Questo report deriva dal capillare e quotidiano lavoro svolto dalle nostre sedi e dai nostri volontari su tutto il territorio nazionale con l’offerta di servizi di prevenzione e supporto gratuiti, anonimi, non giudicanti e altamente orientati all’accoglienza delle persone. Tali attività si configurano come vere e proprie “antenne sociali” rispetto alle esigenze, alle paure, ai pregiudizi che si muovono intorno al tema HIV/AIDS, facendo della LILA un osservatorio privilegiato rispetto al fenomeno oltreché un fondamentale presidio di prevenzione.
L’analisi che riportiamo è relativa, in particolare, a tre ambiti d’intervento per noi fondamentali quali l’attività di HelpLine e le attività di HIV testing svolte dalle sedi e le attività di prevenzione rivolte ai giovani esemplificate dal progetto scuole di LILA Cagliari.
Il periodo preso in considerazione per i primi due ambiti di intervento va dal 1 ottobre al 30 settembre 2017 mentre il progetto scuole è relativo agli anni scolastici 2015/16 e 2016/2017. Attraverso questi interventi, nel periodo in esame siamo entrati in contatto con circa dodicimila persone, raccogliendo le istanze poste da ciascuna storia in database assolutamente anonimi. Le modalità relazionali delle équipe LILA consentono la libera espressione di chi incontriamo, attraverso l’esplicitazione di dubbi, domande e preoccupazioni che, di norma, in molti altri contesti socio-sanitari, le persone non riescono ad esplicitare, soprattutto per il timore di essere giudicati.
Anche per questo l’analisi di questi dati, pur non avendo valore statistico, può restituire una lettura significativa di quali siano i livelli di informazione e percezione del fenomeno, le necessità e i problemi legati alla prevenzione e al sesso sicuro, al test e, infine, al vivere con l’HIV. Ne esce inoltre confermato il valore svolto in tal senso da associazioni e community, un lavoro che può e deve completare quello dei servizi pubblici, vigilando sulla loro qualità e spronando i decisori politici sulle linee di intervento da intraprendere.
1- SERVIZI DI HELPLINE
Nel corso dei dodici mesi in esame le persone che si sono rivolte ai nostri servizi di HelpLine e supporto sono state 7.110. Come accade da sempre, si tratta prevalentemente di uomini mentre le donne rappresentano poco più del 15% dei contatti.
Percezione del rischio
Nonostante siano particolarmente esposte all’HIV per una serie di fattori biologici, sociali e culturali, le donne, generalmente, percepiscono come più remota l’eventualità di poter contrarre il virus, facendo prevalere gli aspetti relazionali su una corretta percezione del rischio. Negli uomini la paura di contrarre l’infezione è invece, spesso, scatenata da esperienze sessuali al di fuori della coppia e l’urgenza di contattarci è alimentata dal rimorso e dal senso di colpa. In entrambi i casi, la percezione del rischio sembra legata più alla “accettabilità sociale” dei/delle partner e delle proprie scelte di vita che non all’adozione o meno di precauzioni per il sesso protetto.
Le richieste e il livello di conoscenza su prevenzione e vie di trasmissione
Altissima è la domanda di informazioni di base sull’HIV/AIDS: quasi il 60% delle persone ci contatta in merito alle modalità di trasmissione dell’HIV, la maggior parte per una valutazione dei rischi corsi e con riferimento ad un preciso episodio percepito come rischioso.
In particolare, le persone che hanno parlato con noi di un’esperienza vissuta sono state 4.439. Nel 90,2% dei casi si è trattato di un’esperienza di natura sessuale: la maggior parte, uomini e donne, riferisce un rapporto eterosessuale (43,6%); seguono gli uomini che dichiarano di aver avuto un rapporto a pagamento (23,9%) e gli MSM, uomini che hanno fatto sesso con uomini (18,6%). Solitamente i timori sono legati al mancato uso o alla rottura del profilattico, ma, come già detto, sono molte anche le persone che il profilattico l’hanno usato e sono ugualmente molto preoccupate. Poco più del 9% riferisce invece un’esperienza non sessuale: contatti reali o presunti con sangue, contatti con persone HIV o supposte tali, dubbi sull’impiego di strumentazioni non sterili in contesti sanitari o utilizzo di bagni pubblici.
Riguardo ai comportamenti sessuali, quello che suscita maggiori dubbi è senz’altro il rapporto oro-genitale. Oltre il 32% delle persone che ci hanno contattato hanno espresso preoccupazione al riguardo, ma in più dei due terzi dei casi non è stato corso alcun rischio: il rapporto orale è stato ricevuto (18%) o è stato praticato con il profilattico (oltre il 4%). Dubbi e ansie infondate riguardano anche la masturbazione (9%), i contatti sessuali indiretti (8,5%) e, addirittura, il bacio (4%).
Quello che ne emerge è dunque un livello di conoscenza delle vie di trasmissione e dei comportamenti a rischio molto confuso e, spesso, come si è detto, distorto da forti elementi emotivi. L’esempio più ricorrente è rappresentato da uomini angosciati che ci contattano a seguito di un rapporto a pagamento, convinti di aver contratto l’HIV pur non avendo corso alcun rischio, dimostrazione che l’associazione tra HIV e mondo della prostituzione è talmente forte e radicata che nemmeno l’uso corretto del profilattico sembra sufficiente a scongiurare il contagio. In sostanza, la mancanza di serie campagne di prevenzione, mirate, non moralistiche, scientificamente corrette, ha contribuito, negli anni, a creare intorno all’HIV/AIDS un sentimento di terrore e paura che non aiuta per nulla l’adozione di comportamenti sicuri e che lascia da sole le persone con le proprie angosce.
Richieste d’informazione sul Test HIV
Dopo le vie di trasmissione, il secondo tema più affrontato, riguarda il test HIV con un importante aumento rispetto alla precedente rilevazione: erano il 19% e ora sono oltre il 46% le persone che ci contattano in merito. Tale incremento è forse collegato all’accresciuta consapevolezza dell’importanza del test e alle campagne di sensibilizzazione svolte, soprattutto, dalle associazioni. Le persone continuano tuttavia ad avvertire la decisione di fare il test come un passaggio delicato e fonte di ansia. Ad alimentarla, le barriere che ancora ostacolano un sereno accesso a questo accertamento diagnostico (mancata garanzia di anonimato, richiesta di ricette, paura di essere riconosciuti nei piccoli centri) e le informazioni spesso discordanti e poco chiare sui tipi di test disponibili e sul periodo finestra.
Solo la metà del campione complessivo, 3.517 persone, ha esplicitato di aver fatto il test almeno una volta nella vita: nella maggior parte dei casi le persone si sono rivolte a una struttura pubblica dove hanno effettuato un test combinato (47,40%). Sono 171, il 5,9%, le persone che ci hanno riferito di aver fatto l’auto-test acquistato in farmacia, chiedendoci poi ulteriori informazioni o supporto. Questo dato conferma come l’introduzione dell’auto-test possa, certamente, contribuire all’emersione del sommerso ma ci segnala anche il rischio che le persone possano sentirsi sole e smarrite nel momento dell’esecuzione, che resta ragione di forte stress a prescindere dall’esito. Dieci le persone che hanno dichiarato di aver avuto un esito positivo a questo tipo di test e che abbiamo supportato e orientato.
Richieste d’ informazione sul vivere con l’HIV. Il peso dello stigma
Le persone con HIV che hanno chiamato i nostri servizi sono state 903, il 15% dei contatti complessivi. Tra queste, l’81%, ha riferito di essere in terapia antiretrovirale. La percentuale di persone che dichiara di essere in trattamento ART, nel corso degli anni, è andata progressivamente aumentando. I dati generali ci dicono tuttavia che resta, sia pure di poco, ancora di sotto il 90% auspicato dalle agenzie internazionali.
Il tema più trattato dalle persone con HIV è quello delle terapie (34%), seguito immediatamente dagli aspetti emotivi e relazionali del vivere con l’HIV (31%). L’ordine s’inverte e le percentuali salgono se consideriamo le persone che hanno da poco ricevuto la diagnosi: nel 45% dei casi il tema centrale riguarda gli aspetti emotivi e relazionali e per il 37% le terapie. Per chi scopre di aver contratto il virus, dunque, i timori di venire isolati, giudicati, stigmatizzati, sono ancora più forti di quelli legati alla propria salute. E’ il segno di quanto nel nostro paese permangano, nei confronti delle persone con HIV, discriminazioni e pregiudizi inaccettabili, vere e proprie barriere per il raggiungimento di un adeguato benessere psico-fisico.
Diritti
Indicativo è il numero di persone, il 23% circa, che si sono rivolte alle nostre sedi chiedendo informazioni o segnalando questioni attinenti la sfera dei diritti: cinquantasette le persone che ci hanno contattato in merito a questioni di privacy, ventuno riguardo alla richiesta del test HIV in ambito lavorativo e diciannove quelle che hanno riportato episodi di discriminazioni. Ventuno le persone ci hanno consultato in vista di un soggiorno all’estero, spesso legato a una necessità lavorativa, per avere informazioni e consigli in merito alle restrizioni e ai divieti per l’ingresso delle persone con HIV che molti paesi ancora adottano. Circa un centinaio di persone, infine, ci hanno chiesto informazioni sulla legge 68/99 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili) e sulla 104/92 (Legge - quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone con handicap).
2- SERVIZI DI TESTING
L’esperienza LILA nell’offerta di test rapidi in contesti non ospedalizzati in ottica CBVCT (Community-based voluntary counselling and testing), è iniziata nel 2010 e nel corso degli anni successivi si è andata consolidando attraverso la partecipazione a due sperimentazioni nazionali promosse dal Ministero della Salute e dall’adesione, fin dal 2013, alla HIV European Testing Week. Le équipe LILA operano nel rispetto del protocollo EuroHIV EDAT/COBATEST promosso dalla Commissione Europea, offrendo in forma anonima e gratuita test per HIV e anche per altre IST (Infezioni Sessualmente Trasmissibili) in raccordo con i centri clinici territoriali di riferimento. Moltiplicare e differenziare le modalità di offerta del test HIV è, lo ricordiamo, fortemente raccomandato dalle agenzie internazionali che considerano il test e l’accesso tempestivo alle terapie una delle azioni-chiave per debellare il virus.
Nel corso del periodo d’osservazione, nove sedi LILA hanno promosso e offerto test all’interno dei propri spazi associativi oppure in luoghi di aggregazione e/o di maggiore frequentazione e presenza di persone appartenenti alle popolazioni maggiormente vulnerabili all’HIV, quali gay venues e locali per MSM, servizi per le dipendenze e servizi per migranti, oppure in concomitanza con particolari eventi.
Complessivamente, nel periodo che va dal 1 ottobre 2016 al 30 settembre 2017, nelle sedi LILA sono stati eseguiti 1.659 test. Le persone che si sono rivolte ai nostri servizi di testing sono per due terzi maschi (66,79%). Tutte le persone che hanno eseguito il test hanno anche ricevuto un colloquio di counselling personalizzato e dunque una preziosa e approfondita opportunità di prevenzione e informazione.
Rispetto ai comportamenti sessuali riferiti da chi si è sottoposto al test, il 56,78% era di tipo eterosessuale, mentre il 38,8% del totale dei contatti si è dichiarato omo e bisessuale.
Lo scarso ricorso al test
Molto alta la percentuale di first test: ben 758 persone, ossia il 45,69% del totale. Si è trattato cioè, per quasi la metà delle persone, del primo test per l’HIV eseguito nella vita, una tendenza che conferma, drammaticamente, la scarsa propensione al test nel nostro paese e una generale sottovalutazione dei rischi corsi. Lo stesso dato sottolinea anche però come l’offerta di test in contesti de-medicalizzati, senza richiesta di documenti, in ambienti non giudicanti e con l’offerta di counselling, possa incoraggiare chi non ricorrerebbe ai servizi tradizionali.
Su 1.659 test eseguiti, dodici hanno dato esito “reattivo”. Sono dieci le persone che, anche con un nostro accompagnamento, si sono certamente recate presso i centri clinici per l’esecuzione del test di conferma ematico che, nella totalità dei casi, ha dato esito positivo. Le persone sono state poi prese in carico dai centri. Tutti i dodici test reattivi sono stati riscontrati in maschi con un’età media di 38,8 anni. Tra loro, uno su tre, durante i colloqui di counselling, ha dichiarato di non aver mai eseguito un test HIV in precedenza.
Diagnosi tardive
Essendo rimasti in contatto con buona parte delle persone risultate positive ci è noto, inoltre, che 5 di queste, al momento dell’esecuzione della prima conta linfocitaria, avevano una media di circa 400 CD4 (anticorpi), e dunque un sistema immunitario già piuttosto colpito. Tra queste, due persone erano addirittura sotto la soglia dei 200 CD4 e dunque già in fase di AIDS, mentre una terza era prossima a questa soglia. Tre su cinque dunque i “Late Presenter”, cioè persone cui è stata diagnosticata tardivamente l’infezione da HIV e che già mostrano una grave compromissione del sistema immunitario, condizione che ha conseguenze negative sia per la salute del singolo, sia in un’ottica di salute pubblica. Tutte e cinque hanno iniziato la terapia antiretrovirale. In Italia circa la metà delle nuove diagnosi di HIV si configura come “diagnosi tardiva”, un fenomeno che costituisce una grave urgenza di salute pubblica.
3 EDUCAIDS – Interventi in ambito scolastico
Il terzo gruppo di dati ci proviene dal progetto “EDUCAIDS” che la sede di LILA Cagliari svolge negli istituti secondari superiori di Cagliari e provincia fin dal 2010. Si tratta di un percorso di formazione e informazione volto a prevenire l’HIV, ed ora anche le altre IST (Infezioni Sessualmente Trasmissibili,) tra i giovanissimi. Giunto alla sua settima edizione, EDUCAIDS ha raggiunto in questi anni almeno 10mila ragazzi e ragazze ed è sempre più apprezzato sia dai giovani che dai docenti.
I dati che vi illustriamo riguardano agli anni scolastici 2015/16 e 2016/17. Sono tratti dai questionari di ingresso che i nostri volontari somministrano, in modo assolutamente anonimo, ai ragazzi e alle ragazze partecipanti per avere un quadro delle loro conoscenze e delle loro abitudini affettive e sessuali. L’esito dei questionari permette poi di poter modulare al meglio gli specifici interventi di prevenzione. Si tratta, dunque, in questo caso, di risposte a domande e non di racconti “spontanei”.
Seppure a questi dati non possa essere attribuito un valore “statistico” se ne possono trarre indicazioni interessanti sul piano della prevenzione. L’intero progetto EDUCAIDS, nell’arco del suo sviluppo pluriennale, ha riguardato infatti un ampio numero di ragazzi e ragazze pari al 14% dell’intera popolazione studentesca frequentante le scuole secondarie di II grado della Sardegna, stimabile da fonti ISTAT in circa 72mila studenti nel periodo in esame.
Giovani e rapporti sessuali
I questionari, nei due anni scolastici esaminati, hanno coinvolto 3.389 studenti provenienti da istituti di Cagliari e hinterland di età compresa tra sedici e i diciotto anni. Per il 54% si tratta di ragazze, mentre i ragazzi sono il 46%. La metà degli studenti (il 50,2%) ha dichiarato di aver già avuto rapporti sessuali e, tra questi, il 47,4% ha ammesso di non aver usato con costanza il preservativo contro un 25,6% che dichiara di averlo usato sempre. Un’altra fetta consistente, il 27%, ha infine dichiarato di non averne mai fatto uso. Dunque ben il 74,4% del gruppo di studenti preso in esame ha avuto dei rapporti sessuali a rischio.
Una conoscenza dell’HIV confusa
Per quanto riguarda il livello di conoscenza delle vie di trasmissione e della prevenzione, quasi tutti e tutte (il 98,8%) si sono dimostrati consapevoli del fatto che i rapporti sessuali non protetti siano una via di trasmissione dell’HIV. Percentuali più ridotte, ma non insignificanti, ritengono tuttavia “rischiosi” anche comportamenti innocui come un abbraccio (1,0%) oppure un contatto fisico (4,2%) e perfino il bacio (11,8%). Da considerare che gli studenti potevano fornire in questo caso più di una risposta.
La conoscenza delle vie di trasmissione del virus si dimostra dunque ancora confusa e legata ad un immaginario del “contagio” ereditato, con tutta probabilità, dal mondo degli adulti ma anche mutuato dalla fruizione di alcuni mass-media che ancora rappresentano HIV e AIDS in modo poco accurato o scorretto.
Ai ragazzi è stato anche chiesto se sapessero quali fossero, tra i metodi contraccettivi più usati, quelli in grado di proteggere anche dal virus: il 95,5% è consapevole che profilattico e femidom siano una barriera efficace ma una percentuale non insignificante, il 15%, è convinto che anche la pillola sia in grado di prevenire la trasmissione dell’HIV. La confusione tra metodi di contraccezione e di prevenzione HIV/IST resta, da decenni, una costante in questa fascia d’età. Il profilattico domina come metodo preferito, specialmente dai maschi che non sono coinvolti in una relazione fissa, mentre le coppie tendono a prediligere la pillola anticoncezionale.
Profilattico poco usato
Chi non usa mai il profilattico, o non lo usa sempre, giustifica il proprio comportamento sostenendo che il condom “non serva”, che “non piaccia”, che “sia scomodo”. Una buona parte ritiene sufficiente l’uso di altri metodi contraccettivi o la fiducia nei confronti dei/delle partner anche se non si tratta di una relazione sentimentale, elemento quest’ultimo che tende a sostituire il giudizio soggettivo e/o emotivo sulle persone ad una corretta percezione dei rischi. Reazioni allergiche e difficoltà a mantenere l’erezione coinvolgono una piccola parte degli intervistati. È presente, tra le risposte, anche la questione del costo economico dei profilattici ritenuto troppo alto per diversi intervistati.
LINK AI REPORT
Report completo Helpline
Report completo attività di HIV testing
Report completo Educaids 2017
Report completo Educaids 2016
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