Il Comics Corner, la fumetteria più nota di Genova, ha deciso di sostenere la LILA donandoci un’opera davvero speciale!
Lo stato di positività all’HIV non può divenire motivo di ricatto: lo ha gridato al mondo la cantante austriaca Conchita Wurst che si è rifiutata di sottostare alla minaccia di un ex partner, deciso, per ritorsione, a rivelare al mondo la sua condizione sierologica. E così è stata lei a farlo, suo malgrado ma senza rimpianti e con la speranza di poter dare coraggio ad altre persone con HIV.
Per fermare l'Hiv-1 potrebbe esserci una nuova strada. Biologi e virologi dell'Università di Cagliari hanno studiato una pianta endemica sarda i cui composti sono in grado di bloccare la replicazione del virus.
Il Consiglio "Giustizia e Affari Interni" dell’Unione Europea, organismo che raccoglie i ministri della Giustizia e degli Affari interni di tutti gli Stati membri, nella sua ultima riunione, ha adottato una raccomandazione in cui chiede l’applicazione di sanzioni non coercitive per i consumatori di droga detenuti o sottoposti a procedimenti giudiziari.
Lo scorso otto marzo 2018 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, ed è dunque esecutivo, il protocollo che permette la donazione di organi da pazienti HIV positivi ad altri pazienti con infezione da HIV.
Lo ha annunciato il direttore del Centro Nazionale Trapianti, Alessandro Nanni Costa, in occasione degli Stati Generali della Rete Trapiantologica italiana: “La novità ha una grande importanza sociale –ha spiegato il Direttore- perché toglie un fattore di discriminazione al paziente con HIV, ovviamente senza modificare la sicurezza con cui viene effettuato un trapianto".
Un recente studio condotto dall’ “Infectious Diseas society of America”, pubblicato da Oxford University Press lo scorso febbraio, ha dimostrato che un uso consistente della Cannabis da parte di persone con HIV in trattamento ART (antiretrovirale) è associato a una riduzione potenzialmente benefica dell’infiammazione sistemica e dell’attivazione immunitaria.
I 198 partecipanti allo studio sono stati divisi in quattro categorie: consumatori abituali di cannabis, consumatori medi o occasionali e non consumatori. Gli studiosi hanno scoperto nei consumatori abituali di cannabis una diminuzione, rispetto ai non consumatori, dell’attivazione di cellule T4 e di alcuni sottotipi di cellule che presentano antigeni infiammatori.
"Questa nuova scoperta è importante -hanno spiegato gli studiosi- perché livelli più alti di attivazione delle cellule T sono associati a un minor recupero delle cellule CD4 in regime di ART e ad una mortalità più alta”. I cannabinoidi potrebbero dunque apportare un beneficio immunologico alle persone in ART poiché l’abbassamento della frequenza di cellule T può limitare il rischio di sviluppare comorbidità non associate all’AIDS. Evidenziata anche una diminuzione di interleuchina-23, l’antigene presentatore di fattori di necrosi tumorale alfa (TNF-α.)
E’ anche importante notare che nel gruppo dei consumatori abituali e occasionali di cannabis si è riscontrato un più alto numero di individui con coinfezione da HCV, ossia di epatite C. Nonostante ciò, le persone di questo gruppo hanno continuato a mostrare indicatori di infiammazione più bassi rispetto al gruppo di non consumatori. Successivi studi potrebbero essere utili per comprendere gli effetti che l’HCV ed altre coinfezioni comuni possano avere nella popolazione con HIV che fa uso di cannabis, così come per chiarire secondo quali meccanismi la cannabis possa causare una ridotta attivazione immunitaria, aspetto per ora non ancora ben definito.
La cannabis terapeutica è un farmaco ampiamente utilizzato negli Stati Uniti, il suo utilizzo tra la popolazione con HIV è molto alto e continua a espandersi nonostante le restrizioni poste alla ricerca. “Nuovi studi potrebbero invece aiutare i medici nel consigliare adeguatamente l’utilizzo di questo farmaco ai loro pazienti” ha detto a “Md Magazine” David L. Nathan, MD, DFAPA, presidente del consiglio di amministrazione di “Medici per il regolamento sulla cannabis”.
Le implicazioni cliniche di questo studio, visti i benefici immunologici che i cannabinoidi possono avere, suggerirebbero –concludono i ricercatori- di investigare come i derivati della cannabis non psico-attivi possano essere usati come terapie in combinazione con la ART.
Caterina Zorzi era nata a Padova il 28 luglio del 1961. Operatrice psichiatrica, scoprì di aver contratto l’infezione da HIV nel 1984 e da allora divenne un’instancabile attivista, presente in tutte le grandi battaglie per i diritti delle persone con HIV. Si avvicinò da subito alla LILA fino a divenire parte fondamentale della nostra storia. Nell’aprile del 1996 è stata tra i fondatori e le fondatrici di Lila Trieste, città in cui viveva a e lavorava. Dal 2002 al 2005 è stata anche membro del Coordinamento nazionale dell'Associazione. Caterina ci ha lasciati lo scorso ottobre.In occasione di questo 8 marzo il nostro ricordo è per lei, un’amica e una donna forte e coraggiosa.
Nella foto: Caterina nel 1996 durante l'occupazione di Farmindustria: guarda il video!
Il tema droghe è tra i grandi assenti di questa campagna elettorale e nei programmi di partiti e movimenti non compare che in modo marginale. Per questo le associazioni e le organizzazioni che si riconoscono nel Cartello di Genova, lo scorso 16 febbraio, in una conferenza stampa svoltasi al Senato, hanno presentato una piattaforma in 7 punti da sottoporre a candidati/e alle prossime elezioni e alle rispettive formazioni politiche chiedendo un impegno pieno e concreto su questi temi.
Grazie alle terapie antiretrovirali (ART), le aspettative di vita delle persone con HIV si sono ormai avvicinate a quelle della popolazione generale. Secondo dati UNAIDS, nel 2015 le persone con HIV nel mondo erano 36,7 milioni e di queste quasi 6 milioni avevano dai cinquant'anni in su, una percentuale concentrata in buona parte nei paesi in cui è garantito l’accesso a terapie e servizi. Gli esperti prevedono una veloce evoluzione di questo quadro: recenti modelli olandesi stimano che il 70% delle persone HIV positive nel 2030 avrà più di cinquant’anni. Sta dunque crescendo rapidamente la prima generazione anziana con l’HIV.
L’educazione sessuale dei più giovani è presupposto imprescindibile per la realizzazione di un pieno rispetto dei diritti umani, per l’uguaglianza di genere, per promuovere la salute, il benessere, la realizzazione di sé, per raggiungere entro il 2030 gli obiettivi Onu per uno sviluppo sostenibile. Lo sostiene l’UNESCO nella presentazione di un nuova guida, completa e aggiornata, basata sulle evidenze scientifiche, dedicata all’educazione sessuale o CSE (comprehensive sexuality education).
Le persone con HIV sono tra le più attente alla propria salute, quelle con la più assidua frequentazione di medici e strutture sanitarie (grazie anche al buon livello dei reparti d’infettivologia) e, spesso, le più informate su come prevenire altre patologie da quelle cardiovascolari a quelle osteo-muscolari, alle IST (infezioni sessualmente trasmissibili). Grazie alla TasP (Treatment as Prevention) sono inoltre, al momento, anche quelle meno a rischio di trasmettere l’infezione: infatti, una persona in cura, con carica virale stabilmente non rilevabile, non è infettiva e il livello di successo terapeutico tra le persone in trattamento, supera ormai in Italia l’80%.
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