Delle possibili correlazioni tra HIV e COVID-19, dopo le ONG, si stanno, via via, interessando tutte le principali agenzie internazionali e i servizi sanitari dei singoli paesi. Le indicazioni non sono molte al momento, visto che il Coronavirus denominato SARS-CoV-2, quello cioè che provoca la malattia COVID-19, è nuovo e, dunque, poco conosciuto. Mancano, per gli stessi motivi, una letteratura scientifica e degli studi in grado di descriverne l’evoluzione presso le comunità umane o presso specifici gruppi di popolazione. Tuttavia, delle indicazioni sono state elaborate ed è importante conoscerle.
Di fronte alla Pandemia di COVID-19, UNAIDS non ha mancato di esprimere preoccupazione per l’impatto che l’infezione potrà avere sulle popolazioni e sulle persone più vulnerabili ed esposte a stigma e discriminazioni e, tra queste, anche le persone con HIV, soprattutto nei paesi con sistemi sanitari più deboli. Di qui, ancora una volta, l’appello ai paesi membri ad agire nel pieno rispetto dei diritti umani e coinvolgendo le comunità.
Ci sono molte cose che la storia dell’HIV/AIDS può dirci e insegnarci sulla vicenda Coronavirus che sta mettendo sotto pressione il paese, pur nella totale diversità clinica e patogena dei due virus. Come è già accaduto per l’HIV, il nostro sistema sanitario, di fronte a un virus nuovo e sconosciuto, sta rivelando punte di eccellenza assoluta ma anche vulnus pericolosi che vanno colmati prima possibile, in particolare per quanto riguardala nostra cultura di sanità pubblica e le risorse disponibili per garantire il diritto alla salute di medici, pazienti, cittadini.
Ad oggi non ci sono molti dati disponibili o informazioni precise sull’interrelazione tra HIV e COVID-19; Il coronavirus che si va diffondendo in Italia e nel mondo è, infatti, troppo recente per disporre di una sufficiente letteratura scientifica. Delle prime indicazioni, comunque, ci sono. Si tratta di informazioni di carattere sanitario ma non solo. In molti centri, a causa dell'epidemia, è in corso,infatti, una riorganizzazione dei servizi per l'HIV.
Lo scorso febbraio il NIAID, l'Istituto Nazionale statunitense di allergie e malattie infettive, ha deciso di interrompere la somministrazione di una vaccinazione sperimentale per la prevenzione dell’HIV prevista da un suo studio clinico, l’HVTN 702, che aveva suscitato grandi speranze.
Nella regione europea dell’OMS oltre la metà delle nuove diagnosi riguardanti le donne, avviene con grande ritardo rispetto al momento dell’infezione, spesso quando cominciano a comparire i primi sintomi di AIDS o pre-AIDS. E’ quanto emerge dai dati presentati lo scorso novembre da ECDC, il Centro Europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie e dall’Ufficio regionale dell’OMS, l’organizzazione Mondiale della Sanità.
In occasione dell’annuale World Economic Forum svoltosi a Davos lo scorso gennaio, UNAIDS ha rivolto un duro richiamo ai governi affinché sia rapidamente colmata la carenza di risorse pubbliche per la salute. Per farlo servono politiche fiscali progressive, scelte che mettano al riparo i diritti delle persone dal crescente impatto del debito nazionale sulla spesa pubblica e una serrata lotta alle discriminazioni.
Le terapie ART, antiretrovirali, ricostituiscono con grande efficacia il sistema immunitario delle persone con HIV ma la “memoria” delle vaccinazioni ricevute prima dell’infezione, nonché la naturale immunizzazione infantile che si acquisisce reagendo ai virus, non sembrano poter essere pienamente ripristinate nelle persone che assumono questi trattamenti.
Il virus dell’Herpes Simplex di tipo 2, HSV-2, è un fattore determinante per la diffusione dell’infezione da HIV per via sessuale . A confermare, da tempo, questa stretta correlazione, sono numerose, dettagliate, ricerche.
Quali sono i livelli di conoscenza, implementazione e ricerca sviluppati dalla regione europea dell’OMS rispetto alla PrEP, la Profilassi Pre-esposizione, volta a prevenire l’infezione da HIV? A rispondere è un documento redatto da ECDC (centro Europeo per il controllo delle malattie), nell’ambito del monitoraggio biennale sull’attuazione della dichiarazione di Dublino del 2004, pubblicato lo scorso novembre.
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