LILA Onlus - Lega Italiana per la Lotta contro l'Aids, in collaborazione con NAM, è lieta di fornirti la copertura scientifica ufficiale on-line della XXII Conferenza sui Retrovirus ed Infezioni Opportunistiche, in corso a Seattle, negli Stati Uniti, dal 23 al 26 febbraio 2015.
SECONDO BOLLETTINO
Utile iniziare la terapia anche con conte CD4 oltre 500, emerge da uno studio africano
Iniziare la terapia antiretrovirale quando la conta dei CD4 è superiore a 500, anziché attendere che scenda al di sotto di quella soglia come raccomandato nelle linee guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ha mostrato di ridurre il rischio di tubercolosi, altre gravi patologie e morte del 44%.
È quanto emerge da uno studio denominato Temprano, svoltosi nell'arco di sette anni in Costa d'Avorio. La sperimentazione era volta a verificare sicurezza ed efficacia dell'inizio precoce della terapia nei contesti poveri di risorse con alta prevalenza di tubercolosi e infezioni batteriche, in confronto all'inizio nei tempi standard. Sembrerebbe che un inizio precoce della terapia, nei contesti dove tali infezioni colpiscono duramente le persone affette da HIV, possa dare grandi benefici.
Allo studio condotto in questo paese dell'Africa occidentale hanno preso parte poco più di 2000 individui HIV-positivi naive al trattamento (conta mediana dei CD4: 465 cellule/mm3) non affetti da tubercolosi attiva. I partecipanti sono stati randomizzati per iniziare la terapia immediatamente oppure nei tempi all'epoca raccomandati dalle linee guida OMS. Quando lo studio è cominciato, la soglia indicata dall'OMS era di 200 cellule/mm3, ma durante il corso della sperimentazione le linee guida sono state aggiornate ed tale valore è stato innalzato a 500.
Endpoint primario dello studio era un composito costituito da: evento AIDS-definente di qualsiasi natura, grave infezione batterica, cancro non-AIDS-correlato o morte da qualsiasi causa. Tali eventi si sono verificati a un tasso di 4,9 per 100 persone/anni nei pazienti randomizzati per iniziare la terapia secondo le linee guida OMS, contro un tasso di 2,8 eventi per 100 persone/anni in quelli che hanno iniziato subito ad assumere i farmaci, con una riduzione del rischio in termini percentuali del 44%.
Gli eventi avversi risultati più frequenti sono tubercolosi e infezioni batteriche. Come già osservato nello studio HPTN 052, l'inizio precoce si è mostrato particolarmente efficace nel ridurre l'incidenza della tubercolosi disseminata (anziché polmonare).
Nel follow-up a lungo termine, gli effetti collaterali dati dai farmaci non hanno mostrato di creare problemi degni di nota per i pazienti che hanno iniziato precocemente la terapia.
Lo studio Temprano ha inoltre valutato il beneficio clinico di un ciclo di trattamento preventivo della tubercolosi a base di isoniazide della durata di sei mesi. I membri dei due bracci dello studio sono stati anche randomizzati per ricevere o meno questo trattamento, e chi l'ha assunto ha avuto il 35% di rischio in meno di incorrere in eventi gravi.
I risultati vanno a confermare l'ipotesi che il criterio "soglia dei CD4" per l'inizio del trattamento sarebbe da abbandonare, lasciando che ognuno decida di iniziare la terapia antiretrovirale quando si sente pronto, almeno nei contesti poveri dove tubercolosi e infezioni batteriche sono tra le prime cause di malattia tra le persone HIV-positive.
Nell'arco dei prossimi due anni arriveranno i risultati dello studio START, che forniranno informazioni su rischi e benefici dell'inizio precoce della terapia nei paesi sviluppati.
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PrEP ed ART combinate praticamente azzerano il rischio di trasmissione in coppie sierodiscordanti
Una strategia terapeutica che combina la profilassi pre-esposizione (PrEP) e la terapia antiretrovirale (ART) in coppie eterosessuali in cui uno solo dei partner è HIV-positivo ha mostrato di poter azzerare quasi del tutto il rischio di trasmissione del virus al partner HIV-negativo. Inoltre, e questo è un aspetto cruciale, protegge dalla trasmissione non solo all'interno della coppia, ma anche in caso di rapporti al di fuori di essa.
È quanto emerge dallo studio Partners Demonstration Project, condotto in Kenya ed Uganda dagli stessi ricercatori dello studio Partners sulla PrEP (che già aveva dimostrato l'efficacia della profilassi pre-esposizione in coppie sierodiscordanti), ma coinvolgendo coppie che non avevano preso parte allo studio precedente.
Benché sia la PrEP che la ART abbiano mostrato di ridurre sensibilmente il rischio di trasmissione dell'HIV, talora l'assunzione di farmaci viene rinviata, oppure non è costante. Questa strategia combinata sfrutta l'azione della PrEP come una sorta di 'ponte', finché non è raggiunta la completa soppressione virale. Al partner HIV-negativo viene somministrata la PrEP fintanto che quello HIV-positivo non inizia la ART e durante i primi sei mesi di terapia.
Per individuare più accuratamente i soggetti maggiormente a rischio di trasmissione, è stato elaborato un 'punteggio di rischio', calcolato valutando fattori di rischio come giovane età, numero non elevato di figli, mancanza di circoncisione per l'uomo, convivenza anziché matrimonio, tasso di rapporti non protetti recentemente avuti e carica virale alta al baseline.
Fino ad ora, circa la metà delle 1013 coppie arruolate nello studio hanno assunto soltanto la PrEP, un quarto sia PrEP che ART, una su sei soltanto la ART, mentre una su dieci non assume né l'una né l'altra. Dagli esami ematici, l'aderenza a entrambi i trattamenti appare buona.
L'incidenza di nuove diagnosi di HIV in questo gruppo è stata messa a confronto con quella rilevata nel braccio di controllo con placebo dello studio Partners.
Sulla base di quei dati, ci si sarebbe aspettati che nelle coppie prese in considerazione dallo studio si verificassero circa 40 nuove infezioni, equivalenti a un tasso annuo di incidenza di 5,2%. Le infezioni effettivamente avvenute sono state invece solo due, equivalenti a un'incidenza annua dello 0,2%. Ed entrambe le infezioni si sono avute in individui a cui la PrEP era stata prescritta, ma che l'avevano interrotta.
La riduzione del tasso di infezioni è del 96%, un dato statisticamente molto significativo. Si tratta, è vero, di una riduzione simile a quella già osservata nello studio HPTN 052, ma quello studio prendeva in considerazione soltanto gli eventi di trasmissione al partner principale, mentre questo considera anche gli eventi di trasmissione a individui al di fuori della coppia.
Gli autori ritengono che sia opportuno raccomandare questa strategia combinata a tutte le coppie sierodiscordanti, anche perché potrebbero beneficiarne anche altri soggetti a rischio di infezione, come gli MSM e le donne single.
Alla Conferenza si è parlato anche di come l'impiego della PrEP sia in aumento a San Francisco, una delle comunità dove questa nuova forma di prevenzione è stata adottata da più tempo. Le persone che hanno assunto la PrEP lo scorso anno hanno superato le 5000; e tuttavia restano appena un terzo degli individui ad alto rischio di contrarre l'HIV in quella comunità. Se invece la PrEP venisse assunta dal 95% degli individui a rischio, secondo i ricercatori le infezioni potrebbero calare del 70%.
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Nuovo inibitore della maturazione si mostra promettente
Un inibitore della maturazione dell'HIV di seconda generazione denominato BMS-955176 ha mostrato di avere un buon profilo di sicurezza e un'elevata efficacia in un piccolo studio proof-of-concept di fase 2a.
La terapia antiretrovirale di combinazione consiste in un insieme di farmaci che colpiscono l'HIV in diverse fasi del suo ciclo di vita. Nessuno dei principi attivi attualmente approvati, tuttavia, agisce sulle fasi di assemblaggio delle componenti virali, maturazione e fuoriuscita dalla cellula ospite. Per questo delle nuove classi di farmaci potrebbero essere di grande aiuto per i pazienti che hanno alle spalle dei fallimenti terapeutici e hanno sviluppato farmacoresistenze estese.
Un inibitore della maturazione noto come bevirimat aveva già dato prova di attività antivirale in studi precedenti, ma erano insorte difficoltà a livello di formulazione: oltre la metà dei soggetti che l'hanno sperimentato avevano ceppi virali poco suscettibili alla sua azione a causa di mutazioni spontanee nel gene Gag. Il BMS-955176 è invece un inibitore della maturazione di seconda generazione che sembra superare questo ostacolo.
Il BMS-955176 si è dimostrato notevolmente più efficace del bevirimat, dando prova della stessa attività antivirale con i ceppi di HIV di fenotipo selvaggio e quelli con polimorfismo del Gag al baseline. È inoltre risultato generalmente sicuro e ben tollerato in tutti i dosaggi sperimentati. Nei prossimi mesi è previsto l'avvio dello studio di fase 2b.
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La XDR-TB si diffonde da persona a persona, il fallimento terapeutico è una causa secondaria
La stragrande maggioranza degli individui affetti da tubercolosi estensivamente resistente ai farmaci (extensively drug-resistant tuberculosis, o XDR-TB) in Sudafrica non l'ha sviluppata come conseguenza di un fallimento terapeutico, bensì ha contratto l'infezione da altre persone. I dati provengono dallo studio di 400 casi di XDR-TB confermata dagli esami colturali nella provincia sudafricana di KwaZulu Natal.
La XDR-TB può effettivamente essere sviluppata a seguito di fallimenti plurimi nei trattamenti antitubercolari, che fanno sì che il paziente accumuli farmacoresistenza su farmacoresistenza. Si tratta in genere di pazienti già sottoposti a trattamento per la tubercolosi multifarmaco-resistente (MDR-TB). Tuttavia, tra i 400 pazienti presi in considerazione nello studio soltanto il 21% l'aveva sviluppata in questo modo.
Il restante 79% delle infezioni sono probabilmente da imputarsi a una trasmissione da persona a persona. Per quanto questa possa essersi verificata nel contesto ospedaliero, dal momento che metà di questi individui non erano mai stati in ospedale in precedenza, è probabile che la trasmissione sia avvenuta al di fuori.
L'analisi molecolare con determinazione del genotipo ha mostrato che molti dei 400 casi presentavano molte somiglianze a livello genetico, il che sarebbe coerente con l'ipotesi della trasmissione da persona a persona. Poco meno della metà di tutti gli isolati provenivano da un unico cluster di trasmissione, e di cluster ne sono stati identificati altri 22.
La trasmissione della XDR-TB nei contesti ospedalieri può essere ridotta attuando semplici misure a bassissimo costo, come ventilare bene le stanze dove vengono ospitati i pazienti con tale infezione e tenere separati i casi sospetti dagli altri pazienti. È inoltre importante che i test per la diagnosi dell'infezione da tubercolosi siano più rapidi e che i test di suscettibilità ai farmaci divengano disponibili ovunque.
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"Vacanza" dai farmaci nel fine-settimana per pazienti più giovani
Spesso mantenere l'aderenza a una terapia da assumere ogni giorno risulta più difficile per i giovani che per i pazienti più adulti. Alla Conferenza sono stati presentati dei dati molto incoraggianti in merito a un nuovo regime terapeutico mirato a consentire a bambini e adolescenti condurre normalmente la loro esistenza senza che l'aderenza ne risenta.
Per lo studio sono stati reclutati 199 giovani pazienti (età compresa tra gli 8 e i 24 anni, mediana 14) in sette Paesi europei, negli Stati Uniti, in Uganda, Thailandia e Argentina. Tutti seguivano un regime a base di efavirenz, presentavano carica virale non rilevabile e non avevano mai avuto rebound virali durante il trattamento. Erano in qualche modo pazienti atipici, perché tra i giovani le difficoltà ad aderire, i rebound virali, le farmacoresistenze e gli switch terapeutici sono molto diffusi.
I partecipanti sono stati randomizzati per ricevere o un trattamento a 'ciclo breve' o un trattamento ininterrotto. I pazienti del 'ciclo breve' assumevano i farmaci solo cinque giorni alla settimana, poi interrompevano per due giorni (solitamente il sabato e la domenica).
Il regime doveva essere a base di efavirenz perché questo farmaco resta più a lungo nel sangue: con qualsiasi altro agente, il regime non sarebbe stato sufficientemente sicuro.
Alla 48° settimana di follow-up non si sono riscontrate differenze in termini di rebound virali al di sopra delle 50 copie/ml: si sono verificati sei di tali casi nel gruppo del 'ciclo breve' e sette in quello del trattamento ininterrotto.
I ragazzi hanno accolto molto bene l'idea di un regime che consentisse loro di non assumere farmaci nel fine-settimana: tre quarti di loro hanno dichiarato che semplificava 'molto' la vita, soprattutto se volevano uscire nel fine settimana, perché molti sono riluttanti a far vedere che assumono farmaci. Il regime a 'ciclo breve' ha dato buoni risultati anche in termini di effetti collaterali.
Gli autori hanno sottolineato che si tratta di un risultato da prendere con molta cautela, e si sono raccomandati che nessuno inizi a saltare i farmaci nel fine-settimana prima che sia stata verificata al follow-up la sicurezza a lungo termine di questo tipo di regime. In particolare, questi dati valgono soltanto per pazienti che seguono un regime a base di efavirenz e che hanno carica virale non rilevabile e nessun precedente di rebound virale.
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Africa, profilassi con cotrimoxazolo utile anche con alte conte dei CD4
Interrompere la profilassi con cotrimoxazolo ha mostrato di aumentare il rischio di gravi infezioni batteriche e malaria in pazienti che assumono la ART in Uganda, come attestano i risultati di uno studio randomizzato.
Questo anche se i pazienti avevano conte dei CD4 elevate. Ora, le attuali linee guida in merito indicano che la profilassi con cotrimoxazolo può essere interrotta in pazienti adulti in regime di ART che hanno ottenuto la soppressione virale e iniziano a mostrare un recupero immunitario. Vero è però che la stessa OMS ha sottolineato come le evidenze a sostegno di questa raccomandazione non siano del tutto convincenti.
Il cotrimoxazolo è un antibiotico usato per trattare le infezioni batteriche. Può anche essere assunto regolarmente come farmaco preventivo, non solo per le infezioni batteriche ma anche per la malaria. Quando assunto su base regolare, però, esso può dare effetti collaterali, senza contare che aumenta il numero di farmaci da assumere per il paziente e da fornire per le farmacie.
Non sapendo con certezza quale beneficio effettivamente apporti alle persone in terapia antiretrovirale stabile, si è deciso di studiarne l'impatto in un contesto dove infezioni batteriche e malaria avevano un'elevata prevalenza. È stato dunque condotto uno studio nell'Uganda rurale a cui hanno partecipato oltre 2000 pazienti con una conta mediana dei CD4 di 518 cellule/mm3.
Coloro che sono stati randomizzati per ricevere un placebo hanno mostrato un tasso più alto di infezioni (2,9 per 100 persone/anni) rispetto a quelli che hanno invece continuato ad assumere il cotrimoxazolo (1,8 per 100 persone/anni). Gli eventi verificatisi con più frequenza sono state le polmoniti di origine batterica e le infezioni delle vie respiratorie superiori; anche la malaria si è riscontrata con più frequenza nei soggetti che avevano interrotto la profilassi con cotrimoxazolo.
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Allegato: CROI 2015 - Secondo Bollettino
La traduzione dei bollettini è a cura di LILA Onlus, con il sostegno del Circolo Aziendale GD.