Rapporto della Fondazione Kaiser e UNAIDS sui finanziamenti dei governi donatori per la lotta all’HIV nei paesi di basso e medio reddito nel 2016

Data: luglio 2017
Autore: UNAIDS, Kaiser Family Foundation

I contributi dei governi donatori per la lotta al virus precipitano per il secondo anno consecutivo, passando da $7.5 miliardi nel 2015 a $7.0 miliardi nel 2016: sono gli ultimi dati sulle risorse disponibili resi noti nel report stilato dalla Fondazione Kaiser Family in collaborazione con UNAIDS.

Nonostante i significativi progressi nella lotta all’HIV raggiunti finora, in particolare grazie ad un aumento degli investimenti, l’epidemia rimane un’emergenza globale e sono diverse le sfide che insidiano i progressi futuri. Una tra le sfide più preoccupanti è appunto la carenza di risorse: UNAIDS stima che sebbene le risorse disponibili sia nazionali che internazionali per far fronte alla pandemia nei paesi con basso e medio reddito nel 2016 raggiungessero i 19.1 miliardi di dollari, saranno necessari $26.2 miliardi all’anno entro il 2020 (cifra da ridurre gradualmente fino al 9% entro il 2030) per sconfiggere l’AIDS entro il 2030. In un momento in cui qualsiasi finanziamento è vitale al fine di raggiungere ulteriori progressi, le risorse dei governi donatori rappresentano una quota sostanziale del totale (il 98% degli stanziamenti totali), in particolare nei paesi a reddito più basso.
Ma tali risorse per la lotta al virus calano in modo significativo per il secondo anno consecutivo, passando da $7.5 miliardi nel 2015 a $7.0 miliardi nel 2016, portando i finanziamenti ai livelli più bassi dal 2010: sono i dati riportati nell’ultimo rapporto della Fondazione Kaiser e UNAIDS.
Lo studio raccoglie dati da tutti i membri del Comitato di Assistenza allo Sviluppo (DAC) dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OECD), ma anche da altri paesi quando disponibili. L’analisi tiene conto degli stanziamenti di 14 paesi donatori oltre che dei contributi bilaterali e multilaterali al Fondo Globale e UNITAID.
Secondo lo studio il declino degli stanziamenti sopracitato segue un decennio di incrementi delle risorse, dovuti alla creazione di nuovi impegni globali per l’HIV, come la nascita del Fondo Globale contro AIDS, Tubercolosi e Malaria e il Piano di Emergenza del Presidente degli Stati Uniti per sostenere la causa AIDS (PEPFAR). Nel report si rende noto che gli stanziamenti cominciarono ad appiattirsi nel 2008, a causa della crisi economica mondiale, e continuarono ad essere fissi fino a quando si assistette ad una controtendenza a partire dal 2015. Tale fenomeno è da attribuire a diversi fattori: un calo reale degli stanziamenti bilaterali e multilaterali (che contribuiscono a circa il 50% netto delle perdite), le fluttuazioni del tasso di cambio (20%) e la tempistica dei contributi degli Stati Uniti al Fondo Globale (30%), questi ultimi causati da una legge che limita i contributi statunitensi ad un terzo del totale per il Fondo Globale. Nel 2016 il calo dei contributi interessò 11 dei 14 paesi donatori, mentre aumentarono o rimasero fissi per 3 donatori. Gli Stati Uniti erano il più grande donatore per la lotta all’HIV, con 4.9 miliardi di dollari alla fine del 2016, seguito da Gran Bretagna, Francia, Olanda e Germania.
Secondo il report, anche se alcuni dei fattori che contribuiscono alla riduzione degli stanziamenti sono temporanei o da attribuire alle questioni globali della moneta, le prospettive future rimangono incerte, tenendo conto anche dei recenti richiami da parte dell’amministrazione statunitense per tagliare il budget mondiale delle risorse per l’HIV di circa il 20%. E sebbene sia improbabile che tali tagli vengano infine approvati, tutto questo mostra una pressione verso il basso dei finanziamenti da parte del più importante donatore al mondo. I prossimi anni saranno decisivi per raggiungere ulteriori progressi entro il 2030 e qualsiasi ritardo nell’aumento progressivo degli interventi rivolti all’HIV si tradurrà in nuove infezioni e decessi.

Allegato: Donor Government Funding for Hiv in Low-and Middle-Income Countries in 2016

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