Autore: UNAIDS
Data: 2015
La lingua modella le opinioni e può influenzare i comportamenti. L’uso consolidato di un linguaggio appropriato ha il potere di rafforzare la risposta globale all’epidemia di AIDS. Ecco perché il Programma delle Nazioni Unite per la lotta all’HIV/AIDS (UNAIDS) ha messo a disposizione delle linee guida per una terminologia corretta per chi lavora nelle 11 organizzazioni che co-sponsorizzano il Programma e per tutte le altre organizzazioni impegnate nella risposta globale all’HIV.
Tali linee guida sono un documento in evoluzione che viene revisionato regolarmente e contiene il lessico corretto da utilizzare quando si parla di Hiv, gli errori da evitare e la spiegazione dell’utilizzo di determinate parole o espressioni. Quest’ultima revisione dell’edizione precedente (2011) è datata al 2015, ha eliminato alcuni termini e ne ha aggiunto di nuovi pertinenti alla risposta globale all’HIV e comunemente utilizzati da UNAIDS.
Spesso e in diversi contesti, i termini HIV e AIDS sono usati ambiguamente e in modo compatibile sebbene, come ricorda il documento, i due termini non siano affatto equivalenti. L’AIDS non è un agente infettivo, si tratta invece della sindrome dovuta a infezioni opportunistiche e malattie che si sviluppano quando l’infezione da Hiv non è trattata e passa alla fase acuta. Perciò l’espressione ‘risposta all’HIV’ è la definizione da preferire a ‘risposta all’AIDS” in ragione anche del fatto che gran parte degli sforzi sono oggi diretti a prevenire la trasmissione dell’HIV e al trattamento delle persone con l’Hiv prima che sviluppino l’AIDS. Dunque è scorretto parlare di virus dell’AIDS, e nell’acronimo HIV (Virus dell’Immunodeficienza umana) è già presente la parola virus, per cui non c’è ragione di ripeterla.
Ove possibile, inoltre, evitare termini quali lotta, battaglia, campagna o guerra se non in citazioni dirette o per il contesto specifico del testo, in modo da evitare identificazioni tra lotta contro l’Hiv e lotta contro le persone con l’Hiv.
Non si dovrebbero mai utilizzare termini quali persona “infetta” o “affetta” da Hiv o AIDS, sarebbe opportuno preferire espressioni come “persona positiva all’Hiv” o “persona che vive con l’Hiv”. Per evitare equivoci e pregiudizi, è ugualmente scorretto etichettare l’AIDS come malattia incurabile o mortale in quanto ciò può creare paura e accrescere lo stigma. Riferirsi alla stessa, inoltre, con la definizione di malattia cronica o trattabile può essere comunque fuorviante in quanto può indurre a pensare che, con la terapia, l’AIDS non sia più grave come si pensava. L’AIDS, al contrario, rimane una condizione di salute grave, causata dall’Hiv, il virus dell’immunodeficienza umana. L’Hiv indebolisce il sistema immunitario a tal punto da non permettergli più di combattere le infezioni e le malattie, e può infine portare alla morte. La terapia antiretrovirale rallenta la replicazione del virus, è in grado di allungare e migliorare la qualità di vita delle persone, ma non elimina l’infezione.
Le linee guida di UNAIDS consigliano inoltre di evitare definizioni come popolazioni cosiddette ‘ponte' per descrivere quei gruppi di persone ad alto rischio di contrarre l’Hiv, dato che esso si trasmette a causa di comportamenti individuali e non per l’appartenenza a un determinato gruppo sociale. Si dovrebbero evitare anche termini quali “gruppi ad alto rischio” o “gruppi vulnerabili” o ancora “popolazioni maggiormente a rischio” (MARPs), in quanto implicano il fatto che il rischio sia limitato a quel gruppo, seppur tutti i gruppi sociali abbiano relazioni. L’uso del termine “gruppo ad alto rischio” può creare un falso senso di sicurezza nelle persone che hanno dei comportamenti a rischio, ma non si identificano con tali gruppi. Può inoltre aumentare lo stigma verso le persone di quel gruppo. Il termine da preferire è “popolazioni chiave” che si distingue da “popolazioni vulnerabili” soggette alle pressioni o alle circostanze sociali che possono renderli più vulnerabili all’esposizione di infezioni, inclusa quella da Hiv.
Sarebbe più opportuno e rilevante descrivere i comportamenti in quanto sono proprio questi che espongono gli individui a determinate situazioni di rischio in cui è possibile o più probabile contrarre il virus.
Inoltre, la definizione “sesso più sicuro” è da preferire a “sesso sicuro” che sembra implicare completa sicurezza. “Sesso più sicuro” riflette in modo più efficace l’idea che si possono scegliere e adottare determinati comportamenti che riducono o minimizzano il rischio di trasmissione dell’Hiv. In tale contesto, ciò che prima veniva definito “sesso non protetto” è oggi sostituito dell’espressione “sesso senza condom”, al fine di evitare equivoci con gli altri tipi di precauzioni per evitare il concepimento. Data la maggiore diffusione della profilassi pre-esposizione (PrEP), è sempre più importante essere chiari sui diversi metodi di protezione contro l’Hiv e altre conseguenze del sesso, e su come tali metodi possano essere usati e combinati.
Altra definizione scorretta è quella di “violenza correttiva” per indicare lo stupro di una persona lesbica o gay o percepita come tale. Tale definizione implica il bisogno di correggere un comportamento o un orientamento sessuale “deviato”. E’ invece auspicabile utilizzare altri termini come “violenza omofoba”, che evidenzia la radicata omofobia motivante il crimine di odio.
Altra espressione citata dalla guida è “violenza di genere” per descrivere quella violenza che stabilisce, mantiene o cerca di riaffermare le relazioni di potere ineguali basate sul genere. Da termine che si riferiva principalmente alla violenza maschile contro le donne è passato oggi a termine che include la violenza perpetrata contro bambini, uomini e persone transgender che sfidano o non si conformano alle norme di genere predominanti. A tal proposito, nella guida, sono numerosi i nuovi termini relativi alla parola genere: “uguaglianza di genere”, “identità di genere”, “barriere di genere”, “strategie/politiche/programmi/trattamenti sensibili al genere”. Si parla anche di risposta all’Hiv “gender-transformative” con programmi che non solo riconoscono e affrontano le differenze di genere, ma cercano anche di trasformare le norme e gli stereotipi di genere che aumentano la vulnerabilità delle persone che non si conformano a tali norme, esaminandone al contempo gli aspetti distruttivi e sperimentando nuovi comportamenti per creare ruoli e relazioni più equi.
Il termine “tossicodipendente” è considerato dispregiativo e non favorisce la fiducia e il rispetto per le persone che fanno uso di sostanze. Le linee guida suggeriscono di usare termini quali “persona che si inietta droga”, o ancora meglio la definizione più ampia di “persone che fanno uso di sostanze”.
Anche i termini quali gay e lesbiche sono da evitare a meno che non siano le stesse persone o gruppi di persone ad autodefinirsi come tali. In caso contrario, è più opportuno utilizzare le definizioni di “uomini che fanno sesso con uomini”! (MSM) e “donne che fanno sesso con donne”. Sebbene, in generale, sia preferibile evitare di usare abbreviazioni ed acronimi quando si parla di persone, se non per motivi di brevità in grafici e tabelle, LGBTI (o LGBT) è oggi accettato e utilizzato in quanto mette in luce una diversa sessualità e identità di genere.
Allegato: UNAIDS - Terminology Guidelines