi di informazione e sostegno. È la conclusione raggiunta dopo un dibattito con il pubblico tenutosi ieri alla Conferenza.
Come affermato alla Conferenza, la prevalenza di HIV tra gli MSM, a livello globale, è pari a quella degli eterosessuali nell'Africa sub-sahariana. A causa della mancanza di dati statistici dettagliati, è difficile avere il vero quadro della situazione di molti paesi africani, sia in termini di prevalenza che di rischio. A ostacolare l'attuazione di progetti di ricerca specificamente mirati agli MSM in Africa è anche la diffusa ostilità che circonda l'omosessualità in molte zone del Continente, rendendo difficile l'arruolamento di un campione rappresentativo di partecipanti. Un ulteriore limite è il fatto che nei progetti di ricerca non vengano offerti sostegno ed educazione continua.

In risposta a questi problemi, i ricercatori della Johns Hopkins University hanno avviato un innovativo progetto a Blantyre, in Malawi, arruolando 330 MSM per studiarne salute e comportamenti a rischio HIV, ma offrendo anche un programma continuativo di monitoraggio sanitario, educazione e sostegno per 100 partecipanti sieronegativi. Sono stati reclutati e formati degli operatori che offrissero sostegno tra pari ai partecipanti per tutto l'anno successivo allo studio, e il personale sanitario locale è stato sensibilizzato e informato sulla salute e sui bisogni specifici degli MSM in termini di prevenzione. Soltanto uno dei partecipanti ha abbandonato il programma durante questo lasso di tempo.
In questa sessione si è parlato anche di altri progetti rivolti a MSM in India, Stati Uniti, Francia e Perù.

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Coinfezione da HIV ed epatite C nei maschi gay
Le patologie epatiche restano una frequente causa di malattia e morte tra le persone sieropositive, e particolarmente problematica è la coinfezione con il virus dell'epatite, che provoca l'infiammazione del fegato. Dai risultati di uno studio condotto al Chelsea and Westminster Hospital di Londra si apprende adesso che i maschi gay guariti dall'epatite C vanno spesso incontro a una reinfezione.
Dall'infezione da epatite B o C si può guarire senza bisogno di farmaci, anche se è più difficile per chi è anche affetto dall'HIV. Per l'epatite B e l'epatite C cronica sono disponibili trattamenti farmacologici e – diversamente dall'HIV – si può arrivare a una completa guarigione. Dopo aver contratto l'epatite B si diventa naturalmente immuni al virus che la causa: lo stesso non vale invece per l'epatite C, il che significa che si resta vulnerabili alla reinfezione.

Sono stati rilevati tassi molto alti di epatite C tra i maschi gay sieropositivi in tutta una serie di città europee, statunitensi e australiane, il che è ormai unanimemente attribuito alla trasmissione del virus dell'epatite C per via sessuale. Dagli studi di Londra è emerso che il 23% dei partecipanti, dopo aver eliminato il virus spontaneamente o in seguito alla terapia, hanno subito una reinfezione, un quarto di loro nel giro di due anni.
In alcuni casi si sono rilevate anche seconde e terze reinfezioni – per un totale di 54 durante il corso dello studio. La raccomandazione degli autori è che i maschi gay siano sottoposti con regolarità al test per l'epatite C, per consentire la diagnosi precoce e il trattamento tempestivo delle nuove infezioni.

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Infohep.org: per essere sempre aggiornati sugli ultimi sviluppi in materia di epatite
La ricerca sull'epatite è in continua evoluzione. NAM è lieta di presentare agli abbonati ai suoi bollettini un nuovo sito creato in collaborazione con la Federazione Europea Pazienti Epatopatici (ELPA).
Insieme lavoreremo per diffondere informazioni chiare e accurate per dare sostegno alle associazioni dei pazienti e a tutti coloro che operano nel campo dell'epatite in Europa.

L'obiettivo di infohep.org è di rappresentare una risorsa online di alta qualità, che contribuisca a fare informazione sull'epatite virale, le terapie disponibili e i bisogni delle persone che ne sono affette in Europa.
Quella con l'epatite è una delle coinfezioni più diffuse tra le persone sieropositive, e sappiamo che molti dei nostri utenti soffrono anche di epatite o lavorano in questo campo.
Se vuoi ricevere il bollettino informativo mensile di infohep, puoi iscriverti qui. (http://www.infohep.org/news/Email-bulletins/page/2571002/) Informa anche tutti i tuoi contatti.

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Allegato: IAS 2013 - Secondo Bollettino

 

Hanno aderito al progetto la Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani (F.O.F.I.) e la Federazione Nazionale Associazioni Giovani Farmacisti (Fe.N.A.Gi.Far.).
La traduzione dei bollettini è curata da LILA Onlus con il sostegno di 3GM.

3GM FOFI

 

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