Verso l'Ungass 2016: le nuove tendenze internazionali delle politiche sulle droghe e l'azione della società civile

Titolo: Towards Ungass 2016: new trends in drug policies and drug legislation in Italy and Europe
Data: 13 e 14 febbraio 2015
Autore: Lila

La prossima sessione speciale dell'assemblea generale Onu sulle sostanze stupefacenti prevede una riconsiderazione delle convenzioni internazionali che hanno giustificato la war on drugs a scapito della “riduzione del danno”. Un seminario organizzato da Forum Droghe ha fatto il punto sulle azioni da intraprendere, come organizzazioni della società civile, in vista dell'evento.

 UNGASSDefinire una proposta di riforma della legge sulle droghe e una piattaforma per un ruolo internazionale dell'Italia adeguate al cambiamento in atto nelle politiche globali sulle sostanze stupefacenti: con questi obiettivi la LILA insieme alle altre associazioni di Forum Droghe ha partecipato al seminario internazionale "Towards Ungass 2016: new trends in drug policies and drug legislation in Italy and Europe" che si è tenuto il 13 e 14 febbraio 2015 a Firenze. La nostra preoccupazione è che, in vista dell'Assemblea generale dell'Onu dedicata alle droghe, in Italia manchi un organo con delega politica sul tema. Dopo l'allontanamento di Giovanni Serpelloni dall'incarico di capo del Dipartimento Antidroga non è stato ancora designato un responsabile e referente politico che si assuma la responsabilità per il governo, delle linee di indirizzo sul tema "droghe" nella loro complessità. Inoltre, dal 2009 manca un confronto pubblico sul tema, non essendo più stata convocata la Conferenza nazionale sui problemi connessi con la diffusione delle sostanze stupefacenti e psicotrope che, secondo la legge 309/90, dovrebbe essere riunita ogni tre anni.

I partecipanti hanno sottolineato l'importanza della prossima Sessione speciale dell'Assemblea generale Onu sulle droghe (Ungass) che si terrà nel maggio 2016 a New York, per innescare un cambiamento radicale delle politiche globali sulle sostanze stupefacenti. L'evento avrebbe dovuto tenersi nel 2019, ma i presidenti della Colombia, del Guatemala e del Messico hanno chiesto di anticiparla, data l'urgenza dei problemi da affrontare: negli ultimi anni la guerra internazionale alla droga - che ha preso slancio dall'Ungass 1998 che ha stabilito l'obiettivo di "un mondo senza droghe" - ha inasprito in molti paesi problematiche di salute pubblica, corruzione, violenza e il mercato nero degli stupefacenti. Per questo, recentemente molti governi nazionali hanno espresso dissenso nei confronti della politica di "guerra alla droga", mentre sono sempre più le evidenze scientifiche che mostrano l'efficacia, in termini di salute pubblica, degli interventi di riduzione del danno per il contrasto di patologie a trasmissione sessuale come l'Hiv. Alcune organizzazioni internazionali, tra cui Idpc (International Drug Policy Consortium) – cui la LILA aderisce come associazione del Forum Droghe - hanno sollevato la questione di una reale partecipazione della società civile a Ungass 2016 e si sta lavorando per la costruzione di una Civil Society Task Force che sia presente all'evento.

Grazia Zuffa, direttrice di Forum Droghe ha aperto il seminario facendo un quadro della situazione italiana, molto cambiata negli ultimi tre anni, con la dichiarazione di incostituzionalità nel 2014 della legge Fini-Giovanardi 2006 - che ha reintrodotto la distinzione e tra droghe pesanti e leggere e delle relative pene - e con l'allontanamento dall'incarico di capo del dipartimento antidroga di Giovanni Serpelloni, con cui Italia aveva preso posizioni molto proibizioniste. Le prossime sfide italiane sono la campagna per la revisione delle sentenze emanate secondo le norme che sono state successivamente abolite dalla corte costituzionale e una riforma organica della legge sulle droghe. Un punto di partenza può essere considerato la proposta di legge 34/2006 centrata sulla decriminalizzazione dell'uso personale. Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti in Toscana ha illustrato i numeri che mostrano come il problema del sovraffollamento carcerario si sia ridotto con la dichiarazione d'incostituzionalità della Fini – Giovanardi. Tutte le organizzazioni partecipanti hanno concordato sull'importanza di fare lobby evidenziando i benefici degli interventi di "riduzione del rischio" su questioni di salute pubblica e rispetto dei diritti umani.


Gli interventi di esperti internazionali si sono focalizzate sui paesi che promuovono il cambiamento: dall'Uruguay agli Usa, con un'attenzione speciale alle esperienze europee. 
Just Say NoIl seminario internazionale ha riunito diverse reti e associazioni italiane e internazionali impegnate nella promozione di azioni di riduzione del danno, accesso all'uso terapeutico delle droghe leggere e per diritti dei detenuti. Diversi esperti internazionali hanno illustrato i cambiamenti in atto nel mondo nelle politiche sulle sostanze stupefacenti.

Mike Trace, presidente della rete Idpc (International Drugh Policy Consortium) ha parlato delle sfide alle convenzioni contro la droga che sono già state adottate da diversi stati. In America Latina, la Bolivia è uscita dal trattato e vi è poi rientrata con una specifica deroga sull'uso tradizionale delle foglie di coca, l'Uruguay ne è uscito e Costarica ed Ecuador stanno seguendo questa strada. In Usa due stati, Colorado e Washington, hanno liberalizzato la cannabis e il dibattito sulla questione al momento è forte: il 78% della popolazione dice che guerra alla droga ha fallito, in particolare negli swinging states. "Ma non bisogna sottostimare la parte di mondo che non vuole il cambiamento - ha detto Trace - il campione della guerra alla droga resta la Russia". "Nell'Asean c'è una narrativa politica di forte contrasto alla droga seguita in particolare da Malesia e Indonesia – ha affermato il presidente di Idpc - dove sono state eseguite recentemente esecuzione di cittadini occidentali, per il possesso di droghe". "La politica antidroga in Africa è legata a regimi dittatoriali, tuttavia l'Unione Africana si è mostrata aperta al cambiamento". "In Europa – ha sottolineato Trace - vi sono alcune esperienze di "cannabis social club" in Spagna e Belgio ma le posizioni dei governi sono molto moderate". L'impegno di Idpc si concentra sul lavoro del comitato delle ong di Vienna che segue i lavori dell'Unodc (Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine) e nella costituzione della task force di una società civile per l'Ungass 2016 per cui è importante sia individuato un finanziamento.

Steve Rolles, di Transform Drug Policy Foundation ha parlato dei diversi processi di legalizzazione in corso, come quello dell'Uruguay che è stato voluto dallo stesso presidente, mentre negli Usa c'è stato un grande sostegno popolare. Il modello elaborato dallo studio "Come legalizzare la cannabis, una guida pratica" realizzato dall'organizzazione inglese, si basa sul dare licenze a aziende private convenzionate e su coltivazioni domestiche registrate. E' quanto avviene nei "cannabis social club" nati in Spagna e Belgio, che prevedono una liberalizzazione delle droghe leggere mantenendo il controllo pubblico. Tom Decorte dell'università di Ghent in Belgio, ha illustrato il suo studio sui "cannabis social club" che producono e distribuiscono ai soci una quantità controllata di cannabis (circa 60 grammi per persona per 2 mesi), sia per uso medico che ricreativo. I club però si scontrano con una grande incertezza sulle normative. Tom Blickman, del TransNational Institute di Amsterdam ha sottolineato che vi sono iniziative per il cambiamento anche in Germania, Francia, Danimarca, Svizzera, Portogallo e Spagna, dove gruppi di cittadini stanno cercando la liberalizzazione con sistemi di regolamentazione sul modello dei "cannabis social club" ma i governi spesso "non vogliono prendersi la responsabilità".

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